Oggi la redazione ha visitato il Besta, un importante istituto milanese con indirizzo in scienze umane. Uno di quegli istituti in cui la formazione e l’attenzione alla vita studentesca sono al primo posto nella visione della direzione didattica e dei docenti. Tanto verde, grandi spazi, pareti colorate. Giallo, verde, blu. Ci è sembrato di entrate in un quadro di Mondrian.
In questa dimensione, l’amore per l’insegnamento diventa il fil rouge di una bellissima realtà che ci ha dato l’opportunità di conoscere due classi del IV anno, pronte ad affrontare gli stage in azienda.
In particolare, 6 studenti, tra ragazzi e ragazze, per 2 settimane faranno parte dell’organizzazione di una importante azienda di design che conta 2 sedi, 3 poli logistici, 5000 mq di showroom, 110 dipendenti, 50 anni di presenza nel mondo della architettura, e 7 anni di impegno costante nella formazione con università e scuole superiori.
In questo viaggio siamo stati accompagnati da Sonia Vitari, una studentessa molto attenta, dotata di una grande capacità di sintesi e, a nostro parere, anche un bel piglio giornalistico.
Sonia, benvenuta. Complimenti per il vostro bel gruppo di lavoro e per la voglia di partecipare a queste attività formative. Ti va di Raccontaci questa esperienza che vi ha coinvolto?
Certo. Per iniziare, posso dire che si è trattato di un momento molto particolare per ognuno di noi, perché avevamo solo i contorni di un appuntamento scolastico da cui — ci avevano spiegato — avremmo avuto qualche nozione in più sul PCTO. Ci aspettavamo una lezione con i nostri docenti e, magari, qualche noioso incontro sui protocolli da seguire. Ma quando siamo entrati in aula, siamo stati accolti da occhi azzurri che spiccavano su una carnagione di colore scuro. In quel momento abbiamo scoperto che ci saremmo confrontati con Jonas Bendaou, il responsabile formazione e sviluppo della società Gruppobea, un trainer francese venuto per trattare il tema del lavoro e le attività di PCTO presso l’azienda.
Jonas ha immediatamente cercato di farci sentire a nostro agio, ed una delle prime domande che ci ha fatto era se qualcuno di noi si fosse già cimentato in esperienze lavorative o in momenti di alternanza scuola lavoro. Le mani alzate sono state davvero poche e, devo essere sincera, all’inizio non riuscivo a comprendere dove ci stesse conducendo. Ma più andavamo avanti negli interventi e nell’ascolto, più ci avvicinavamo al senso di un concetto che cambiava alcune nostre convinzioni : l’intelligenza, quella da quoziente intellettivo — giusto per intenderci — non è tutto in ambito lavorativo.
Piuttosto è importante come la persona si adegua alle situazioni. Come gestisce lo stress, come comunica e tratta con il prossimo. In che misura opera con curiosità e volontà. Una intelligenza nuova, quella emotiva, che diventa propulsiva in ogni campo. Jonas non ci ha nascosto che probabilmente nel nostro futuro lavorativo, avremo a che fare con quella sensazione di disagio che nasce quando l’individuo vive forti momenti di stress, e ci ha chiesto non solo di cominciare ad imparare la tecnica della visualizzazione (abbiamo chiuso gli occhi cercando di immaginarci in alcuni ambiti), ma anche di portare con noi, nella vita e nella crescita, un pensiero di Aristotele: «Colui quindi che si adira per ciò che deve e con chi deve, e inoltre come, quando e per quanto tempo si deve, può essere lodato.»
Una frase molto bella.
Soprattutto, e questo mi fa sorridere, per la nostra prof di filosofia che ci ha fatto notare quanto sia importante lo studio di questa materia. Comunque, una idea che Jonas ha voluto raccontarci dandoci modo di riflettere sulle nostre emozioni.
Interessante. Spiegaci perché.
Perché abbiamo compreso quanto sia importante dosare vita emotiva e intelligenza. Quanto Le passioni, le emozioni, se conosciute, addestrate, riescono a guidare I nostri atteggiamenti, i nostri pensieri, ed anche la nostra vita.
Per esempio?
Mi viene in mente quando ci si arrabbia con qualcuno senza riuscire a controllarsi. Oppure, un esame. Le sensazioni che senti sono di paura, gelo, tachicardia. Come se si fosse attaccati da una tigre.
Ma la tigre non c’è…
Ma la tigre non c’è. È anche questo il senso. E ci siamo detti che guardare l’espressione di ogni singola emozione, saperla riconoscere, ci regala autoconsapevolezza e ci accompagna anche nello sviluppo della comprensione dell’altro.
In un certo senso bisogna allenarsi al cambio di prospettiva . Le emozioni non sono condizioni da sopprimere, piuttosto da fiutare, conoscere, trattare. Anche se poi, confrontandoci, ci siamo resi conto che è più facile a dirsi che a farsi. La gestione delle emozioni è infatti fra le difficoltà su cui desideriamo metterci in gioco tramite il PCTO.
Parlaci dei tuoi colleghi. Come l’hanno vissuta?
Alberto Fumagalli, uno mio collega della 4° E, ha detto di aver avuto l’impressione che quello del Gruppobea fosse un bell’ambiente in cui poter lavorare e di trovare l’assenza di “un clima in cui i forti momenti di stress si trasformano — appunto — in una tigre con I denti a sciabola, bloccandoci come fossimo di fronte ad un pericolo imminente”.
Emma Marchisio, stessa classe, ha apprezzato la volontà da parte di Jonas di coinvolgere gli studenti, il fatto di aver interagito il più possibile con noi e di essersi preoccupato di chiedere sempre i nostri nomi. Soprattutto, il fatto che i professori fossero di fianco a noi in questa esperienza.
soprattutto quella più sgarbata in grado di metterti in imbarazzo, è sempre fra gli aspetti più difficoltosi del suo lavoro part time. Sommando le testimonianze posso concludere che l’incontro, nonostante non ci sia stato il tempo per andare a fondo in tutte le dinamiche di uno stage, si è rivelato utile e piacevole, tanto che non pochi hanno espresso la speranza di approfondire la conoscenza di Gruppobea quando giungerà il momento del PCTO.
Si conclude qui il nostro viaggio.
Sonia, noi ti ringraziamo moltissimo per questo tuo contributo, ringraziamo tutti gli studenti di 4 E e 4 F, ringraziamo Gruppobea e Jonas. Soprattutto, ringraziamo l’empatia e l’energia di un corpo docenti che nutre una attenzione spiccata per il fattore umano. Quei giovani che, tra i banchi di una classe dai colori di Mondrian, passerano ad essere le donne e gli uomini del nostro futuro.