La Chiesa di Sant’Antonio Abate, seppur considerata tra le abbazie importanti della città di Napoli, le notizie storiche a disposizione sono inspiegabilmente scarse. Nel 1905 Benedetto Croce, avendo notato questa enorme lacuna riguardo la storia di una delle chiese più antiche della città, invia nell’abbazia un cronista per descriverne dettagliatamente la struttura, le opere artistiche contenute nella chiesa, per poi riportarle nella rivista culturale Napoli Nobilissima.
Oltre all’importante iniziativa di Benedetto Croce, che ci ha reso molte notizie sulla chiesa, tra le fonti utilizzate per ampliare le notizie sul complesso monastico,è stato ritrovato un diploma del Re Roberto d’Angiò del marzo del 1313, un documento di papa Pio IX , un accenno nella Guida Sacra di Galante e due litografie, di cui una a colori risalente al 1890, e l’altra del pittore francese del XVIII Remond.
La leggende sulle origini della chiesa la vuole fondata dalla regina Giovanna I d’Angiò nel XIII secolo, ma come detto sopra, un diploma di re Roberto, dimostra che già nel 1313, esistevano chiesa ed ospedale. Molto probabilmente il complesso fu ampliato e ricostruito in un programma di edilizia religiosa e assistenziale voluto nel 1370 dalla Regina. In questo luogo venivano curati gli infermi del morbo detto “fuoco sacro” o anche Fuoco di Sant’Antonio, con un prodotto ricavato dal grasso di maiale. Tra i napoletani si diffuse così l’abitudine di allevare maialini per donarli al monastero. Il complesso era tenuto dai monaci antoniani i quali preparavano la sacra tintura utilizzata per curare l’herpes zoster. Ma nel quattrocento gli Aragonesi, che presero il potere a Napoli, bandirono l’ordine, considerandolo troppo legato ai monarchi francesi.
Chiusa da sei anni e finalmente riaperta nel gennaio 2021, la chiesa è uno squisito esempio di architettura gotica, anche se la facciata principale della chiesa risale al 1769, quando il cardinale arcivescovo Antonino Sersale, la costruì coprendo quella originale risalente al periodo gotico.
L’interno ha una navata unica con soffitto a cassettoni, si possono ancora notare le strutture angioine. Le strutture angioine sono visibili al di sotto degli stucchi, gli archi delle cappelle. Dello stesso periodo sono due frammenti di affreschi sul primo pilastro a sinistra e su quello a destra, raffiguranti la crocifissione di Sant’Antonio Abate e la Madonna delle Grazie col Bambino.
Dell’ultimo affresco possiamo notare la naturalezza del bambino nell’afferrare il seno della madre ed anche la vivacità dei colori, nonostante il mancato restauro.
Tra le opere medioevali non possiamo dimenticare la marmorea Madonna col Bambino, che la tradizione vuole abbia il volto della regina Giovanna I.
L’inviato di Benedetto Croce, quando venne a visitare la chiesa, parlò di quattro dipinti su tela di forma circolare che raffiguravano quattro episodi dell’agiografia di Sant’Antonio. Oggi ne rimangono solo due
In uno è possibile vedere la morte di Sant’Antonio e in un altro la morte di San Paolo martire assistito da Antonio. Queste tele di un elevato valore artistico, sono state attribuite alla mano di Domenico Viola, ma il restauro ottocentesco eseguito da un ricoverato del Real Albergo dei poveri ha coperto l’originale dipinto del pittore allievo di Luca Giordano.
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