Ogni direttore d’orchestra – anche chi, come me, è nato in Gran Bretagna e cresciuto negli Stati Uniti – deve prima o poi confrontarsi con il fantasma di Arturo Toscanini. Solo a pronunciarne il nome si materializzano davanti a noi la definizione stessa di autorità direttoriale e la storia del teatro lirico italiano. È innegabile: la natura di Toscanini era tipicamente latina e melodrammatica, anche se per tutta la vita cercò – in modo quasi ossessivo – di far andare d’accordo l’indole mediterranea con una cura maniacale dell’esecuzione musicale, che era di una precisione chirurgica. Provava e riprovava, forgiando l’esecuzione a un punto tale che i suoi musicisti venivano letteralmente scolpiti nella forma che lui aveva in mente. La sua esattezza si accompagnava a un immenso senso della drammaturgia e della storia. Quando pensiamo che quest’uomo diresse le prime mondiali dei Pagliacci, della Bohème, della Fanciulla del West e di Turandot, restiamo ammutoliti.
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