Le sonorità sono volutamente semplici, chiare: pochi strumenti suonati come se fossimo in una stanza con luci soffuse e poche persone, con la chitarra come elemento dominante di tutti i brani.
L’autore mette a nudo i suoi pensieri, le sue storie, le sue sofferenze usando una musicalità a tratti delicata e a tratti più decisa, che non risparmia un ritmo più incalzante dove necessario, così come nel lessico, volutamente diretto dove indispensabile.
È un disco intimo, scritto a Milano e che parla di Milano, partendo dalle sue strade, dalle sue vite, per parlare di altre strade e altre vite.
Ko Lanta è il nome di un’isola sperduta della Thailandia, ultima tappa di un viaggio fatto insieme al mio migliore amico 4 anni fa. Fu una scelta presa in spiaggia alle 4 di notte, quella di cambiare tutti i nostri programmi e terminare il nostro viaggio a Ko Lanta, una delle scelte più giuste di sempre. Un viaggio, dentro e fuori, verso una consapevolezza maggiore di se stessi, verso la libertà, lottando contro lo scorrere del tempo che lascia che le cose passino. Quando un viaggio così finisce, non puoi che portare dentro quelle sensazioni, quella VITA e sentirla ancora più forte e stretta a te.
Il disco parla di Milano, la città in cui vivo, e di me attraverso i suoi occhi: tornando verso casa, di notte, mi guardavo intorno e provavo nostalgia, paura, desiderio, a volte tristezza, ma segnavo quei pensieri che poi arrivando a casa diventavano canzoni. Ko Lanta è dentro di me, nella città, in quel brivido che vuole emergere, è tutte quelle sensazioni di libertà estrema che non vogliono “passare”. Ed eccola, la VITA che scorre, dal “viaggio” vissuto come un sogno, porti quelle sensazioni nuove nella vita di tutti i giorni, a Milano, nella stanza che hai in affitto con quella finestra che si affaccia esattamente sul naviglio Pavese. Il tempo che passa si cristallizza, così come l’amore che è “passato” per quella finestra. Così arriva la malinconia, il desiderio di quei sogni ancora lì in attesa, che guardi e osservi come un bambino, continuando a sognare. Ad un tratto diventano la tua maledizione, ti buttano giù, e senti l’ansia di non poterci mai arrivare, ma allo stesso tempo sono la tua benedizione più grande, per non rischiare di diventare ciò che non sei, chi non vuoi essere. Ed intanto il tempo scorre e trasforma tutto in ricordi. Che poi il tempo è lì, esiste, lo tocchiamo sempre e passa come tutto, ma possiamo scegliere di seguirlo, di inseguirlo o di lasciarlo scorrere senza pensarci. Un giorno ci incroceremo, ma per ora meglio VIVERE. - Mattia Pellicoro
BIOGRAFIA
Mattia Pellicoro è un giovane cantautore, classe 1991. Chitarrista da quando aveva 8 anni, nonché grande appassionato di scrittura e poesia, inizia ben presto a coniugare queste due passioni nelle canzoni. Dopo aver frequentato nel 2012 uno stage formativo per cantautori al CET di Mogol, parte per un’esperienza Erasmus in Spagna, dove nel 2014 pubblica “Noche De Erasmus” brano che gli procura una buona popolarità, e grazie al quale si esibisce in diversi club della Spagna. Lo stesso anno fonda un nuovo progetto, "Mattia Costa y Calle Club", in cui fonde i suoni pop italiani col rock ed il funky. Nel 2016 si trasferisce a Madrid, dove forma il duo di chitarra "Mattia y Andres", con cui si esibirà in molte venues della capitale iberica. Ma è solo nel 2017, anno in cui ritorna in Italia, che Pellicoro scopre la sua dimensione cantautorale ed inizia a raggiungere una maturità attraverso dei brani che richiamano la poetica e la ritmicità delle parole. Nel 2020 pubblica il singolo "La Strega", brano presentato in anteprima lo scorso anno alla finale di Area Sanremo, e che gli è valso grandi apprezzamenti da parte degli addetti ai lavori. Mattia è attualmente al lavoro sul suo primo libro, anch’esso dal titolo "Ko Lanta”.
Anticipato dal singolo “La finestra sul Naviglio”, il disco d’esordio esce il 1 aprile 2022.