Nelle visioni artistiche intrepide di Anna Laura Longo il
suolo è visto anzitutto come un approdo, ma anche come un luogo di negoziazione
poetica o cyber-poetica. Esso è in grado infatti di determinare rivolgimenti
inusitati, essendo propriamente uno spazio di attraversamento ma anche di
condensazione, su cui instaurare - o cogliere - avvincenti azioni. Queste
ultime potranno essere collegate a loro volta con deviazioni e dirottamenti
racchiusi dentro un alone di vera e propria emergenza. D'altra parte il suolo
può configurarsi anche come un'area di sommovimento. E così sulla scorta di
tali assunti non cessa di svilupparsi l'indagine avviata da Longo poco meno di
un anno fa, che vede l'epidermide come una superficie incantatoria,
paragonabile per l'appunto a un suolo e grazie a cui agire radicalmente in
senso artistico e performativo. Un'epidermide inscrivibile dunque nel solco di
una vera e propria drammaturgia. Gli esiti di questa ricerca arriveranno a
Madrid a fine aprile 2023 e sarà in particolare il terzo esemplare di Exfoliación2 ad essere proposto. Il
lavoro, che si configura come libro-organismo polimaterico, resterà in visione
nel Centro Documentación del Museo Reina Sofia. Il tutto arricchito da un testo
esplicativo in lingua spagnola.
Già nelle pagine della raccolta poetica intitolata Questo è il mese dei radiosi incarnati del suolo ( Oèdipus) si
prospettava un'interessante aerazione del terreno attraverso il rivolgimento
delle zolle e veniva infatti portato alla ribalta un collegamento speciale con
il processo di aratura. Si delineava in quel caso una strabiliante e poetica
"aratura del tempo", all'interno di piantagioni mutevoli del
quotidiano. In seguito, nel maxi libro-organismo realizzato in materiali
ovattati e titolato Atterraggio lunare,
l'artista ha iniziato invece a dare forma a un suolo lunare, con crateri
fagocitanti e con micro- zone fatte oggetto di lacerazioni, integralmente
incentrate sul bianco. Ora l'attenzione, e dunque lo sguardo e l'azione, si
muovono come già detto verso la cute, che assume così le fattezze di un
osservatorio, su cui allestire o imprimere gesti e, più esattamente,
pseudo-scritture. Queste ultime si ritrovano ad esser circondate dai riflessi
che sono propri di un'enigmatica vicissitudine. L'artista lavora sul meccanismo
di esfoliazione in modo articolato e come sempre complesso, creando un ponte
fantasmagorico tra pelle e pagina e stabilendo tra le due superfici una
decisiva e - nello stesso tempo- flessibile consequenzialità. La messa in forma
dei materiali gelatinosi prescelti, essiccati e poi incollati e modificati dal
punto di vista delle colorazioni, coincide con una delocalizzazione dall'atto
scrittorio. Le scritture pertanto si trasformano in nuclei materici inattesi e apertamente difformi: quelli che vengono plasmati sono dunque
dei corpuscoli aleatori, depositati e fissati sulla carta o su ulteriori
supporti a volte molto imprevedibili. Le significazioni volta per volta si
apprestano a "galleggiare" dinanzi allo sguardo o, al contrario,
finiscono per depositarsi enigmaticamente. Un brano pianistico, intitolato Musica striata, arricchisce l'insieme.
Esso consente di stabilire un approccio non solo visivo ma anche uditivo. La
ricerca sonora sfrutta prevalentemente la cordiera, seguendo dinamiche molto
grintose ma, a tratti, incantatorie.
Da un punto di vista progettuale il lavoro è certamente lontano da ogni forma
di staticità e, più che altro, risulta essere proiettato verso una ricchezza di
direzioni e interpretazioni possibili.
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