Pollenzo, 11 febbraio 2022 – “Le reti di patologie sono fondamentali per assicurare un accesso equanime e di buon livello in tutto il territorio nazionale e in tutte le Regioni, per permettere un’applicazione dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA) che sono ormai l’asse portante per curare al meglio i pazienti, sia all’interno delle strutture ospedaliere, sia all’interno soprattutto della medicina del territorio”, spiega il Dottor Claudio Zanon, Direttore Scientifico di Motore Sanità per introdurre la sessione “Il valore delle reti di patologia nella medicina attuale”, alla Winter School 2022 di Pollenzo, dal titolo ‘Oltre la logica dei silos per un’offerta integrata di salute’, organizzata da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Celgene Italia e Bristol Myers Squibb. Si sono alternati i massimi esperti della sanità del nostro Paese e ognuno ha presentato i modelli delle diverse regioni per le varie patologie.
Come Gianni Amunni, Direttore Generale di ISPRO di Regione Toscana, che ha spiegato quanto sia importante la rete in Oncologia.
“Il modello a rete in oncologia ha dimostrato di essere quello più adatto a garantire prossimità, equità, omogeneità dell’offerta, governo del diritto all’innovazione e sostenibilità – spiega il Direttore di ISPRO -. Una rete consolidata è anche una condizione per affrontare con logiche di appropriatezza organizzativa le nuove sfide dell’oncologia, con particolare riferimento al tema dell’oncologia mutazionale (Molecolar Tumor Board) e soprattutto quella di una efficace integrazione tra ospedale e territorio”. Un esempio emblematico dell’importanza delle reti di patologia è rappresentato dalla leucemia mieloide cronica, in cui l’applicazione della medicina di precisione ha condotto ad una sopravvivenza dei pazienti superiore al 90% nel lungo termine.
Lo spiega il professor Gianluca Gaidano, Direttore SC Ematologia dell’AOU Maggiore della Carità Novara.
“L’efficacia delle reti di patologia è particolarmente alta nelle malattie oncoematologiche per vari motivi: il sistema a rete “hub and spoke” permette di riferire pazienti di alta complessità, quali ad esempio le leucemie acute, a centri “hub” dedicati, in un rapporto di co-gestione con i centri “spoke”; in ottica di Medicina di precisione e terapia target basata sulle caratteristiche molecolari della neoplasia, il sistema a rete permette la creazione di nodi con elevatissima specializzazione clinica e laboratoristica in uno specifico gruppo di malattie; in termini di terapie innovative, il sistema a rete permette di condividere e ampliare la disponibilità di trial clinici con farmaci innovativi non ancora entrati in uso clinico standard”.Per il diabete, Emilio Augusto Benini, Presidente FAND, presenta un nuovo modo di gestire la presa in carico delle persone con diabete che deve fare sì che non ci sia un abbandono alle cure che, oggi, in questa pandemia si attesta intorno al 25-30%.
“Oggi si presenta una opportunità irripetibile che dobbiamo saper cogliere e realizzare ed è il PNRR. Questa opportunità, che vede la missione 6 finanziata per circa 16 miliardi di euro, porterà i territori ad essere il luogo dove si curano le patologie in particolare quelle croniche, facendo sì che le persone siano curate laddove risiedono. Affinché il sistema risponda ai bisogni delle persone con diabete lo stesso dovrà rispondere a quanto espresso nella legge 115/87 e nel successivo Piano Nazionale della Malattia Diabetica. A nostro avviso, ciò significa realizzare un sistema reticolare multicentrico, il fascicolo sanitario elettronico, la telemedicina, il team diabetologico e l’integrazione con i medici di medicina generale che sono le chiavi per garantire una assistenza efficace ed efficiente”.
Aggiunge Paolo Di Bartolo, Direttore rete clinica di Diabetologia AUSL Romagna: “Il diabete è una patologia dall’elevata complessità, non a caso viene definito il prototipo della cronicità. Proprio per questo l’assistenza offerta alle persone con diabete trova la sua risposta nel modello che meglio permette di gestire la complessità, la rete assistenziale. I nodi che la compongono devono esprimere tutte le figure professionali coinvolte all’interno del percorso di cura a favore della popolazione con diabete. In questo senso, il ruolo del diabetologo è quello di ispirare, coordinare, misurare e proporre progetti di miglioramento della assistenza che la rete riesce ad esprimere. Tutte le realtà professionali coinvolte nel percorso multidisciplinare a favore delle persone con diabete (medici di medicina generale, infermieri, cardiologi, nefrologi, geriatri, oftalmologi, pediatri, podologi dietisti, psicologi, farmacisti, rappresentanti delle direzione sanitarie e gli stessi pazienti) sono chiamati a integrarsi con un approccio che vada veramente oltre alla logica dei silos, con l’obiettivo ultimo di offrire la migliore qualità di cura a garanzia della migliore qualità di vita per le persone con diabete. Tutto questo è ancor più valido se contestualizzato rispetto ai servizi sanitari che verranno offerti nello scenario che si andrà a delineare alla uscita dalla emergenza Covid, ove territorialità, integrazione, digitalizzazione e telemedicina, saranno le parole chiavi”.
