Da ragazzo suonava il pianoforte da grande sognava di diventare un musicista, scrivere canzoni, ma non ebbe il coraggio di tentare e intraprese gli studi in architettura. Quando era tempo di costruire il suo futuro, perse il suo migliore amico: “Continua a batterti – gli disse – quando un giorno ti sarai realizzato, io sarò lì con te”. Il dolore fu talmente forte che decise di lasciare tutto e “scappare” a Lione pur senza un progetto. Prima rappresentante di mattonelle poi si ritrovò a costruire case in legno in Francia e Svizzera. Infine il ritorno a casa, a Salerno, e la scelta di tentare di rinascere con un corso di laboratorio teatrale.
È lo straordinario percorso di vita di Francesco Maria Siani, architetto della città classe ’60 che nelle tavole del palcoscenico ha (ri)trovato la sua vera cifra stilistica, nuova linfa vitale con cui raccontare se stesso e il cuore degli uomini.
«Lasciai la mia città dopo aver perso il mio migliore amico. A Lione costruivo case in legno, a Salerno ho ripreso con il teatro e la scrittura quanto di me stesso con la musica avevo lasciato d’inespresso. Il rientro in Italia nel 2015 fu una batosta – racconta Siani - era inimmaginabile che potessi ritrovarmi esattamente nello stesso punto da cui ero partito, con addosso di nuovo tutto il peso del vuoto che mi portavo dentro. Iscrivermi ad un laboratorio teatrale fu una rivelazione, da subito capii che intraprendendo quel percorso, seppur maledettamente lungo, sarei potuto rinascere, ancora una volta. Ritrovare la mia anima perduta è stato un terremoto esistenziale».
Con la pratica attoriale l’architetto ha cominciato a studiare drammaturgia (Shakespeare, Pirandello, Miller, Brecht, Eduardo De Filippo, e soprattutto di Annibale Ruccello) e nonostante non avesse mai prima di allora messo una penna su un foglio, si è cimentato con la scrittura: «Potevo finalmente esprimermi – aggiunge - e potevo soprattutto fare i conti con me stesso».
L’ “Essere o non essere” di Amleto, che ha riscritto liberamente in napoletano, è stato il suo primo spunto, nel 2017 la volta della sua prima opera teatrale, “Le viscere del lupo”, un dramma esistenziale che ritraccia gli ultimi anni della sua vita in Francia. Il testo della pièce, messa in scena come studio laboratoriale nel marzo 2018 al Teatro La Mennolella di Salerno per la regia di Antonello De Rosa, riceve la Menzione Speciale della giuria al Premio Il Sipario. Nello stesso anno scrive “I fantasmi di Stanford”, commedia in un atto unico in napoletano liberamente tratta da sette opere shakespeariane. Il 2018 è l’anno del monologo, Angelus Domini. Il debutto risale al maggio scorso al Piccolo Teatro del Giullare: Siani affida il suo testo all’attrice Carla Avarista e la regia ad Antonello Ronga. Due date, sempre sold out, e il passaparola di un pubblico entusiasta ne ha decretato il successo, avvallato poco dopo anche dalla Menzione Speciale della giuria del Premio Il Sipario, e dalla Menzione Speciale della giuria del Premio Salvatore Quasimodo. Lo spettacolo vince anche il Premio Internazionale di letteratura per il teatro “Città di Castrovillari” ed è finalista ai Premi la Clessidra e Voci dell'Anima - Creature Ribelli di Rimini.
Oggi è il momento di tornare in scena, sempre con Angelus Domini, anche se Siani ammette di essere già impegnato nella scrittura di un nuovo testo. L’ architettura trova spazio solo nella sua testa di autore quando il cuore gli detta un nuovo disegno scenico da costruire.
Il monologo andrà in scena il 19 e 20 ottobre al Teatro TRAM - Teatro Ricerca Arte e Musica diretto da Mirko Di Martino di Napoli e nel 2020 sarà a Salerno il 29 febbraio e l’1 marzo al Piccolo Teatro del Giullare di Salerno.
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