Scrivo questo articolo con l’intento di far riflettere le persone riguardo allo sfregio verso la cultura russa iniziato a partire dall’entrata in guerra della Russia contro l’Ucraina. Io non voglio addentrarmi nelle ragioni dell’una o dell’altra parte, non mi occupo di geopolitica, solo mi stupisce che ora tv e giornali parlino della guerra in Ucraina, mentre per otto lunghi anni hanno taciuto riguardo a ciò che succedeva ai civili che vivevano nel Donbass; probabilmente c’erano altre notizie più importanti da dare, bisognava informare il popolo sulla pericolosità di un virus sconosciuto.
Io faccio la traduttrice, il russo è una delle mie lingue di lavoro e da quando mi sono appassionata a questa lingua grazie agli studi universitari, mi sono avvicinata anche alla storia, alla cultura, alla letteratura e alle questioni di attualità della Russia; ecco perché sono profondamente delusa dalla propaganda russofobica promossa ora da tutti i governi occidentali. È sorprendente perché nei decenni precedenti la stessa propaganda ha formato i cittadini europei inculcando nelle loro menti, quindi anche nella mia, idee di uguaglianza, tolleranza, fratellanza. Io sono nata pochi mesi prima della caduta del muro di Berlino, non ho mai visto i due blocchi contrapporsi e sfidarsi militarmente e tecnologicamente, anzi ho visto abbattere i muri e le frontiere che prima dividevano gli Stati europei e ho sempre creduto di essere cittadina europea. Ho sempre condiviso questi principi tanto da voler conoscere ciò che è diverso da me e dedicarmi così allo studio ed alla conoscenza delle lingue e delle culture straniere.
In questi mesi sono successi molti episodi a mio parere deplorevoli e tacciabili di razzismo nei confronti di ciò che appartiene alla cultura russa. Ad esempio nella prestigiosa Università Bicocca di Milano hanno proposto di cancellare un seminario su FëdorDostoevskij, solo a seguito delle polemiche sollevate hanno ritrattato e permesso che si tenesse. Anche nella mia città, Bologna, sede dell’università più antica d’Occidente e da sempre aperta, tollerante ed accogliente, hanno bandito dalla fiera del libro per bambini gli autori russi, con l’intento di condannare la guerra intrapresa dalla Russia. Posso comprendere la motivazione, peccato però che debbano pagarne le conseguenze gli scrittori che hanno la sola “colpa” di essere russi. Se un altro Paese avesse fatto lo stesso nei confronti degli italiani, cosa avreste pensato? Sembra strano che ciò accada proprio nella rossa Bologna, che per decenni è stata baluardo delle idee comuniste e che ha anche omaggiato l’Unione Sovietica nominando due sue importanti strade via Stalingrado e viale Vladimir Il'ič Ul'janovLenin; c’è anche via Maksim Gor’kij, lo scrittore che fondò il realismo socialista e che sostenne Lenin ed il partito bolscevico. Visti i tempi attuali di odio nei confronti di tutto ciò che è “Made in Russia”, mi domando perché i bolognesi non seguano la moda proponendo di cambiare i nomi di queste strade. Purtroppo questa non è solo una tendenza tutta italiana, anche all’estero si stanno prodigando a cancellare tutto ciò che è russo, la Nationa Gallery di Londra ha cambiato il titolo del quadro di Edgar Degas da “Danzatrici russe” a “Danzatrici ucraine”.
Per definire tutto questo si può usare il termine inglese cancel culture, ma io preferirei chiamarlo con il suo vero nome, cioè censura, perché non c’è altro termine per definire la cancellazione dalla storia e dalle menti delle persone di un pensiero o una cultura diversa. Ma la storia si ripete continuamente e sembra che l’umanità non sappia proprio imparare dagli errori, un secolo fa in Germania il governo imponeva che certi libri dovessero essere banditi e bruciati, eppure, grazie al cielo, non si è adottata la stessa politica e i grandi compositori, scrittori, filosofi tedeschi non sono stati aboliti dalla storia o dalla cultura collettiva.
Permettetemi di citare Michail Bulgakov, grande autore di lingua russa nato in Ucraina e perseguitato dal regime sovietico, che in Maestro e Margherita scriveva <<рукописи не горят>> cioè <<i manoscritti non bruciano>>, come a significare che l’arte e la letteratura non moriranno mai perché non sono schiave dei giochi politici e di potere. Nonostante questi tempi bui di odio e razzismo nei confronti di tutto ciò che è russo non dobbiamo subire passivamente l’ipocrisia ed il politically correct attualmente dominanti, anzi soprattutto noi russisti abbiamo il compito di continuare a divulgare la letteratura e la cultura russa e non permettere che la politica e gli eventi attuali le cancellino, in modo che anche i non addetti al settore imparino a conoscere la Russia e le sue origini.