Mentre a Roma, “l’arredo” viene considerato parte integrante della risistemazione urbanistica portata avanti da Sisto V, a Napoli essendo stato inutile o quasi l’espansione prevista da Don Pedro de Toledo, nel ‘600 si sente l’esigenza di cambiare interi quartieri, con interventi non programmati, da parte di clero e nobiltà spesso in conflitto tra loro.
La piazza, era un luogo molto ambito perché isolava i luoghi religiosi dai fabbricati circostanti; per permettere l’arrivo alla chiesa in carrozza, le processioni, ma era anche segno di prestigio. Le guglie diventano, allora, segno della definitiva conquista di questo spazio rituale, la piazza. Le guglie sono, ancora, destinate ad esorcizzare il pericolo di eruzioni e pestilenze.
Posizionate nel centro antico di Napoli, le Guglie sono quattro.
La Guglia di San Gennaro. Edificata dopo l’eruzione del Vesuvio del 16 agosto dl 1631.
Per la costruzione della Guglia furono chiamati i due artisti più importanti del periodo, Fanzago e Finelli.
Fanzago ebbe il compito di curare l’architettura della Guglia, mentre Finelli curò il modello e la fusione della statua di san Gennaro. Per costruire la Guglia si ebbe l’idea di utilizzare una colonna in marmo venuta alla luce durante gli scavi nella cappella del Tesoro di San Gennaro al Duomo. La mancata donazione della colonna diventa l’occasione più felice delle invenzioni fanzaghiane, con l’articolazione di elementi che danno l’idea di colonna attraverso una disposizione gerarchica e un gioco chiaroscurale.
Un’altra particolarità della guglia è che nel basamento vi è l’autoritratto del Fanzago. L’opera venne finalmente inaugurata nel 1660 diventando punto obbligato di processioni, al punto da sollecitare gli altri ordini ad innalzare una “propria guglia”.
La Guglia di San Gaetano. Eretta per volere dei monaci teatini che volevano rendere omaggio a San Gaetano. Sono testimoniate due fasi costruttive: 1657-1670 e 1694-1725, intervallate da terremoti che molto probabilmente resero vano il lavoro precedente. La prima fase costruttiva fu affidata a Cosimo Fanzago e Andrea Falcone, testimonia l’opera l’incisione del Parrini di fine seicento dove, a seguito del terremoto, si possono notare le colonne della chiesa di San Paolo Maggiore in terra, mentre la statua di San Gaetano si erge su di un basamento a forma di piramide. Oggi, invece, è visibile l’insieme dell’iter costruttivo che si concluse nel 1725.
La Guglia di San Domenico. Iniziata per voto dopo la peste nel 1656 da Cosimo Fanzago, che sospese i lavori nel 1658. L’intervento dell’artista anche se limitato, fu tale da influenzare il suo successore, Antonio Picchiatti a seguire il primo progetto. L’opera fu terminata solo nel 1737 da Antonio Vaccaro. Nelle decorazioni in marmo bianco e bardiglio si rivela la mano del Fanzago. La parte finale della Guglia, formata da una piramide, risulta la meno riuscita dell’opera, perché troppo tozza. In ogni caso bisogna riconoscere al Vaccaro, che se ha fallito nelle proporzioni volumetriche, è riuscito almeno nell’intento di “ricucire” l’ornamentazione.
La Guglia dell’Immacolata . Ecco un tipico esempio del barocco napoletano, proprio nel cuore di Spaccanapoli. Alta 30 metri, fu eretta da Giuseppe Di Fiore su progetto di Giuseppe Genuino, entrambi allievi del Vaccaro, tra il 1747 e il 1750. I promotori di quest’opera furono, Re Carlo III e la regina Maria Amalia insieme ai gesuiti, per esorcizzare la peste del 1743 , e per commemorare la vittoria di re Carlo sugli austriaci del 1744. Precedentemente nel 1705 era stata eretta, nel luogo della guglia, la statua equestre di Filippo V di Spagna, per ricordare la visita di qualche anno prima del sovrano. Il 7 agosto del 1707 la statua era stata abbattuta a furor di popolo. La guglia fu costruita con una pubblica colletta. E’ formata da un basamento poligonale e due livelli superiori, al disopra dei quali vi è la statua della Immacolata in rame dorato. In questa opera gli artisti hanno dimostrato di aver recepito le applicazioni della sintesi tra architettura e scultura sperimentate da Cosimo Fanzago.
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