La buona riuscita di un progetto suscita una soddisfazione che è ancora più grande se l’obiettivo è raggiunto in tempi brevi. È così che Amka e CSC - Caffè Speciali Certificati hanno deciso di offrire il 14 febbraio a tutti gli Innamorati del caffè, il frutto del progetto comune in Guatemala che, nell’arco di due anni, ha permesso di produrre un caffè di alta qualità attraverso il progetto sociale doña Lucero. Da assaporare cogliendone l’aroma piacevole e complesso, ma soprattutto gustando la gioia per le nuove opportunità che si aprono alle sue protagoniste.
«Le donne guatemalteche combattono ogni giorno contro una serie di discriminazioni che impediscono la loro affermazione economica, personale e sociale - afferma Fabrizio Frinolli Puzzilli, presidente di Amka -. Abbiamo lavorato molto in questi due primi anni e il caffè arrivato in Italia, importato e acquistato da CSC, è il racconto del percorso di impegno e sacrificio delle 80 donne coinvolte nel progetto: donne che ci hanno creduto fino in fondo e che hanno lavorato duramente per dimostrare le loro enormi capacità come lavoratrici e produttrici. Il caffè prende il nome doña Lucero, in onore e in ricordo di Lucero, una donna guatemalteca che per più di 10 anni ha lavorato con Amka: coraggiosa, una vera guerriera. Il suo spirito e tutto quello che ci ha insegnato in tanti anni di lavoro sul campo sono dentro ogni tazzina di questo caffè, che profuma di libertà e di autonomia. Ora è importante andare avanti con questo percorso di empowerment, affinché in futuro possano raggiungere alti livelli di autonomia e diventare delle vere e proprie imprenditrici».
Una vita con il caffè
Il progetto doña Lucero ha preso il via nel 2020 nella provincia di Petatán, regione di Huehuetenango, nel Nord Ovest del Guatemala, dove la coltivazione del caffè si estende per chilometri e chilometri grazie a un suolo fertile e a condizioni climatiche favorevoli.
Il ciclo di coltivazione e lavorazione del caffè scandisce il ritmo e lo stile di vita dell’intera comunità. I tetti delle case sono piatti per accogliere i chicchi di caffè che, una volta raccolti con cura, manualmente, devono asciugare. I cortili ospitano stalle di fortuna per asini e cavalli che, soprattutto nel periodo della raccolta, accompagnano gli abitanti ai campi di caffè, che spesso distano più di un’ora di cammino su strade che non possono essere percorse con un’automobile. All’interno di ogni casa c’è un angolo adibito a piccolo laboratorio, dove vengono stoccati fertilizzanti e strumenti utili alla lavorazione delle piante e dei chicchi. All’esterno, invece, troneggiano stivali di gomma di tutte le taglie e ancora sporchi di terra, pronti per una nuova giornata nei campi.
No agli speculatori
Qui, come nella maggior parte dei Paesi produttori, i contadini non sono consapevoli della qualità dei loro prodotti, dunque sono facili prede dei cosiddetti coyotes, veri speculatori che acquistano i caffè a prezzi bassissimi per poi rivenderli alle società di esportazione. Spesso i compensi riescono a malapena a coprire le spese, ma i contadini accettano perché sono troppo poveri, perché hanno la necessità di vendere subito il raccolto e non hanno alternative, soprattutto se sono donne.
L’obiettivo (centrato) di Amka e CSC è stato quello di promuovere lo sviluppo delle capacità produttive e commerciali delle piccole produttrici: la loro formazione ha spaziato dai temi della produzione del caffè alla promozione del ruolo della donna, dalla distribuzione di materiali e prodotti agricoli all’assistenza specializzata per il miglioramento delle tecniche di coltivazione, fino alla raccolta del caffè.
I primi campioni assaggiati dagli esperti di Caffè Speciali Certificati hanno confermato l’alta qualità del raccolto, che ha meritato il bollino che il Consorzio riserva - come dice il suo nome - a caffè “speciali”, ovvero di grandissimo pregio. Grazie a ciò, le produttrici hanno ricevuto un premio cospicuo (un incremento di ricavo pari a quasi il 50%, evidenzia Amka), che dimostra come lo sforzo dato per lavorare bene, venga riconosciuto e ripagato: un incentivo a proseguire il cammino intrapreso, lasciandosi alle spalle gli speculatori.
Dalla parte delle donne
«Abbiamo seguito con grande impegno questo progetto sin dal primo giorno - dice soddisfatta Paola Goppion, presidente CSC - e siamo contenti del risultato ottenuto, da un punto di vista di qualità, ma soprattutto per il valore umano che lo accompagna. Ogni anno i responsabili del nostro Consorzio, fanno visita ai farmer dei diversi Paesi produttori: con altri soci, mi sono unita più volte a loro e ho potuto verificare di persona la grande difficoltà che per lo più la donna vive, costretta a compiere i lavori più umili, come la raccolta e la cernita manuale dei chicchi, spesso senza alcuna remunerazione, anche se il suo lavoro ha un’importanza enorme proprio per la selezione che fa del prodotto. Sovente non può possedere un terreno e durante il lavoro deve svolgere anche il ruolo di madre. Con gioia abbiamo accolto questo “caffè delle donne” e abbiamo realizzato un’etichetta di un bell’arancione carico, affinché lo si colga alla prima occhiata. Sotto un chicco stilizzato c’è la scritta Amka - doña Lucero - social development project, e a fianco il rapido racconto della peculiarità del progetto. Il caffè è stato suddiviso tra gli otto torrefattori del Consorzio, che porranno questo contrassegno sulle loro confezioni».
Lavoro e impegno
Alla domanda «Cosa vorresti che una persona sapesse sulla tazzina di caffè che sta bevendo?», la risposta pressoché unanime delle 80 donne coinvolte nel progetto è: «Che ci sono tanto lavoro e tanta fatica dietro, più di quello che si immagina».
Grazie alla differenza di prezzo offerta rispetto alla media di mercato e al supporto in fertilizzanti gratuiti, per la prima volta le donne coinvolte nel progetto si sono sentite ascoltate, riconosciute e valorizzate. Inoltre, questo progetto, sta gettando le basi per alcuni importanti cambiamenti, primo tra tutti l’indipendenza economica: il pagamento del caffè viene infatti versato alle donne, con l’obiettivo di sottolineare che sono loro a dovere beneficiare e gestire i guadagni ottenuti grazie al proprio lavoro.
Ad oggi, il gruppo che ha partecipato al progetto ha scelto di eleggere una giunta, composta da una presidentessa, Doña Juanita, e altre quattro donne. Questo rappresenta solo il primo passo del sogno più grande di costituirsi come collettivo o associazione. Forse l’impatto più importante e significativo del progetto è proprio questo: avere stimolato il desiderio di auto organizzarsi, e impegnarsi per i propri diritti e la propria indipendenza.