Palermo non è solo una città: è un ossimoro vivente, una contraddizione che respira e sopravvive da secoli, tra decadenza e rinascita, splendore e degrado. Se mai un luogo ha incarnato la filosofia dell’assurdo di Albert Camus, è qui, tra i vicoli del centro storico, sotto le cupole arabo-normanne e accanto ai ruderi delle dominazioni passate. Camus scrisse che «il vero atto di ribellione è vivere nonostante l’assurdo», e i palermitani, da millenni, hanno trasformato questa massima in un codice di vita. Palermo è una città che vive nonostante se stessa, nonostante le sue ferite, e forse, proprio per questo, riesce a sopravvivere con una grazia e una bellezza che sfidano ogni logica.
La città dove tutto è il contrario di tutto
Palermo è il luogo dove la logica si piega alle regole di una politica tanto complessa quanto ineffabile. Giulio Andreotti diceva che «il potere logora chi non ce l’ha», e qui questa frase suona quasi come un aforisma inscritto nel DNA collettivo. A Palermo, il potere non si logora mai: muta, si adatta, ma resta sempre nelle mani di chi sa come gestirlo, come manipolarlo. Il vero potere, qui, non è una questione di titoli o cariche ufficiali, ma di reti informali, di compromessi segreti, di favori silenziosi scambiati sotto il tavolo.
Eppure, il potere a Palermo non si limita al livello politico. C’è un potere più profondo, più viscerale, che permea ogni aspetto della vita cittadina: il potere dell’abitudine, della rassegnazione, di un sistema che resiste al cambiamento con la forza dell’immobilismo. Leonardo Sciascia, che di Palermo non era ma che della Sicilia conosceva ogni ombra, scriveva: «In Sicilia il potere non si manifesta mai apertamente, ma si insinua come una malattia nascosta, contagia senza che te ne accorga». È proprio questa invisibilità del potere che rende Palermo una città sospesa, dove il cambiamento sembra impossibile e il presente è una perpetua ripetizione del passato.
La politica al sapore di cannella e cenere
A Palermo, la politica è un piatto complesso, condito con spezie antiche, aromi che mescolano il profumo dolce della cannella con l’amarezza della cenere. Ogni decisione politica sembra un gioco di prestigio, dove ciò che è visibile non è mai ciò che conta davvero. Ogni riforma è un passo indietro mascherato da progresso, ogni promessa un’illusione destinata a evaporare con il calore del sole siciliano.
Non è un caso che Palermo sia il teatro ideale per osservare la politica italiana in tutta la sua tragicomica complessità. Come disse una volta Benedetto Croce, «la politica è un’arte che deve essere esercitata con grande misura, ma a Palermo sembra essere una farsa recitata senza copione». Una farsa, sì, ma con attori consumati, capaci di trasformare ogni crisi in una nuova occasione per consolidare il proprio potere.
E tuttavia, Palermo è anche il luogo dove si può ancora sognare. Dove, in mezzo alle macerie di una città che pare non voler mai risorgere completamente, si intravede sempre una scintilla di speranza. Lo scrittore e giornalista Mario Praz diceva che «le rovine di una città antica contengono l'anima stessa del passato», e a Palermo le rovine non sono solo quelle materiali, ma anche quelle umane, politiche, sociali. Eppure, in queste rovine, c’è una bellezza che resiste, una dignità che non può essere cancellata.
La bellezza insopportabile
Se c’è una cosa che Palermo offre in abbondanza, è la bellezza. Ma è una bellezza che non può essere contemplata senza una certa dose di dolore. Guardare la Cattedrale normanna, con le sue torri arabeggianti e il suo fascino decadente, è come ammirare un’opera d’arte che si sta lentamente sbriciolando sotto i tuoi occhi. Palermo è una città che ti seduce con la sua architettura, ti affascina con i suoi scorci mozzafiato, ma allo stesso tempo ti lascia un senso di perdita, di opportunità mancate.
George Orwell, osservando le rovine della guerra, disse: «Ogni cosa preziosa è sempre sull’orlo della distruzione». A Palermo, questa verità è visibile in ogni angolo. I palazzi storici, magnifici nella loro decadenza, sembrano sempre sull’orlo del crollo. La bellezza a Palermo è una cosa fragile, precaria, ma proprio per questo irresistibile. È una bellezza che ti costringe a fare i conti con la caducità, con l’inevitabile passare del tempo, con la morte che si insinua silenziosamente in ogni pietra.
L’arte di sopravvivere al destino
I palermitani, però, sono maestri nell’arte della sopravvivenza. In una città dove tutto sembra costantemente sul punto di cadere a pezzi, c’è una resilienza che sfida ogni previsione. Palermo è una città che si adatta, si reinventa, sopravvive a se stessa. Come scriveva Luigi Pirandello, «l’arte di arrangiarsi è la vera filosofia di vita in Sicilia». Qui, l’arte di arrangiarsi è più che una strategia di sopravvivenza: è una forma di resistenza, un modo di affermare la propria identità in un mondo che sembra volerti cancellare.
Ma a Palermo non ci si limita a sopravvivere: si vive con passione, con un’intensità che è unica nel suo genere. La vita qui è un teatro, e i palermitani sono attori consumati, capaci di improvvisare in ogni situazione. Jean-Paul Sartre avrebbe amato Palermo per il suo spirito esistenziale, per la sua capacità di affrontare l’assurdo con un sorriso ironico e una battuta pronta. Palermo è una città dove nulla è certo, ma dove tutto è possibile.
Una conclusione dolce-amara
Eppure, nonostante tutto questo caos, Palermo resta. Resta nei cuori di chi la vive, di chi la ama e di chi la odia. Palermo è una città che ti entra dentro, che ti avvolge con il suo caldo abbraccio e non ti lascia più andare. È una città che ti fa soffrire, ma che, allo stesso tempo, ti fa innamorare della sua complessità, della sua bellezza nascosta, della sua anima tormentata.
Come diceva Leonardo Sciascia: «In Sicilia, il sole splende sempre, ma è un sole che illumina le ombre». Palermo è la città delle ombre, delle contraddizioni, dei paradossi. È una città che ti affascina e ti frustra, che ti riempie di meraviglia e di amarezza. È una città che vive nell’eterno presente, incapace di cambiare, ma sempre pronta a sorprendere.
Palermo è un mistero, una sfida, una promessa non mantenuta. Ma è proprio questa incompiutezza che la rende unica. Come una sinfonia interrotta, una poesia senza finale, Palermo ti lascia sempre con la sensazione che qualcosa di grande, di straordinario, potrebbe ancora accadere. Forse è proprio questo il suo fascino: l’eterna attesa di una rinascita che non arriva mai, ma che, nel suo ritardo, ci regala la struggente bellezza del sogno irrealizzato.