Perché dobbiamo venire in terapia anche noi?
…Una delle cose che più sorprende i genitori è quando spiego loro che il percorso terapeutico non prevede la presa in carico solo del figlio ma dell’intero nucleo familiare.
Con questa richiesta non si intende implicitamente colpevolizzare i genitori del disturbo che il figlio presenta, non solo perché il lavoro del terapeuta non consiste nell’individuare un “colpevole”, ma perché tra l’altro pare che le cause del DDAI siano prevalentemente di origine genetica. Il motivo della richiesta sta semplicemente nel fatto che il modo in cui il disturbo evolve dipende dall’ambiente in cui il bambino si trova. Senza volerlo i genitori possono mettere in atto dei comportamenti nei confronti del proprio figlio che vanno ad alimentare ed acutizzare il problema. Per cui imparare degli stili educativi adeguati può rivelarsi fondamentale per ridurre la gravità e l’intensità dei sintomi. Vediamo alcuni esempi.
I bambini con un Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività hanno difficoltà a regolare il proprio comportamento in maniera autonoma, per questo necessitano che i genitori li aiutino a fare ciò. In che modo possono farlo? Predisponendo un ambiente ben strutturato e prevedibile. Ciò potrà essere fatto stabilendo delle regole e delle routines all’interno del nucleo familiare. Le regole servono loro a sapere in anticipo quali azioni siano da considerarsi fuori dalle norme stabilite. Dovranno essere poche, brevi ed espresse in maniera chiara attraverso proposizioni positive anziché divieti (invece di “Quando si mangia non ci si deve alzare” meglio “Quando si mangia si sta seduti”), ma soprattutto dovranno essere rispettate in primis da noi adulti. Perché i bambini non seguono “chi predica bene e razzola male”, per dirla con un’espressione del linguaggio comune. Cerchiamo, inoltre, di abituarci a rinforzarli (con un “bravo!” o un piccolo premio) ogniqualvolta le rispettino, invece di rimproverarli o punirli quando non lo fanno o lo fanno in maniera non corretta.
Fonte notizia
www.psicologodsa.it nostro-figlio-ha-un-ddai