Un coinvolgimento dei cuochi nella “Fase 2” dell’emergenza Coronavirus. A richiederlo è l’Unione Cuochi Toscani che, forte di 1.500 professionisti in tutta la regione, fa sentire la propria voce in merito alla difficile situazione vissuta dal settore a causa del Covid-19 e avanza la necessità di prevedere la ripresa delle attività di ristorazione con gradualità e con le dovute attenzioni. Questo comparto, unito a quello del turismo e dell’accoglienza, risulta tra i più colpiti dalle settimane di stop previste per la gestione dell’emergenza, con svariate criticità legate agli stagionali e agli occupati nel settore della banchettistica che rischiano di veder saltare la stagione, ai ristoratori e agli chef patron che registrano perdite di fatturato e criticità relative ai prodotti alimentari giacenti già deperiti ed in scadenza. Ulteriori problematiche sono correlate ai pagamenti di mutui, leasing ed affitti dei locali, oltre al pagamento di tasse e bollette. «Un sondaggio effettuato presso i nostri 1.500 associati in tutta la Toscana attraverso i dodici presidenti provinciali - dichiara Roberto Lodovichi, presidente regionale dei Cuochi Toscani, - ha contribuito a configurare un quadro chiaro di quella che è la situazione attuale e delle richieste da avanzare negli opportuni tavoli di discussione. La necessità di una ripresa attenta e graduale delle nostre attività è stata estesa in primo luogo alla Federazione Italiana Cuochi, nostra casa madre, ed al presidente nazionale Rocco Pozzulo che già si era attivato presso il ministero per portarlo a conoscenza delle problematiche interne alla categoria, alla Regione Toscana che da sempre ci sostiene e con cui condividiamo numerose attività, e alla Federazione Italiana Pubblici Esercizi».
I Cuochi Toscani hanno richiesto un sostegno per una spinta all’accesso alla “Fase 2”, con la necessità di riattivare parzialmente le attività di ristorazione attraverso modalità quali la vendita diretta da asporto previo ordine ed appuntamento. Gli aderenti all’unione esprimono infatti il bisogno di poter ripartire il prima possibile, in funzione degli sviluppi dello stato d’emergenza, seguendo le linee guida per ridurre il rischio di eventuali contagi che già sono state indicate per la vendita di alimenti: distanze, ingressi contingentati, misure di sicurezza ed igiene personale. L’urgenza è di poter tornare a registrare flussi economici anche modesti, favorendo una rotazione nelle giacenze dei prodotti alimentari e un graduale reinserimento del personale che dovrà essere necessariamente sottoposto ad una specifica formazione per la conoscenza delle norme sanitarie. «Numerose attività legate al settore alimentare sono aperte - continua Lodovichi, - perché non estendere questa possibilità anche ai ristoranti di quartiere? Questo potrebbe rappresentare per la popolazione un valore aggiunto: supermercati e generi alimentari sono chiusi nei giorni festivi, dunque andremo a fornire un servizio, una risposta e un’alternativa per sopperire alle necessità delle persone. Comprendiamo perfettamente la drammaticità del momento e sempre ci siamo attenuti alle linee guida indicate dallo stato, ma adesso la necessità di una ripartenza, anche timida, si avverte in modo impellente. La Toscana, terra di infinite suggestioni, è sempre stata rappresentata da arte, cultura e bellezze naturali ma anche da cibo e cucina: se non verremo sostenuti in una pronta ripresa, seppur blanda, rischieremo di non poter più offrire quello che il mondo si aspetta da noi».