Sul fronte delle malattie del cuore, l’impatto della pandemia Covid-19 ha reso sempre più evidente il ruolo cruciale delle reti di assistenza come strumento di ottimizzazione ed efficientamento dei servizi sanitari. Ne è testimonianza, nell’ambito delle reti di patologia cardiovascolare la rete per l’infarto acuto, che insieme a quella per l’ictus, rappresenta un’efficace modalità di intervento per le patologie tempo-dipendenti e per la implementazione delle raccomandazioni delle Linee Guida.
“La ripercussione sui servizi di emergenza territoriale (118), snodo centrale del sistema di rete, del carico assistenziale dovuto alla pandemia ha determinato un prezzo in termini di aumento della mortalità ospedaliera dell’infarto acuto ad ST sopraslivellato di circa 3 volte rispetto all’ultimo periodo pre-pandemico, legato ad un ritardo dell’ospedalizzazione e ad una riduzione della stessa del 26% – spiega il professore Pasquale Perrone Filardi, Presidente SIC, Professore ordinario Cardiologia Federico II, Napoli -.Parallelamente, la pandemia ha rimarcato la necessità, inserita negli indirizzi di intervento sul sistema sanitario del PNRR, di potenziamento delle reti territoriali per le patologie croniche, al fine di ridurre l’incongruo accesso alle strutture ospedaliere e di migliorare il contrasto delle patologie cardiovascolari croniche. L’implementazione di infrastrutture di supporto ai servizi sanitari da remoto (telemedicina), che possano rendere strutturale ed omogeneo il sistema di assistenza a distanza, rappresenterà una delle principali sfide per il sistema sanitario degli anni futuri”.Il concetto di rete è insito in Conacuore, il Coordinamento nazionale delle associazioni di volontariato dei cardiopatici che dalla prevenzione primaria alle cure, alla riabilitazione e prevenzione secondaria assicurano al paziente coronaropatico un percorso continuo.
“Parlando di prevenzione primaria - spiega il suo presidente Giuseppe Ciancamerla -, la rete ha come obiettivi principali le manifestazioni pubbliche di sensibilizzazione ai fattori di rischio coronarico, con un omogeneo e codificato trattamento di questi argomenti. Nel caso delle cure, la rete delle Unità coronariche e dei servizi di emodinamica ha come valori principali la distribuzione logistica e l’esperienza pluriennale, adatte a dare il migliore e più rapido trattamento al paziente acuto con infarto. La rete delle strutture di riabilitazione dovrebbe essere il fiore all’occhiello della cardiologia per riportare i pazienti ad un livello di vita il più normale possibile, superando i sensi di paura del futuro e gli errori terapeutici. Gli oltre 500 reparti di cardiologia o cardiochirurgia dovrebbero fare capo ad una cardiologia riabilitativa, ma questo si verifica solo in 220 casi, di cui 130 con letti, 60 ambulatoriali e 30 con entrambe le opzioni. Per finire, o meglio ritornare alla rete delle associazioni dei cardiopatici di Conacuore, queste realtà presenti su tutto il territorio nazionale si fanno carico del post ricovero, cioè della prevenzione secondaria, con iniziative di attività fisica, conferenze e ambulatori dedicati. Purtroppo, con la pandemia questo percorso di integrazione ha subito rallentamenti o interruzioni imposti dalle regole di sicurezza”.
Secondo Giovanni Migliore, Presidente FIASO - Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere, “le reti di patologia, pur nelle differenze dei modelli sviluppati nelle diverse regioni, assumono sempre di più la fisionomia di strumenti per la tutela della salute in tutti i suoi aspetti per target di popolazione sempre più ampi. Il management della sanità italiana, consapevole del valore aggiunto di questa evoluzione, è impegnato a garantire la massima attenzione per l’efficienza della governance e l’adozione di modelli gestionali in grado di valorizzare il contributo delle diverse comunità professionali e l’integrazione di questi strumenti nella rete dei servizi, nell’interesse della qualità e sicurezza di ciò che mettiamo a disposizione dei cittadini”.
Mara Scagni, Segretaria Regionale di Cittadinanzattiva Piemonte si appella per “una governance sanitaria inclusiva e non esclusiva e un Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) progettato non per alleggerire gli ospedali ma per riorganizzare la sanità”.