Prima che scoppiasse l’emergenza Covid-19, Italia e Cina avevano già intrapreso un percorso molto importante di collaborazione. La cosiddetta ‘Nuova via della Seta’ voluta nel 2013 dal Presidente cinese, Xi Jinping, a fine 2019 stava vedendo un’accelerata nella visita di Luigi Di Maio, volato a Shanghai per partecipare alla China International Import Expo da ministro degli Esteri competente anche per il commercio internazionale. Si erano definiti ulteriori importanti aspetti di questa collaborazione che vuole mirare ad incrementare il commercio e lo scambio del mercato tra Cina ed Europa, quindi anche Italia.
Nella prima metà del 2019, secondo l’Istat, c’è stato un aumento dello 0,3% delle esportazioni dall’Italia verso la Cina e le importazioni sono salite del 6,4%. Di Maio, per migliorare questo rapporto tra import ed export aveva puntato molto sul settore agroalimentare. Dall’accordo per spedire le arance siciliane in Cina per via aerea a quello per trattare sulle carni bovine, sul riso e sull’olio apprezzatissimo al punto che a volte, in Cina, viene pagato anche 50 euro a bottiglia. Da questo si era pensato di mirare anche al turismo cinese in Italia che, apprezzando i prodotti, poteva essere richiamato a visitare il nostro Paese.
Insomma, poco prima del disastro da Covid-19, tutto sembrava concretizzare rapporti molto più stretti su vari fronti.
Ma si stava per diffondere questa epidemia, partita dalla città cinese Wuhan e da lì arrivata, nel giro di poche settimane, in tutto il mondo portando l’Organizzazione Mondiale della Sanità a definirla ‘pandemia’.
Purtroppo anche molti casi di razzismo nei confronti di cinesi ne sono derivati creando un clima tutt’altro che collaborativo. Sono anche arrivate delle denunce allo Stato cinese e nello specifico al Ministero della Sanità della Repubblica popolare cinese per avere ostacolato e nascosto, non segnalando tempestivamente all’OMS lo stato del diffondersi del virus e dei suoi gravi effetti letali e quindi per non aver preso i necessari provvedimenti di controllo che poi avrebbero portato il virus in giro per il mondo. Per la Cina questa è un’assurdità senza basi legali e risponde a chiare lettere tramite anche i suoi ministri. La Cina ha vissuto per prima il dolore, la paura e la morte che questo virus ha portato a tutto il mondo.
Sembrava tutto così lontano quando sentivamo in TV le notizie di questi contagi. Ma, come si dice, il mondo è piccolo e, come esiste la globalizzazione per tutto ciò che ci piace di più, esiste anche purtroppo per ciò che non vorremmo globalizzare per nulla. La cosiddetta ‘malattia da nuovo coronavirus’ chiamata COVID-19 e provocata dal virus SARS-CoV-2, l’abbiamo poi conosciuta da vicino. Ma era per tutti un nemico invisibile, sconosciuto, come ancora per molti, troppi versi, è ancora. E se errori sono stati fatti da ogni parte, forse è proprio per l’imprevedibilità, l’ignoto di cui è fatto questo nemico.
Il dolore, la paura e la malattia, fanno spesso perdere il lume della ragione o fanno agire quanto meno d’istinto, buttando all’aria quella razionalità e quella freddezza che aiutano ad affrontare situazioni difficili come questa. Ognuno ha una versione diversa dell’accaduto, ognuno ha il dito puntato su qualcun altro. È facile accusare e attribuire colpe quando si è presi dal terrore di non farcela. È una crisi non solo sanitaria ma anche economica planetaria, che mette in ginocchio lavoratori e datori di lavoro che vedono, in molti casi, i sacrifici di una vita, dissolti a causa di un fantasma sconosciuto. Comprensibili la rabbia, la tristezza, la paura di non poter ricominciare una vita normale, di non poter recuperare lavoro, denaro, futuro. Ma è fondamentale, a maggior ragione in questi casi, mantenere la calma e organizzare ciò che si può organizzare, capire fin dove si può capire, dimenticare il passato che fa male, per quanto possibile. Pensare al futuro è ciò che aiuta a vivere meglio anche momenti difficili. Il Covid-19 non ha di certo portato la distruzione anche nell’amicizia tra Cina e Italia che, anche in questo periodo così difficile, si è forse addirittura rafforzata. La compassione che provavamo per i cinesi ammalati, per i morti da coronavirus, è diventata poi condivisione. Siamo diventati un Paese solo, poi tutti insieme, il mondo intero, è diventato uno stesso paziente o uno stesso potenziale untore. Tutti a cercare politiche strategiche contro un nemico unico. Abbiamo capito sulla nostra pelle cosa significasse soffrire e morire per un nuovo virus, in una nuova ed inedita guerra senza le giuste e necessarie armi pronte. Ci siamo sentiti più vicini. Come non erano mancati gli aiuti dell’Italia alla Cina, non è poi mancata la risposta dal Paese asiatico con aiuti diretti all’Italia e all’Europa. Attraverso la Protezione Civile UE, infatti, erano state inviate in Cina a febbraio tonnellate di attrezzature, tra abbigliamento protettivo, disinfettanti e mascherine. Quando poi è toccato all’Italia e all’Europa, sono state due milioni le mascherine chirurgiche donate dalla Cina, insieme a 200 mila mascherine N95, 50 mila kit e che l'Unione Europea ha poi messo in parte a disposizione del sistema sanitario italiano. Il tutto tramite il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze (ERCC), il fulcro del meccanismo di protezione civile dell'UE. Nel mese di marzo era anche arrivato nel nostro Paese un team di medici e ricercatori della Croce Rossa cinese che hanno valutato la situazione accanto ai nostri medici. E non manca tuttora l’aiuto tramite videoconferenze tra medici italiani e medici di Wuhan. Insomma, la cooperazione c’è sempre stata e i due Stati hanno sempre più consolidato i loro rapporti. Questo arriva anche a tutta la popolazione italiana che in un sondaggio SWG dei primi giorni di aprile 2020 ha dichiarato in un 36% di vedere nella Cina il principale partner strategico in questa era di emergenza sanitaria da Covid-19. Una percentuale minore, cioè del 30%, pensa invece che il partner ideale sia costituito dagli Stati Uniti. La percentuale restante è indecisa tra l’uno e l’altro Stato. Gli italiani, insomma, si sono affezionati di più alla Cina in questa condivisione di emergenza e guardano ad essa con maggiore fiducia rispetto al passato. Anche il mondo della moda si è dimostrato già aperto alla Cina con, per esempio, Diego Della Valle che spera in una kermesse con la Camera della Moda, e Dolce & Gabbana che ha rinnovato la sua boutique a Hong Kong, in Canton Road. Nel frattempo Fondazione Italia Cina, Camera di Commercio Italo Cinese e Associazione Italiana Commercio Estero guardano alla partecipazione delle aziende italiane alla terza edizione della ‘China International Import Expo’ di Shanghai, che si terrà a novembre. La terribile esperienza del COVID-19 deve far capire a tutti che solo insieme, con cooperazione, mutuo aiuto, solidarietà ma anche con molta razionalità, si può pensare di tornare a crescere. Non è il momento delle polemiche, non serve andare contro ma è fondamentale andare in-contro all’altro. Cina e Italia, insieme, ce lo stanno dimostrando.