Nasce una nuova attività ristorativa. “’A taverna d’‘e zoccole”, nel centro storico di Napoli, in vico Lungo Gelso nel dedalo di viuzze che caratterizzano uno dei teatri a cielo aperto più famosi della città, nel mezzo dei Quartieri Spagnoli. Il fondatore, Aldo, uomo di grande coraggio, già titolare di un locale a Portici (“La vineria senza cucina”, in piazza Matteotti a Portici) aveva un sogno: «una piccola attività a conduzione familiare dove la parola d’ordine fosse accoglienza, qualità e benessere a misura d’uomo - dichiara il ristoratore Aldo Civale - il menù non è mai lo stesso, ma cambia in base al pescato del giorno: i prodotti sono infatti freschissimi, belli da vedere e ottimi da gustare, e vanno dal polpo verace ai gamberoni di Mazara, dai lupini alle triglie di scoglio. Nella zona nella quale ci troviamo ci sono tante trattorie e ristoranti che lavorano sui prodotti di terra: genovese, pasta e patate, ragù pietanze che io assolutamente non disdegno, Anzi! volevo però in seno a questa offerta dare qualcosa di diverso ai clienti e soprattutto non andare a contrastare quello che era il lavoro degli altri locali che sorgono accanto al nostro».
Musa ispiratrice per Aldo Civale, la città di Napoli e le sue caratteristiche peculiari: «Volevo fare qualcosa che fosse legato al nostro territorio. Finalmente si è capito che il centro storico della città di Napoli può costituire un tesoro inestimabile il luogo nel quale nasciamo è stato profondamente rivalutato, ormai è un po’ la Montmartre di Napoli questo mi riempie di gioia e soprattutto mi ha dato lo spunto per scommettere in un’attività che fosse fortemente legata al cuore pulsante della nostra magica città. Ho rilevato un locale che aveva avuto breve vita, l’ho fatto durante la pandemia un atto di coraggio che però era doveroso nei confronti di questo momento che ha bisogno di ottimismo e ripartenza».
Una cucina legata al mare, alla tradizione, solida e appetitosa. Dal suo impegno nascono manicaretti che possono rendere felice turisti e persone del luogo: «La nostra vuole essere una cucina di qualità fatta di prodotti di prima scelta, parliamo di una gamma di prezzi leggermente più alta rispetto alla media della zona niente di eccessivo ma qualcosa che possa giustificare quella che è la provenienza e la qualità dei prodotti. Siamo intorno ai 25-30 euro».
Una delle più classiche aporie mai risolte che caratterizzano il mondo della ristorazione potrebbe essere la differenza tra la qualità offerta dal ristoratore e quella percepita dall’avventore. Chi ha ragione: il cliente che vuole risparmiare o il ristoratore che non vuole rinunciare all’eccellenza delle proprie pietanze e del proprio servizio?
«Nel nostro locale abbiamo una chiara idea di come ribaltare questa prospettiva conflittuale in una visione “win to win”, ovvero: la ricerca dell’optimum culinario, il punto di reciproca soddisfazione. Da sempre la qualità offerta dal servizio di ristorazione è considerata come un vero e proprio valore oggettivo, definibile sulla base del valore commerciale dei beni, dei cibi e delle risorse acquisite dal ristoratore. Sono un lavoratore molto scrupoloso e la qualità viene prima di tutto. Assicuro che a qualità corrisponde soddisfazione del cliente».
“’A taverna d’‘e zoccole”, anni fa alcova di dubbia frequentazione e coacervo di malavitosi, oggi diventa una ricercata osteria di mare che punta a dare una mano concreta al rilancio ricettivo della zona in cui nasce.
«In origine i Quartieri Spagnoli erano comunemente visti come luoghi di malaffare, di dubbia frequentazione. Molto spesso in questi vicarielli lavoravano avventori, furfanti e prostitute in particolare proprio dove nasce l’osteria c’era un boschetto di gelsi entro il quale le prostitute della zona amavano ripararsi e dedicarsi alla loro attività. Si racconta infatti che queste donne in assenza di illuminazione erano solite portare a piedi degli zoccoli attraverso i quali potevano fare rumore e allontanare i numerosissimi topi che abitavano questi viottoli e per questo quelle donne venivano chiamate le “zucculelle”, anche il nome quindi data all’osteria ripercorre la storia e la genesi di quei luoghi che sono preziosi per la ricostruzione delle nostre radici».
La passione che da sempre caratterizza il popolo napoletano è certamente quella legata alla buona tavola. Ah, la buona tavola: croce e delizia per gli appassionati dei piatti tipici della cucina partenopea, da sempre divisi tra i peccati di gola e tentativi (spesso mal riusciti) di astinenza e penitenza.
«La nostra è un’attività che punta al cuore e allo stomaco del cliente, un’attività che posso portare avanti grazie ad una bella squadra, grazie alla collaborazione dei miei soci: i miei fratelli Milena e Attilio, ma anche Umberto e Renato. Fondamentale il lavoro dello chef Antonio Falanga e dello chef Patrizia Bonetti e di Alessia che in sala è pronta ad accogliere i nostri clienti».