Mattia, siamo oggi qui nel bellissimo spazio Epipla, nel centro di Milano, in cui esporrai le tue opere anche per il fuori salone. Ho visto le tue opere e ascoltato la tua storia. Mi colpisce molto il tuo modo di costruire, così legato alla percezione e all’esperienza. Soprattutto, mi appassionano le spinte emotive. “Quale è stato lo stimolo iniziale che ha portato a dedicarti alla produzione di pezzi unici di design?”
In realtà lo considero un caso: ho avuto due figure di riferimento, i miei fratelli maggiori, con una decina d’anni in più di me, che hanno intrapreso un percorso artistico già da adolescenti. Sono quindi cresciuto in questo ambiente creativo, ma soprattutto pratico. Già da quel momento ho iniziato ad usare le mani per creare, non importava cosa, per me il gesto del creare non era solo un mezzo, ma un momento di contatto con la materia e con la tecnica importantissimo da vivere, che mi permetteva di dare sfogo alla fantasia. L’ho sempre considerato un gesto liberatorio, un esternare la mia creatività.
Mi sentivo l’inventore, frugavo nelle spazzature per costruire da una bicicletta a un aereo… Poi, negli anni Novanta, i miei fratelli aprirono Wunderkammerstudio, luogo di ricerca artistica, mi sono affiancato a loro da subito, arrivando a lavorare con artisti e architetti… Sempre piccole produzioni, pezzi unici e serie limitate, sempre mantenendo il valore artigianale.