Il mercato mondiale delle macchine agricole risponde sempre di più ai nomi di India e Cina, due paesi alle prese con un crescente fabbisogno di meccanizzazione in campo agricolo: è quanto emerso nel corso della rassegna internazionale della meccanica agricola EIMA Agrimach svoltasi a New Delhi nei giorni scorsi. Nel 2016, infatti, i due colossi asiatici sono stati in grado da soli di assorbire la metà dell’intero mercato mondiale, esattamente 990 mila unità degli 1,9 milioni di trattrici vendute.
In realtà, stando ai dati forniti da Agroevolution - l’associazione tra le industrie costruttrici di macchine e attrezzature agricole dei principali Paesi – il 2016 non è stato proprio un anno positivo dal punto di vista delle vendite di macchine e trattori a causa del calo dei prezzi delle commodity e quindi dei redditi agricoli, ma India e Cina hanno avuto un ruolo di assoluti protagonisti acquistando rispettivamente 570 mila e 420 mila trattrici.
A sottolinearlo è il responsabile Affari comunitari di FederUnacoma, Marco Pezzini, il quale ha anche ribadito che il mercato mondiale delle trattrici tra il 2012 e il 2016 si è attestato nella media intorno ai 2 milioni di unità annue. Tornando al volume di vendite registrato nei due grandi paesi asiatici, è facile comprendere come i numeri citati siano davvero straordinari in confronto al resto del mondo: in Europa, infatti, nel 2016 sono state vendute poco più di 165 mila unità, mentre negli USA circa 211 mila.
Dati che ci suggeriscono come il continente asiatico sia potenzialmente un mercato in continua espansione sul quale puntare con decisione. Non a caso sempre più imprese produttrici hanno deciso di consolidare qui le proprie strategie di crescita nella vendita macchine agricole da qualche anno a questa parte. Eppure, paesi come India e Cina non hanno ancora conosciuto un exploit della produttività agricola, a testimonianza delle loro enormi potenzialità di crescita. Per gli esperti del settore, infatti, il processo di meccanizzazione dell’agricoltura non è sufficiente a determinare un vero sviluppo economico se non integrato da una formazione adeguata e tecniche agronomiche più aggiornate, nonché da una gestione ottimizzata delle risorse naturali.
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