Negli ultimi tempi, la stampa italiana è stata inondata da notizie allarmanti su presunti attacchi hacker orchestrati da governi stranieri come Israele e Russia, accusati di assoldare cybercriminali per violare i sistemi informatici della Pubblica Amministrazione italiana e trafugare dati sensibili. Tuttavia, non tutti sono convinti della veridicità di queste informazioni. Fabrizio Guerra, esperto di cybersecurity e attuale CEO di TelcaVoIP International, suggerisce che molte di queste storie siano costruite per generare allarme e abbiano poco a che vedere con la realtà.
La proliferazione delle fake news nel cyberspazio
Il settore della cybersecurity è un terreno fertile per le fake news, poiché si basa su un argomento poco compreso dal grande pubblico ma allo stesso tempo intriso di fascino e timori. Quando una notizia riguarda attacchi informatici "comandati" da potenze straniere, l’attenzione mediatica si infiamma, e spesso accade che le informazioni vengano gonfiate o distorte. Un esempio recente è la teoria secondo cui Israele, Russia e altre potenze starebbero "ingaggiando" hacker per violare i sistemi governativi italiani e creare dossier su figure influenti nel nostro Paese.
Guerra mette in guardia su queste narrazioni sensazionalistiche: “In realtà, sono molte le nazioni che operano campagne di cyberspionaggio, ma parlare di attacchi mirati alla Pubblica Amministrazione italiana da parte di hacker ingaggiati da stati esteri può essere una forzatura, o una cattiva interpretazione dei fatti”, spiega l’esperto. "Il mondo del cyberspionaggio è complesso e frammentato; i veri attacchi mirati e di spionaggio sono rari e difficili da individuare con certezza".
I limiti delle fonti e la manipolazione dell'informazione
Secondo Guerra, l’eccessiva enfasi su notizie di questo tipo può essere alimentata da fonti poco attendibili o da interpretazioni esagerate di eventi ordinari. La cybersecurity, infatti, è un settore in cui è facile manipolare le informazioni per scopi propagandistici o di distrazione. “Spesso si creano narrazioni eccessive che servono a catalizzare l’attenzione su determinate questioni di sicurezza, magari per giustificare investimenti pubblici o misure più severe nella gestione dei dati”, commenta.
TelcaVoIP International, l’azienda guidata da Guerra, collabora da anni con enti pubblici e privati nella protezione dei dati e nella gestione della sicurezza digitale. Sulla base della sua esperienza, Guerra spiega che gli attacchi alla Pubblica Amministrazione italiana sono in gran parte frutto di cybercriminali “indipendenti” o personaggi interni alle istituzioni stesse con motivazioni economiche, più che governi stranieri intenzionati a creare dossier politici. Nel caso di specie sui presunti dossieraggio italiano non è quindi corretto parlare di hacker.
Un’analisi equilibrata dei fatti
Secondo Guerra, è fondamentale distinguere tra attacchi opportunistici e campagne di spionaggio mirate, poiché i primi rappresentano la maggioranza degli eventi e non implicano sempre uno scopo politico. Gli hacker, infatti, spesso sfruttano vulnerabilità già note e accessibili, e questo non richiede necessariamente finanziamenti statali o complicati apparati di intelligence.
"Le teorie che collegano costantemente le violazioni informatiche italiane a complotti internazionali fanno parte di una narrativa sensazionalistica, utile per ottenere clic e visualizzazioni", continua Guerra. "Gli attacchi alla Pubblica Amministrazione italiana sono, nella maggior parte dei casi, provocati da attori che mirano a estorcere denaro o ottenere accesso a informazioni di valore vendibili sul mercato nero. Non si può attribuire ogni incidente a operazioni di spionaggio internazionale".
Cosa ci insegna questa tendenza
Il dibattito sulle cyber-minacce e le fake news attorno a presunti dossieraggi comandati da potenze straniere mette in luce una questione cruciale: la necessità di un'informazione accurata e una maggiore consapevolezza pubblica. La cybersecurity non è fatta di complotti, ma di rischi concreti e quotidiani che possono riguardare qualsiasi ente o organizzazione.
“Il vero problema”, conclude Guerra, “è la mancanza di educazione sul tema e la poca trasparenza sulle vulnerabilità. I media devono riportare i fatti senza alimentare paure infondate e le istituzioni devono investire seriamente nella prevenzione e nella gestione dei rischi digitali, senza ricorrere a narrazioni complottistiche”.
In conclusione, è essenziale affrontare la cybersecurity con un approccio realistico e orientato alla prevenzione, evitando di cadere preda di teorie sensazionalistiche che distolgono l’attenzione dai veri rischi e dai passi concreti per proteggere i dati italiani.
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