Del maiale non si butta via niente, nemmeno gli scarti, perchè possono essere preziosi. Lo sanno bene a Parma e dintorni dove proprio grazie alle parti “meno nobili” del suino è nata la famosissima cicciolata. Chiamata in origine “il piatto dei poveri”, perchè ottenuta unendo la carne avanzata dalla produzione dello strutto, la cicciolata si presenta come un grande blocco compatto di colore scuro, puntellato qua e là di goccioline di grasso bianco, dal quale, tagliandoli, si ricavano i cosiddetti ciccioli. Come viene preparata? La lavorazione di una buona cicciolata si divide in due fasi. Si inizia facendo bollire la testa del maiale per ⅚ ore con verdure ed erbe aromatiche e, a parte, vengono fatte friggere le cotenne nel loro stesso strutto, fino a farle diventare dorate. Nella seconda fase, la testa viene tritata insieme alle cotenne fritte, l’alloro, il sale e il pepe. Una volta cotto, il miscuglio ottenuto viene riposto ancora caldo in un telo di lino e pressato per eliminare il grasso e l’acqua in eccesso. Successivamente il telo viene aperto e la pasta viene fatta asciugare e raffreddare per 24 ore per poi essere compattata nella tipica forma “a mattone”. La cicciolata è un classico degli aperitivi e antipasti parmigiani in inverno. Da consumare rigorosamente non cotta, è ottima da sola, tagliata a fette o a cubetti, ma dà il meglio di sé con tigelle, torta fritta o polenta, come vuole la tradizione. Il tutto accompagnato da un buon vino locale, Lambrusco o Malvasia. Una curiosità: la cicciolata era il salume preferito di Giovannino Guareschi, il creatore di Don Camillo, che nel 1959 dedicò un intero racconto sul “Corrierino della famiglia” dedicato a questo salume tipico del parmense. Dove trovarla? Per la vera cicciolata, come quella di una volta, diffidate dalle imitazioni. Affidatevi alle aziende del territorio, che realizzano i migliori prodotti seguendo fedelmente le ricette originali e le tecniche tradizionali.
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