a 79 anni, dopo una lunga malattia, si è spento Roberto Albeltaro, raffinato pittore, instancabile cantore della sua terra, autore d: paesaggi straordinari e poetici che nascono dall'infinito confronto tra cielo, acqua e terra, opere solari e dai cromatismi intensi, che inducono a riflettere su un mondo rurale che si sta perdendo, su una natura nuova, vista con gli occhi dell’artista.
Il mondo della cultura vercellese è in lutto per la scomparsa di Roberto Albeltaro. Nato a Vercelli nel 1940, è stato allievo di Cesare Libano e ha iniziato la sua attività artistica facendo parte del “Piccolo Cenacolo degli artisti” di Vercelli e della “Società Promotrice delle Belle Arti” di Torino. Protagonista della scena artistica per oltre mezzo secolo Albeltaro, da vercellese appassionato, ha contribuito alla fama di Vercelli città d’Arte, facendola conoscere nelle sue numerosissime mostre in Italia e all’estero e ricevendo ambiti riconoscimenti tra cui i premi “Leonardo da Vinci” e “Dante Alighieri”, e nel 1982 il premio “Marco Aurelio”, “Il Leopardo” e l’ “Oscar Mondiale di Montecarlo”..
Albeltaro fu anche giocatore della Pro Vercelli giocando con la bianca casacca, come mezz’ala sinistra, 48 partite agli inizi degli anni ’60. Vogliamo ricordarlo dal punto di vista artistico con la presentazione a catalogo in occasione della grande retrospettiva organizzata a Vercelli nel 2018 in occasione dei suoi 50 anni di carriera pittorica.
Dieci lustri di pittura per Roberto Albeltaro instancabile cantore della sua terra: paesaggi straordinari e poetici che nascono dall'infinito confronto tra cielo, acqua e terra, opere solari e dai cromatismi intensi, che inducono a riflettere su un mondo rurale che si sta perdendo, su una natura nuova, vista con gli occhi dell’artista.
La pittura di paesaggio sintetizza il punto di vista dell'Artista di fronte allo spettacolo della natura. L’Artista, in quanto tale, riesce a penetrarlo, a percepirne i dettagli, a descriverne la forma e la sostanza, a confondersi e spesso ad identificarsi con esso. Questa capacità di penetrazione avviene secondo una reazione quasi meccanica dell’artista, colpito e ispirato da ciò che vede e una componente immaginifica che trova le sue origini nella sua sensibilità e nella capacità di introspezione, col risultato di restituire all’osservatore, con le sue capacità tecniche, quello che di poetico ed emozionale è sedimentato in fondo al suo animo delle forme, dei colori, delle luci.
«Nel dipingere é difficile capire qual è il momento in cui l'imitazione della natura deve fermarsi. Un quadro non è un processo verbale. Quando si tratta di un paesaggio, amo quei quadri che mi fanno venir voglia di entrarci per andarvi a spasso.» (Pierre Auguste Renoir)
Da questa affermazione di Renoir si capisce come la profondità di un quadro non è da ricercare nel soggetto stesso, ma nel modo in cui il soggetto viene rappresentato, non nella prospettiva realistica della rappresentazione, ma nello spessore emotivo che luci e ombre, colori e forme riescono a creare. Questo assunto potrebbe rappresentare il punto di partenza per provare a descrivere la maniera di fare arte di Roberto Albeltaro, pittore affermato, con alle spalle una carriera lunga, prestigiosa e ricca di riconoscimenti, Artista maturo, felicemente ispirato e padrone della tecnica, che riesce sempre e comunque a sorprendere sviluppando appunto il tema paesaggio in innumerevoli declinazioni, dall'approccio naturalistico tradizionale (ancorchè chiaramente identificato dalla sua inconfondibile cifra stilistica), ad una evocazione lirica della memoria in chiave espressionista che lo conduce alla trasposizione fantastica del reale fino ad una ricostruzione figurativa tanto visiva quanto onirica, punto di arrivo di una creatività libera e liberatoria.
