Sonia Aggio è l’autrice di Magnificat (Fazi, 2022), uno dei libri rivelazione dell’ultimo anno. Un romanzo ambientato all’inizio degli anni Cinquanta, durante l’alluvione del Polesine, in cui la più puntuale documentazione storica e l’elemento irrazionale si intrecciano in modo indissolubile. Ne viene fuori un’opera prima dalle tinte fosche e dalla spiccata maturità. La stessa che emerge dalle parole dell’autrice, che degli anni Novanta in cui è nata dice di ricordare ben poco. Ma siamo davvero certi che la vena un po’ cupa e malinconica di certa musica o certa filmografia di quell’epoca non scorra anche in questa promettente scrittrice? Leggete l’intervista e giudicate da soli.
Laurea in Storia, bibliotecaria di professione, autrice di racconti e di un romanzo. Chi è Sonia Aggio?
Una ragazza timida. Che ascolta tantissime colonne sonore. E che racconta storie per il piacere di farlo. (Parlo in terza persona perché mi vergogno).
Si legge nella biografia: «Nata a Rovigo nel 1995». Quale influenza hanno lasciato gli anni Novanta sulla scrittrice di oggi?
Non ne ho idea! Ero una bambina intelligente, ma molto scollegata dalla vita reale. Quando i miei amici mi parlano dei film, della musica, della cultura pop di quegli anni, sono costretta ad ammettere che non ricordo nulla. Ho imparato I Want It That Way lo scorso anno, per non sentirmi un’esclusa.
Dopo aver pubblicato diversi racconti, con Magnificat sei approdata al romanzo. Con quale forma di narrativa ti senti più a tuo agio?
Il romanzo spesso è considerato più prestigioso del racconto; per quanto mi riguarda, lo considero necessario per esaurire alcune storie (come Magnificat) che proprio non ci stanno a farsi racchiudere in dieci, quindici, trenta pagine. Ciò nonostante, penso che il racconto Nella sera d’inverno, pubblicato nel 2021 su «Altri Animali», rimanga la cosa più bella che io abbia scritto.
Qual è il ricordo migliore di questi mesi di presentazione del libro in giro per l’Italia?
In generale, il senso di avventura dato dal viaggiare. Fisicamente è spesso stancante (Roma mi ha lasciato diverse vesciche molto dolorose), ma mentalmente è come un sorso d’acqua fresca: staccarmi dalla routine mi permette di fantasticare, di accogliere nuovi stimoli e pensare nuove storie!
Magnificat è ambientato durante l’alluvione del Polesine del 1951. Nella stesura del romanzo è arrivata prima la scelta della storia, delle protagoniste o quella del contesto storico?
Il contesto storico è nato per primo. L’alluvione del 1951 è un evento molto sentito a livello locale; ne ho sentito parlare spesso tra l’infanzia e l’adolescenza, e sapevo che prima o poi avrei voluto scriverne. In un pomeriggio di pioggia, mentre sfogliavo un libro di Storia dell’arte, ho avuto l’illuminazione che ha portato alla creazione del personaggio di Norma. Nilde è nata poco dopo, e a quel punto la storia ha preso il volo.
Il tema della sorellanza è da sempre uno dei più trattati dalla letteratura. C’è un modello in particolare dietro i personaggi delle cugine Norma e Nilde?
Una lettrice molto acuta ha riscontrato una somiglianza tra le protagoniste del mio romanzo e Marta e Maria, due sorelle citate nei Vangeli di Luca e di Giovanni, che rappresentano rispettivamente la vita attiva e la vita contemplativa. Non è una somiglianza a cui avevo pensato durante la stesura, ma l’ho trovata davvero azzeccata. Se aggiungiamo poi che la madre di Norma si chiama Marta, il cerchio si chiude.
Il paesaggio è indubbiamente uno dei grandi protagonisti di Magnificat. Qual è il tuo rapporto con la terra in cui sei nata?
Credo che il Polesine abbia un fascino particolare. Mi stupisco sempre, quando lettori o lettrici di Magnificat mi contattano per dirmi: «Sai che non avevo mai notato queste cose finché non le ho lette? Non ho mai riconosciuto questa bellezza, chissà perché». Da un lato questo mi rende veramente felice; dall’altro, mi sembra incredibile, perché questa bellezza per me è indubbia e lampante.
L’elemento magico, il folklore, il sapere tramandato e rivelato dalle donne. Quanto sono legati questi elementi nel romanzo e nella vita reale?
In Magnificat, le leggende e il sapere orale sono le fondamenta stesse della storia. Nel romanzo la dimensione sovrannaturale irrompe nel mondo reale e questo, che io sappia, normalmente non accade (anche se sono pronta a ricredermi). Ma credo comunque che l’irrazionale abbia un ruolo importante anche nella vita quotidiana. Di sicuro la rende meno noiosa.