Nell'ultimo mese l'ordine del giorno di ogni notiziario di ciascuna emittente operante su tutto il pianeta è incentrato sull'emergenza sanitaria legata alla diffondersi del nuovo Coronavirus. L'epidemia, il cui focolaio è esploso nella città di Wuhan in Cina, ha già causato oltre mille decessi, principalmente proprio tra la popolazione cinese. La Cina in questi giorni è dunque piegata dalla terribile pandemia che sta sfiancando la popolazione, isolata tra attesa e sofferenza.
Mentre dunque il mondo intero ha gli occhi puntati sulla Cina a causa della dilagante emergenza epidemica del nuovo Coronavirus, c’è chi tuttavia non dimentica e tralascia in secondo piano le questioni politiche ed economiche.
Difatti, all’apice dell’allerta planetaria per la dilagante espansione delle aree infettate dal nuovo ceppo virale, gli Stati Uniti non si sono fatti scrupoli nel promulgare una nuova legge con il chiaro intento di destabilizzare la politica interna cinese. Lo scorso 28 gennaio infatti la Camera dei Rappresentanti del Congresso statunitense ha approvato il “Tibetan Policy and Support Act 2019” il quale, tra i vari articoli, decreta che la reincarnazione del Dalai Lama possa essere scelta unicamente dai gruppi religiosi del buddismo tibetano e che saranno comminate pesanti sanzioni alla Cina, persino sul piano dell’immigrazione, qualora interferisca con la successione.
Tale iniziativa è stata percepita dal governo cinese non solo come un atto pretenzioso che viola i principi fondamentali del diritto internazionale ma è considerato un pretesto che minaccia seriamente l’integrità territoriale nazionalein quanto getta benzina sulla rovente questione dei separatisti tibetani.
Nel testo della nuova legge, che di fatto sostituisce il “Tibet Policy Act” promosso nel 2002 dal governo Bush, è inoltre menzionata l’istituzione di un consolato statunitense presso Lhasa che, qualora fosse negata, condurrebbe come conseguenza al divieto del governo Trump di aprire nuovi consolati cinesi sul suolo USA.In merito a questo nodo, la Cina potrebbe far valere le proprie ragioni a opporsi appellandosi alla Convenzione di Vienna in quanto a Lhasa non si svolgono stretti scambi economici e culturali tra le due parti né è residente una cospicua quota di popolazione statunitense, motivi necessari all’istituzione di un consolato secondo il regolamento sulle relazioni consolari.
È spontaneo chiedersi tuttavia in che modo la questione spirituale si sia trasformata in un braccio di ferro politico. Sebbene siamo avvezzi alla strumentalizzazione delle ideologie per meri fini politici, si può rimanere ancora una volta sconvolti nell’osservare l’ennesimo tentativo di prevalere sul piano economicomotivato da pretesti in tal caso assolutamente trascendenti. È lampante che la nuova legge non mira a preservare il buddismo tibetano nella sua forma più pura e originale ma è un subdolo espediente per penetrare a Lhasa e controllare da una posizione privilegiata la politica interna cinese, per lo più in un momento di dichiarata crisi sanitaria che sta stremando la popolazione cinese alla quale rivolgiamo le nostre più sentite speranze. Il governo cinese, come già ricordato, non appena si è delineato l’allarme per un’eventuale pandemia, si è impegnato per cooperare a livello internazionale al fine di trasmettere le proprie informazioni, circoscrivere il propagarsi del virus e facilitare il rientro in Europa dei residenti all’estero ma corsa all’imperialismo statunitense non conosce remore; l’obiettivo rimane l’egemonia e l’interporsi in ogni economia rivale, cavalcando con arroganza ogni pretesto, così come hanno anche dimostrato le recenti dinamiche con l’Iran.
Di seguito l’intervista rivolta all'ex Presidente della Camera dei Deputati Irene Pivetti, la quale ci ha esposto in prima persona le proprie opinioni in merito agli argomenti finora discussi.
Intervista con i sottotitoli inglesi:youtu.be/HxwV-UGy-nk