“Cui prodest?” è la domanda da porre ogni qual volta un fenomeno prende forma e diventa visibile. Nel caso dei benefici che sorgono dalla prolungata crisi energetica parallela e/o conseguente al conflitto ucraino, è ormai abbastanza evidente la risposta. La crisi giova a Washington. Vediamo in che modo. Anzitutto, con il progressivo blocco delle importazioni in Europa di gas e petrolio dalla Russia, una quota di mercato importante è diventata appannaggio dei produttori americani. Era un esito prevedibile, dato che gli Stati Uniti puntavano sul proprio GNL già da anni e desiderava maggiori sbocchi verso il Vecchio Continente. Le difficoltà e i prezzi schizzati alle stelle hanno dato una botta dolorosa al tessuto produttivo dei Paesi europei, già provati da un bienno di pandemia, chiusure e crisi generalizzata. A subire le conseguenze peggiori sono sia le piccole e medie imprese che le aziende di grandi dimensioni. Tutte quante sono minacciate dallo spettro della cessazione attività, magari temporanea con prospettiva di diventare definitiva, oppure sono appetite dai gruppi a stelle e strisce, ben lieti di venire in Europa a fare shopping. Il fenomeno è vistoso in Germania: la BASF ha già annunciato l’imminente chiusura degli impianti, mentre nel settore medico diverse aziende sono state assorbite da compagnie americane negli ultimi mesi.
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