di Liza Binelli
Sant’Anatolia di Narco è un comune in provincia di Perugia, nei pressi del fiume Nera.
Venne abitato prima dai Sabini e poi dai Romani, ma il suo aspetto attuale risale alla fine del
Medioevo. Il castello che domina il borgo è della seconda metà del XII secolo, mentre le mura
furono costruite due secoli dopo. Siamo nel pieno della Valnerina. In Umbria. Un territorio in cui la
natura s’intreccia con la mano dell’uomo. Un luogo dove poter vivere immersi tra memoria e
tradizione, arte e contemporaneità.
L'ex palazzo comunale ospita il Museo della canapa - Ecomuseo della Dorsale Appenninica Umbra.
Siamo in centro paese.
Un posto dove le istituzioni e le nuove generazioni di professionisti museali s’incontrano per
intrecciare i rispettivi saperi e scambiarsi opinioni per rendere unica la visita al museo della canapa;
infatti, per le scuole di ogni ordine e grado c’è ogni anno un ricco e diverso programma per far
conoscere agli studenti, le tappe di un processo che ha portato alla rinascita della canapa e della
tessitura tradizionale. Ma le iniziative proseguono d’estate con un calendario di iniziative e attività.
Si possono ripercorrere, in meno di due ore, le varie fasi della lavorazione della canapa con
macchinari antichi, ritrovati (o donati) in zona. Fino ad arrivare ai giorni nostri con strumenti,
sempre manuali, ma più attuali. L’allestimento, invita il visitatore a scoprire le relazioni tra gli
oggetti, la loro funzione e la loro storia, attraverso testimonianze multimediali ed espedienti
espositivi di carattere multisensoriale. È un museo etnografico, per cui, oltre ad aver recuperato telai
di varie misure, conserva e tramanda le storie dei tessitori e delle tessitrici della valle. Viene
spiegato come si coltivava la canapa, la trasformazione della fibra in filo e, infine la tessitura.
Quindi, segue la realizzazione di schede di archeologia tessile. E ancora, vengono fatte riconoscere
dagli studenti le fibre tessili: dalle naturali alle artificiali da quelle sintetiche alle ecofibre.
Questa foto è stata scattata a Torino alla prima edizione di Canapissima Ottobre 2018 (di L. Binelli)
Il museo, nato nel 2008, è un’istituzione permanente destinata al servizio della società e del
suo sviluppo, con il compito primario di custodire e conservare il patrimonio ad essa affidato.
Altresì l’istituzione, si propone di tutelare e valorizzare, con il coinvolgimento degli abitanti, la
memoria storica, il patrimonio materiale ed immateriale, l’ambiente, il paesaggio, i saperi, per
tramandare e rafforzare i legami museo-comunità e uomo-territorio.
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Come cita l'art. 3 dell’atto costitutivo: il museo espone e valorizza oggetti legati al ciclo di
lavorazione della canapa, pianta tradizionalmente coltivata in tutta la Valnerina e soprattutto nei
terreni che costeggiano il fiume Nera, denominati tuttora “le Canapine”.
Il museo raccoglie ed espone oggetti di interesse etnografico, quali strumenti legati al ciclo
di lavorazione della canapa e della tessitura. Accanto, il visitatore trova un laboratorio, dotato di
tutte le strumentazioni per la tessitura della canapa e delle fibre tessili in generale.
È diviso in antenne, ovvero centri di ricerca etnografica dislocati nel territorio, che hanno come
finalità quella di conservare la cultura locale. Canapa e tessitura, norcineria, tartufo, scuola
chirurgica e tradizione orale sono solo alcuni degli argomenti di queste antenne.
Sono almeno trenta i musei umbri dedicati al tema del tessile o che possiedono nelle loro
collezioni manufatti in pizzo, merletti, paramenti sacri, abiti, costumi e accessori.
Le arti tessili trasmettono abilità e saperi – spesso esclusivi del mondo femminile – e testimoniano
l’economia domestica, i riti sacri e civili.
I vestiti e la biancheria venivano dati in dote e facevano parte del patrimonio stimabile in moneta.
Le tecniche di produzione, insegnate nelle case, nei conventi e nelle scuole, fornivano alle donne
una possibilità di riscatto sociale, oltre che di fonte di reddito.
