di Riccardo Bramante
Nella prestigiosa sede dell’”Associazione Civita” in Piazza Venezia a Roma è stato presentato il libro “Di gelo e di fuoco”, opera assolutamente originale già a cominciare dalla copertina dove scopriamo che gli autori sono ben quattro: Guido Fiandra, regista, sceneggiatore e docente universitario, che ne è stato l’ideatore ed il coordinatore, coadiuvato dai suoi amici, scrittori anch’essi, Andrea Zauli, Fabrizio Fangareggi e Pierluigi Fabbri.
Di fronte al numeroso pubblico intervenuto, è stato lo stesso Presidente dell’Associazione Civita, Gianni Letta, che ha voluto fare una prima presentazione del libro attraverso una dotta introduzione in cui ha illustrato gli obiettivi ed i significati insiti nell’opera di cui “protagonista” è la Via Francigena, l’antica strada percorsa dai pellegrini che dalla Francia, dalla Germania, dall’Inghilterra e dalla Spagna si recavano a Roma e, successivamente, a Gerusalemme, le due città sacre del cristianesimo, Via Francigena che per la sua importanza storica è stata dichiarata “itinerario culturale” dal Consiglio d’Europa nel 1987.
L’opera ha avuto una lunga gestazione, ben 15 anni come racconta Guido Fiandra, ed era nata per essere una miniserie televisiva, idea poi abbandonata per gli alti costi ma a tutto vantaggio della maggiore incisività della parola scritta rispetto all’immagine che avrebbe potuto dare la televisione ( ne è un recente esempio il relativo successo della serie tv tratta da “Il nome della rosa” di Umberto Eco rispetto alla fama e alla diffusione internazionale che ha avuto il romanzo scritto).
La trama di “Di gelo e di fuoco” si presenta come una avvincente connessione tra reale e fantastico, in cui il viaggio compiuto dai vari personaggi è anche l’occasione per una libera riflessione sulla propria vita, sulle infinite sensazioni e sul personale cammino che ciascuno di noi si trova a percorrere per scoprire, alla fine, che l’essenza del tutto è l’atto stesso del viaggiare, più che il raggiungimento della meta, in ciò concordando con il pensiero espresso dal grande filosofo tedesco Gottfried von Leibniz.
Tutto prende l’avvio da una fredda notte del dicembre 1899, proprio alcuni giorni prima dell’inizio dell’Anno Giubilare del 1900, quando alle porte del Monastero di San Filippo al Marta, nel viterbese, si presentano all’abate Francesco quattro enigmatici personaggi provenienti da epoche e Paesi diversi: il Vescovo Sigerico da Canterbury vissuto nel 990, la vedova castigliana Maria Rodriguez proveniente dal 1350, il capitano di ventura tedesco Goetz von Berlichingen dal 1550 e il mercante di vini Jean Baptiste Fournier dal 1825; ma con loro si introduce nel Monastero anche una presenza inquietante: quella del Diavolo che minaccia le loro stesse vite.
Ognuno di loro ha la propria storia e il proprio modo di vedere le situazioni, i costumi e le idee a seconda dell’epoca da cui provengono, tanto da far sembrare i fatti che accadono come un diamante dalle mille sfaccettature, con luci che variano a seconda del personaggio che va ad esprimersi. Ed è proprio questa diversità di pensiero che delinea ciascun personaggio con le idee e le modalità di rapportarsi proprie dell’epoca in cui era vissuto, facendoci percepire, nel contempo, quali grandi cambiamenti siano avvenuti nel modo stesso di concepire l’esistenza umana.
Lasciamo, comunque, al lettore il piacere di gustare fino alle ultime, sorprendenti pagine la storia narrata, non senza prima sottolineare l’efficacia ed il tocco artistico che ha dato all’evento la lettura di alcuni brani dell’opera dataci dai ben noti attori italiani Tullio Solenghi e Pino Calabrese e dall’attrice spagnola Carmen Tejedera.