Albeltaro ha la capacità di dare ai paesaggi che sempre abbiamo davanti ai nostri occhi, e che per questo forse non riusciamo più a vedere e dei quali non sappiamo più godere, la forza ed il distacco della poesia, grazie alla sua pittura che unisce la padronanza dei mezzi tecnici alla introspezione spirituale, fino a scrollarsi di dosso ogni riferimento figurativo per diventare puro gesto e colore, impeto e gioia cromatica, tutta d’emozione, giocata sulla pennellata larga e decisa che spesse volte rasenta l’informale, col risultato che si ha netta la percezione che i paesaggi raffigurati nelle tele ci sono familiari, che li abbiamo già visti, li conosciamo, sono parte della nostra vita e del nostro mondo.
L’artista così, pur partendo dalla realtà, genera sulla tela un universo alternativo e trasfigurato in cui i colori, cangianti e decisi oppure lievi e sfumati, e le forme, naturalistiche e concrete o evocative e sognanti, sanno svelare con sapienza e sensibilità ciò che di “sconosciuto” e “invisibile” il nostro occhio e il nostro spirito non sono in grado di apprezzare e comprendere.
Lo sguardo selettivo e visionario dell’Artista non si sofferma a cogliere ciò che si vede, cioè l’esteriorità del mondo, ma si cala, si immerge in esso, lo partecipa con la passione e la curiosità di un esploratore dell’anima e dell’inconscio. In altre parole non si limita a porsi di fronte alla realtà e alla volontà di rappresentarla, ma la vive, ne prende parte, la penetra, la indossa e se ne nutre, si fa una sola cosa con essa.
Si realizza allora una sorta di percorso sinuoso e oscillatorio che passa, senza soluzione di continuità, dall’occhio alla realtà e dalla realtà nuovamente all’occhio, il quale arriva così a percepirla diversa eppure familiare, sconosciuta ma non estranea, ammantata di un’aura di mistero: come è e deve essere l’essenza di ogni uomo e delle cose del mondo. La pittura di Albeltaro quindi, non si limita a rappresentare ciò che l’occhio riesce a vedere, ma riproduce il riflesso interiore della realtà esterna, più interessato com’è agli effetti della luce naturale che al disegno esatto e alla descrizione dei dettagli.
Il risultato di questo processo, divenuta opera d’arte, suscita, in chi la osserva, un’emozione estatica e rapita, la consapevolezza di aver compreso l’intima natura delle cose e di se stesso, l’oggettivo manifestarsi del reale, la vera essenza di quei valori antichi ma sempre attuali che, per pigrizia o superficialità, asserviti al quotidiano con le sue frenesie e le sue contraddizioni, abbiamo smesso di voler vedere.
Nel momento dell’atto creativo, l’Artista abbandona ogni preconcetto visivo, dimentica ogni clichè e ogni retorica, si pone dinanzi alla tela silenziosa e immota consapevole di voler realizzare una immagine nuova, vergine, non contaminata dall’usuale o dal “già visto”, ma soprattutto una immagine autonoma rispetto alla forma consueta delle cose, che giunga ad assumere contorni e sfumature universali, una immagine portavoce di un’arte che assume e riassume i connotati di una creatività più vasta, meno definibile, sempre impegnata nella rappresentazione del reale che non sia solo ricerca fine a se stessa di piacevolezza formale, ma un’arte che penetri a fondo, con forza e sensibilità, l’intimo delle nostre percezioni senza superficiali e futili estetismi, ma con la grande capacità di cogliere, con il sentimento e la forza del colore, l’essenza del vero.
