Il telelavoro non è una novità. Lo avevano sperimentato, e poi abbandonato, nella Silicon Valley già sul finire degli anni ’90. Anche prima del Covid, molte aziende, in particolare di servizio, lasciavano a casa almeno un giorno alla settimana parte del proprio personale.
L’emergenza sanitaria ha gioco forza aumentato vertiginosamente questa tendenza, spesso cogliendo lavoratori e aziende completamente impreparati. Ma non si tratta solo della dotazione informatica; il grosso problema è stato ed è la modalità di gestione dei processi in modalità a distanza o mista, ed in particolare la gestione delle relazioni tra lavoratori e tra lavoratore e manager.
Nella maggior parte dei casi l’azienda ha lasciato che il tele-lavoratore definisse un proprio significato di produttività. Ma quello che poteva andare bene in un primo momento di emergenza non è detto che vada bene anche nel lungo periodo.
Un altro problema si solleva in tutti quei casi in cui il dialogo “gestionale” era basato sull’informalità degli incontri casuali in corridoio, al bar interno, alle riunioni svolte per altri argomenti. Manca cioè quella “presa diretta” alla base di molti scambi informativi e formativi all’interno degli uffici.
Questa asetticità dei rapporti mette in risalto la scarsa, ed ora inadeguata, capacità nelle imprese di definire, pianificare, comunicare e misurare gli obiettivi di business.
Quale approccio utilizzare?
Ne parliamo assieme a Giuseppe Fischetti e Alberto di Martino sul loro portale di Economia prime e dopo.
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Fonte notizia
www.economiaprimaedopo.it misurare-le-prestazioni-del-lavoro-da-casa-strategie-per-la-gestione-dei-gruppi-misti-e-ibridi-5