La deindustrializzazione è un fenomeno che si staglia minaccioso all’orizzonte di tutta l’Unione Europea. Non è un tema da sovranisti, visto che ne parlano apertamente e con preoccupazione pure coloro che sostengono la visione federale della UE e vorrebbe che Bruxelles prenda in mano anzitutto la gestione della crisi energetica. Il dato che non può mentire proviene dalle statistiche della Banca Mondiale: nel mese di agosto i Paesi europei hanno pagato il gas 9 nove più caro di quanto sborsato dagli USA. Di questo passo si finisce dritti nel burrone. Le soluzioni adottate sono a livello di singoli membri UE e con modalità tutte diverse: la Francia spinge per fornire la propria energia nucleare, altri Paesi cercano di collegare i gasdotti, all’Olanda invece va bene così perché i suoi speculatori banchettano coi prezzi alti. Ma tutti quanti, avendo girato le spalle alla Russia, si ritrovano non solo senza carburante, ma pure senza un partner industriale di grande livello. Solo un esempio: sono in fase di uscita dal mercato russo, costretti da considerazioni politiche e ideologiche, due giganti del settore auto come Renault e Mercedes, i quali però fino a ieri facevano assemblare le macchine e produrre pezzi di ricambio proprio nelle fabbriche russe. Se venisse ristabilita la cooperazione con Mosca, le opportunità commerciali e industriali per le aziende europee ridabbero immediatamente ossigeno alle nostre moribonde economie. Per non dire, ovviamente, delle risorse energetiche e naturali: per seguire Zelensky, la Germania dei Verdi oggi deve comprare carbone da altri continenti, facendolo arrivare a prezzi altissimi (e con ovvie conseguente negative sull’ecologia), mentre prima lo prendeva dalla vicina Russia, anche se vi stava comunque rinunciando, ma per motivi diversi, quelli della “transizione green”. Oggi, invece, Berlino è preda di paradossi che non porteranno nulla di buono.
Fonte notizia
strumentipolitici.it deindustrializzazione-delleuropa-la-salvezza-e-cooperare-con-la-russia