Il territorio di cui stiamo parlando vive grazie a percorsi tematici che promuovono la sua
conoscenza attraverso l'integrazione di diversi aspetti e realtà ambientali, che compongono il
connubio fra natura e cultura. Ne sono un esempio il Parco Geologico della Valnerina, il tracciato
dell’ex-ferrovia Spoleto-Norcia, la Greenway del Nera.
La Valnerina è terra d’arte di un certo pregio e degne di nomina sono le sculture sacre di Madonne
col Bambino, Crocifissi e Santi (S. Rocco, S. Caterina), presenti in chiese e musei. I pittori hanno
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spesso immortalato sulle loro tele i vigneti, la raccolta dell’uva, banchetti, osterie, in quanto anche
l’Umbria ha una tradizione vitivinicola antica e oggi ci sono le strade del vino e le cantine a
testimoniare le fatiche contadine nei poderi alle prese con gli innesti, potature nei filari,
concimazione e cure meticolose per arrivare ad avere “bianchi” e “rossi” favolosi.
Ma la Valnerina è anche rinomata per il prelibato tartufo nero di Norcia, e per lo zafferano, la cui
produzione era scomparsa, senza che nessuno fosse in grado di spiegarne il perché: forse era troppo
costoso per chi viveva intorno al Seicento; oggi, gli ettari vocati alla produzione di questa spezia
aumentano ogni anno, contribuendo a far salire la produzione ed il giro d'affari. E poi la lenticchia
di Castelluccio, nota in tutto il mondo per il suo inconfondibile sapore, e le dimensioni molto
piccole.
C’è il farro prodotto a Monteleone di Spoleto, che contribuisce a rendere la Valnerina famosa per la
sua coltivazione. Ma, uno dei prodotti di maggior pregio di questa terra del centr’Italia è il miele, a
base di fiori di leguminose. dove spicca la lupinella dal sapore soave. Il miele viene usato nei risotti,
fatto con battuto di cipolla, sedano e carota, con aggiunta di brodo bollente e una spolverata di
parmigiano e di burro.
Tra i piatti e le ricette tipiche di Terni e della Valnerina trovano posto le ciriole alla ternana, cioè
fettuccine spesse fatte a mano con sugo piccante. Anche i fiumi offrono prodotti ittici succulenti,
come le trote del Nera.
Questo breve excursus fra le specialità gastronomiche è per invogliare i visitatori a recarsi in
questa zona, non solo per visitare il museo, ma anche per riportare proprio il turismo, infatti sono
stati molti i danni riportati in provincia a seguito del terremoto del 30 ottobre 2016 e ora la
Valnerina ha desiderio di riscatto, come il resto del circondario. Basti pensare che queste zone erano
già battute dai viaggiatori del Settecento e il grande scrittore tedesco Goethe nel suo “Viaggio in
Italia” definì questi posti come: “luoghi stupendi”. In tempi più recenti, l’etnologo e orientalista
italiano Fosco Maraini (padre della più celebre Dacia) definì l’area: “Il luogo più simile al Tibet che
esista in Europa”. E se lo diceva lui, c’è da credergli.
Tornando al museo della canapa è uno stabile di grande valore storico, che conserva al suo interno
numerose riviste di moda d'inizio Novecento e le prove di produzione di carta con fibra di canapa
del Poligrafico dello Stato.
Recentemente sono stati allestiti dei nuovi laboratori di tessitura ristrutturati con un
intervento di bioarchitettura in canapa e calce. Dove d’estate ci sono 18 gradi e si sta da Dio,
afferma lo staff. Grazie a questo intervento innovativo il Museo ha ottenuto il marchio Green Heart
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Quality.
L'allestimento museale è stato curato da: Glenda Giampaoli, Patrizia Cirino, Francesco Farabi e
Paolo Sacchetti.
Il Museo della Canapa prevede la possibilità di svolgere un periodo di stage formativo per giovani
laureandi e laureati. Il lunedì è chiuso. Info: 0743.613149.
Tratto, in parte, dal sito:
https://www.museodellacanapa.it
Pubblicato su Beleaf magazine n. 14 Ottobre/dicembre 2019