Con le sanzoni entrate in vigore lo scorso 5 dicembre, l’Unione Europea voleva rendere l’economia continentale independente dal petrolio russo. Certo, di vera e propria indipendenza non avrebbe avuto senso parlare, perché dal fornitore russo si sarebbe passati a quello americano o arabo o di altri Paesi, ma la UE resta pur sempre esposta alle volontà geopolitiche altrui. Oggi, però, la situazione in cui Bruxelles ha cacciato le economie nazionali degli Stati membri è ancora peggiore di quella iniziale. Non solo il petrolio russo continua comunque ad affluire, ma è diventato anche più caro di prima, perché per ottenerlo passa dalle mani di intermediari di vario genere, il cui costo si riverbera sulle tasche del consumatore finale. Gli europei quindi pagano la miopia degli euroburocrati. Difficile capacitarsi di come codesti esperti di gestione e pianificazione economico-politica, che siedono al loro posto poiché “al riparo dai processi elettorali” (cit.Mario Monti), non sapessero che esistono modi perfettamente legali per aggirare le sanzioni sul petrolio. Tale prodotto, infatti, è facilmente “mescolabile” e il processo di raffinazione cancella definitivamente le tracce della sua origine. Con qualche abile passaggio, quindi, risulta impossibile dire se è petrolio sanzionato dei Paesi “cattivi” o petrolio dei Paesi “buoni”. E al danno si aggiunge la beffa di non aver chiuso a Mosca i canali europei di finanziamento. L’obiettivo della UE, dunque, è completamente fallito e anzi le sue decisioni le si sono rivoltate contro.
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