Alcuni politologi, come Morris P. Fiorina, hanno espresso idee non convenzionali riguardo l'astensionismo e della partecipazione elettorale. Secondo Fiorina, l’astensionismo non è necessariamente un segno di disimpegno o apatia politica. Al contrario, può essere interpretato come un segno di soddisfazione con lo status quo.
In altre parole, Fiorina suggerisce che se i cittadini sono generalmente soddisfatti del corso degli eventi politici o non vedono differenze significative tra i candidati o i partiti, potrebbero non sentirsi motivati a votare. In questo senso, un alto tasso di astensionismo potrebbe riflettere un consenso generale sulla direzione politica piuttosto che un fallimento della democrazia. Tuttavia, è importante notare che questa è solo una delle molte interpretazioni possibili dell’astensionismo. La comprensione di Fiorina offre una prospettiva importante, ma la questione è complessa e soggetta a dibattito all’interno della comunità politologica.
Le motivazioni che spingono gli individui ad astenersi dal voto sono molteplici, spesso intrecciate tra loro.
Tra le ragioni più diffuse annoveriamo la disaffezione verso il sistema politico. Un diffuso sentimento di disillusione e apatia pervade una porzione significativa del corpo elettorale, alimentato dalla percezione di un sistema politico distante, inefficiente e avulso dalle reali esigenze dei cittadini. La sfiducia verso i rappresentanti politici e la carenza di proposte concrete all'interno dei programmi elettorali inducono gli elettori a non esprimere la propria preferenza, ritenendo la scelta priva di reale valore, tale fenomeno riflette la difficoltà del sistema politico italiano di rispondere alle esigenze dei cittadini e di proporre soluzioni credibili alle sfide del Paese.
Secondo la teoria della razionalità, proposta da Anthony Downs, gli individui scelgono di astenersi quando i costi percepiti del voto superano i benefici. Questi costi possono includere il tempo e lo sforzo necessari per informarsi e votare, mentre i benefici sono spesso intangibili, come il senso di dovere civico o la soddisfazione di esprimere le proprie opinioni. Da tenere in considerazione sono quindi anche gli ostacoli di natura burocratica o logistica, come ad esempio la mancata possibilità di votare "fuori sede" (su cui vi sono timidi segnali di miglioria), che impediscono ad alcuni cittadini di esercitare il proprio diritto al voto.
Anche la disinformazione sui social media e la circolazione di fake news rappresentano un ostacolo sempre più preoccupante per il voto consapevole. Cittadini non adeguatamente informati o tratti in inganno da notizie false rischiano di basare la propria scelta elettorale su presupposti distorti o fuorvianti, compromettendo la qualità della democrazia. Un sondaggio condotto in Italia nel 2023 ha rilevato che il 30% degli elettori non era in grado di esprimere un'opinione informata sui programmi elettorali dei principali partiti. Questo dato evidenzia la necessità di rafforzare l'educazione civica e di promuovere una maggiore informazione sui temi politici, al fine di favorire un voto consapevole e responsabile.
Pur spesso stigmatizzata come sintomo di disimpegno civico e mancanza di senso di responsabilità, l'astensione assume un valore intrinseco non sottovalutabile come strumento di dissenso. Attraverso la scelta di non votare, i cittadini esprimono la propria insoddisfazione nei confronti dell'attuale panorama politico, sollecitando un cambiamento tangibile e profondo.
E allora, che fare? Votare per il "meno peggio", sperando in un miracolo? Oppure disertare le urne, lanciando un messaggio di protesta?
In fondo, è il nostro Paese, e se non ci piace come va, è nostro dovere provare a cambiarlo. Un voto alla volta.
