E’ un Nanni Moretti assolutamente non nuovo quello che interpreta la parte del regista Giovanni nell’ultimo film da lui stesso diretto: una commedia brillante e, se vogliamo, anche un tantino sofisticata, un lavoro colmo di bei nomi del nostro cinema da Margherita Buy a Barbora Bobulova passando per l’ineguagliabile Silvio Orlando.
Come al solito anche in questo film Moretti è un protagonista, istrionico e testardo che distrugge senza accorgersene anche la sua vita familiare dalla quale è lontano perché impegnato a raggiungere il suo protagonismo; ed interpreta se stesso non risparmiandosi critiche, ma comunque autoesaltandosi descrivendo, a settant’anni di distanza, l’occupazione sovietica dell’Ungheria e la reazione che quei fatti suscitarono nei comunisti italiani dell’epoca.
Il sol dell’avvenire, quel sole che splende in “ Bandiera Rossa “ appare come una rivisitazione di quel “ Caro diario “ che nel 1993 vide protagonista Nanni in una passeggiata in Vespa attraverso i quartieri di una Roma: ora la passeggiata, per adeguarsi ai tempi, se la fa nel quartiere Mazzini su un monopattino ragionando di cinema con un altrettanto istrionico produttore coinvolto nella realizzazione del suo film del quale è effettiva produttrice la sua paziente moglie che vorrebbe lasciarlo ma non ci riesce: una splendida Margherita Buy che per arrivare alla desiderata decisione si fa assistere da uno psicoanalista.
Tra i co-protagonisti della monumentale opera che vede impegnato addirittura un intero circo che arriva a Roma da Budapest in segno di calorosa accoglienza dei comunisti romano agli ungheresi occupati, particolarmente degno di nota è l’eccezionale Silvio Orlando nei panni dell’ inveterato segretario di una sezione del partito comunista romana ( quella del Quarticciolo per la precisione ), un “ compagno “ di ferro che non ammette la sollecitazioni di sua moglie ( interpretata da Barbora Bobulova, altrettanto splendida ) per sollecitare gli iscritti al partito a distaccarsi dai vincoli fino al momento dell’occupazione militare russa dell’Ungheria imposti dall’Unione Sovietica; i richiami nemmeno poco espliciti alla politica che sempre contraddistinguono i film del regista romano sono qui mescolati con la “guerra” che Moretti intraprende conto Netflix che vuole appropriarsi dei films e che secondo lui, ed anche secondo noi, deve restare nei limiti della produzione televisiva perché un film visto sulla schermo non ha nulla a che vedere con lo stesso film trasmesso in tv.
Poi, tutto finisce bene con una straordinaria e felliniana marcia ai Fori Imperiali ( un evidente richiamo alla marcia su Roma di mussoliniana memoria ): la moglie che torna da lui, il pc italiano che si distacca da Mosca, il film che può finalmente essere portato a termine e tutto quanto basta ad evidenziare, se mai ve ne fosse ancora bisogno, l’istrionica personalità del certamente bravo regista di quest’ultima sua fatica: Nanni Moretti, comunque ineguagliabile.