Medea tra Noi
Questo articolo nasce da un percorso di ricerca ed approfondimento su una tematica patologica che si annida nella mente della donna da sempre fin dalle origini greche. Presa coscienza delle molteplici ragioni morali, deontologiche, culturali, e anche l’insieme di tutte le manifestazione umane che conosciamo all’oggi. Durante questo mio percorso ho cercato di non tracciare una verità, perché non avrebbe molto senso, bensì vado a scovare un sentiero che potrebbe portare alla sorgente del problema e non solo al fiume, un bisogno di una nuova valenza euristica che non sia solo di dettame psicologico, uccisione dei propri figli da parte delle madri non e solo follia, ma è opera di un disagio sentimentale. Un amore a volte dis-voluto, un amore che sgocciola come saliva per il troppo masticare. Le ragione di questo disagio sono molto antiche, un volto omicida che parte dalla nostra più vicina Medea. Con questa ricerca ho sentito il bisogno di dare uno schiaffo al dolore, talmente potente da far scoppiare la testa. In testa mi passava sempre quel idea, di cosa sia quella cosa , materia, pensiero, che si annida nel cuore di mamma, l’eco di tutte quelle madri, che hanno ucciso i loro figli. Questo dolore attanaglia la donna da sempre, perché all’oggi si pure con i mass media a disposizioni , relazioni di processi , e sentenze, non abbiamo assistito a nessuna delle madri che abbia ucciso la prole, che sia riuscita a confessare il proprio dolore, ogni mamma ha sempre sentito un grosso fardello, cioè la voce del suo bambino soppresso. Una voce che risuona negli occhi di chi ha una ragione più profonda della semplice follia, una voce che delinea una tecnica dell’assenza da se stessi. Si può dire cosi, che la madre si smarrisce al momento dell’atto, cioè della soppressione effettiva, del omicidio materiale in cui l’atto è compiuto, in cui lo stermina. Poiché quasi sempre l’atto smentisce l’azione, l’atto è quell’immediato svanire dell’Essere per dirla con lo psichiatra francese molto conosciuto Gilles Deleuze che ha dedicato molti libri su come funzionano le macchine desideranti, al problema del corpo, alla schizoanalisi. Quindi la madre non è sulla scena nel momento in cui l’atto si compie. Ragion per cui secondo l’emerito Deleuze l’atto smentisce l’azione nel momento del suo compiersi, è quel gesto grandioso che nel suo compiersi si disapprova, disapprova l’agire stesso. E dunque la storia medicea che non sa di fatto stipare questo suo enigma eroico. Glorificato il peggio di questa storia. Ma le cose sono due: o la storia è un’immaginaria redazione esemplare delle infinite possibilità estromesse dalla arbitraria arroganza dei fatti accaduti, o è comunque un inventario di fatti senza artefici , generati dall’incoscienza dei rispettivi protagonisti in quanto perché si dia un’azione è necessario un vuoto di memoria. Delinquere è mancare, il delitto è quasi sempre il vuoto del progetto di un crimine, la realtà è sempre o quasi sempre la sua vertigine. Medea diventa l’origine di ogni madre smarrita. La sindrome di Medea diventa quell’atto che si disapprova nel momento in cui si compie disapprovandosi in pieno con il dolore efferato che attanagli il gesto uccidendo quell’effimera speranza, una madre che vive la stessa funesta tragedia, una regina di uno “Stato co-erede battagliero, e con “tras.figurata” gioia, con un occhio lieto, e , l’altro in pianto, con l’allegrezza al funerale e la tristezza alle nozze. Con gioia e duolo Medea si toglie in moglie. L’atto vendica l’agire per vendicarsi di quel torto subito, o presunto torto commesso da marito. Medea è una donna esperta in arti magiche, che fugge a Giasone, dopo aver abbandonato la sua famiglia d’origine. Ho cercato nel mio lungo studio di psicologia e psichiatria di tracciare un profilo psicologico teso a tracciare una semiotica delle visietà attraverso l’organigramma del potere, il seno materno è una macchina che produce potere, il viso in cui il bambino riconosce il delirio di onnipotenza Medea s’ingravida di tutto quel desiderio psico fisiologico di disturbo che la madre riversa sul pre-natale del suo fallimento esistenziale, a dirla con Jacques Derrida , vorrebbe lo sparire d’ogni traccia, di qualsiasi legame. Per Concludere sappiamo che il mito che lega la storia di Medea , e un mito tragico, poiché riveste una tragedia fatta del delitto più efferato, quel delitto dove le madri uccidono i loro figli, un tale gesto non si compie con l’odio, ma si riveste di un amore infelice, quell’amore che rende crudeli, i casi più noti nella bibliografia italiana che ho esaminato sono certamente il delitto di Cogne della Franzioni nel 30 gennaio del 2002, Il delitto di Santa Croce Camerina è un caso di infanticidio commesso il 29 novembre 2014 nel comune di Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa, che ha visto coinvolto Lorys Andrea Stival, un bambino di 8 anni nato il 18 giugno 2006, le due madri hanno il vuoto di memoria uno scomparire dalla scena, e tutte due sono vittime dell’amore del mito tragico forse a voi l’ardua sentenza!!! .