Nel Medioevo, gli animali potevano essere processati per crimini e condannati alla pena di morte. Questa pratica, che oggi ci appare assurda e incomprensibile, era invece piuttosto diffusa nel Medioevo. Maiali, cani, cavalli e persino insetti, come cavallette o topi, potevano essere chiamati a rispondere delle loro azioni davanti a tribunali umani.
I crimini per cui gli animali venivano processati erano vari: omicidio, furto, danneggiamento di raccolti, e altri reati. Le punizioni, spesso esemplari, prevedevano l'impiccagione, il rogo o altre forme di esecuzione pubblica. Questi processi, per quanto possano sembrare bizzarri, seguivano delle procedure legali ben precise, con tanto di avvocati difensori e testimoni. L'animale veniva considerato responsabile delle sue azioni e, di conseguenza, punibile come un essere umano.
Le motivazioni dietro a questa pratica sono complesse e affondano le radici in una visione del mondo in cui uomini e animali erano strettamente interconnessi. Si credeva che gli animali potessero essere influenzati da forze demoniache o che potessero agire per volontà divina. Inoltre, i processi contro gli animali avevano anche una funzione: ristabilire l'ordine e rafforzare il controllo della società umana sul mondo naturale. Infine, non dobbiamo dimenticare che nel Medioevo la giustizia non era sempre imparziale e che spesso i processi contro gli animali potevano essere influenzati da interessi economici o politici.