Per raggiungere questo obiettivo Roberto Albeltaro si affida ad un linguaggio concitato e drammatico, ove sono avvertibili gli echi della pittura che ebbe i massimi rappresentanti nei maestri dell'Impressionismo, lanciandosi in un impeto e una emotività trepidante: i soggetti sono resi ora con pennellate larghe e generose ora con tocchi minuti, meditati singolarmente, note di colore che riassumono forme e volumi, vibrano del gesto e della materia, in un discorso pittorico di rara efficacia perché a una profonda genuinità e spontaneità accomuna una sicura padronanza della sostanza e della tecnica cromatica, applicate in una costante ricerca pittorica che porta l’Artista a sperimentare soggetti e forme nuove, pur perseguendo quella linea continuativa, mai interrotta, di un pensiero di grande attaccamento alla vita, alla gioia di vivere, alle bellezze della natura che ci invitano a ripensare alla realtà delle cose e alla “sostanza” della vita.
Esaminando a fondo il lavoro di Albeltaro, emerge chiaro il suo bisogno di “dissetarsi alla fonte di una luce nuova”, attingendo alla lezione paesaggistica dell'impressionismo con i suoi colori e i suoi simboli che si concretizza nell'intuizione di uno spazio che, pur intriso di materia, tende a liberarsi in una dimensione superiore, interpretando l’arte come distillato di bellezza che raccoglie i miracoli del visibile e li conserva svelando l’indole pura e incontaminata ma al tempo stesso forte e decisa, dell’autore.
Albeltaro racconta la quotidianità delle persone a stretto contatto con la terra: contadini, donne e uomini con i tipici zoccoli ai piedi, intenti a raccogliere il fieno o seminare i campi, zappare e arare la terra, ma anche nelle loro case, a mangiare ciò che hanno colto con le loro stesse mani. Si comprendono così la povertà e la fatica delle condizioni del lavoro dei contadini, ma anche la sincerità, l’autenticità e la grande umanità che già aveva affascinato Van Gogh. L’artista cattura la realtà dei volti e degli sguardi stupefatti dei suoi personaggi, degli ambienti domestici con gli oggetti di tutti i giorni, trasporta l’osservatore in una dimensione onirica e fantastica, che affascina per il complesso repertorio di conoscenze antiche e il patrimonio culturale e di esperienze umane, storiche, sociali che le opere evocano nell’analisi profonda del rapporto atavico che si intreccia tra l’uomo e la natura, in un indissolubile rapporto che lega il duro lavoro dei campi, ai frutti che se ne ricavano.
Un ambiente rurale in cui l’artista riconosce la sofferenza e il sacrificio, ma nel quale ricerca l’essenza di una umanità che si sta perdendo e il riscatto dell’intero genere umano.
Arte usata come metafora quindi, come desiderio innato di voler preservare l’ambiente che garantisce un futuro a questa umanità distratta, arte che traduce i sentimenti e le passioni mettendo a nudo lo stato d’animo di un artista che vuole raccontarci le paure, le gioie e gli interrogativi dell’uomo, agendo in una realtà poetica che coglie l’idea e il cuore di tutto ciò che la natura generosamente ci offre se solo per un attimo decidiamo di staccarci dal quotidiano per lasciarci coinvolgere dal fluire delle emozioni che le opere di questo Artista riescono a comunicare.
Per concludere, si può affermare che il senso profondo dell’arte di Albertaro è il reale, vissuto intensamente nelle sue espressioni di gioia, dolore, estasi o pace. Le emozioni e le sensazioni sono veicolate dall’acqua e dalle trasparenze, dal vento che agita le fronde, dalla neve che scende silenziosa, dai grandi occhi stupiti delle figure curve sotto il peso dell’esistenza.
La fluttuante soggettività dei colori rimanda a sentimenti che creano relazioni complesse con la realtà di chi crea e di chi osserva, circondati, immersi, avviluppati in straordinari e sorprendenti effetti cromatici di luci ed ombre tra i giochi precisi delle pennellate.
Si svela una natura nuova.
La natura vista attraverso gli occhi dell’artista.
Michele Catalano – feb. 2018