30 novembre 2021 - Con il termine amiloidosi si intende un gruppo di condizioni rare ma gravi, causate da depositi di proteine anomale, chiamate amiloidi, nei tessuti e negli organi di tutto il corpo. Vengono classificate in localizzate o sistemiche, acquisite o ereditarie. Il cuore rappresenta uno degli organi bersaglio in cui più frequentemente l’amiloide si deposita, dando luogo alla cosiddetta “amiloidosi cardiaca”.
Le forme di amiloidosi che più frequentemente coinvolgono il cuore in maniera significativa sono l’amiloidosi AL e l’amiloidosi da transtiretina (amiloidosi ATTR). In questa condizione, quanto più i depositi progrediscono, tanto più le pareti del cuore diventano spesse e rigide e la funzione contrattile peggiora. Anche le valvole cardiache e il sistema di conduzione elettrico possono essere coinvolti. Uno dei problemi principali, nell’ambito di questa patologia, è infatti quello della diagnosi tardiva.
Per fare il punto sulla gestione dell’amiloidosi cardiaca in Regione Piemonte, Motore Sanità ha organizzato un incontro sul tema dal titolo ‘Il governo clinico dell’amiloidosi cardiaca. Focus Piemonte’, con il coinvolgimento dei principali esperti di questa malattia rara, trattando soprattutto il tema del percorso del paziente affetto da amiloidosi cardiaca, composto dal momento della diagnosi, della presa in carico, delle indicazioni terapeutiche e del follow up.
“Il modello della regione Piemonte sta cambiando perché, per molti anni, abbiamo parlato di Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA), ma dobbiamo parlare molto più di Percorsi di Salute, che fondamentalmente devono partire dal viaggio del paziente dal domicilio, accompagnarlo anche nell’ambito del percorso di cure e riportarlo al domicilio, avendo sempre al centro la persona assistita”, ha spiegato Franco Ripa, Dirigente Responsabile Programmazione Sanitaria e Socio-sanitaria, Regione Piemonte. “È chiaro che dobbiamo andare a vedere i singoli setting. Noi abbiamo in Piemonte una Rete di malattie rare importante che è anche interregionale perché interessa la Valle d’Aosta. Lo sforzo che dobbiamo fare tutti è andare a vedere che cosa è appropriato dal punto di vista sanitario, discorso che include anche i farmaci costo-efficaci che hanno un beneficio in termini di salute. In caso contrario entreremmo in un discorso di insostenibilità del sistema, che non conviene a nessuno. Bisogna aiutarsi fra professionisti, a livello delle discipline, della cultura manageriale e professionale. Abbiamo anche difficoltà di comunicazione. Credo che trovando una meditazione tra questi livelli riusciremmo a migliorare il percorso del paziente, per arrivare a migliorare la sua situazione dal punto di vista della salute”.
Ha parlato di bisogni dei pazienti anche Andrea Vaccari, Presidente fAMY: “La nostra Associazione parte da una famiglia amiloidosi ed è nata circa 13 anni fa, quando ho iniziato ad avere dei problemi all’età di 38 anni. Dal momento che sono anche un paziente con un interessamento cardiaco, oculare e neuropatico, un paio di anni fa abbiamo deciso di interessarci inoltre alle amiloidosi “wild type”, che hanno le stesse problematiche di infiltrazione a livello cardiomiopatico. Si utilizzano praticamente gli stessi farmaci, le problematiche sono le stesse, così come gli stessi sono i medici, di conseguenza siamo orientati anche verso questa esigenza. All’epoca la malattia anche in Italia era sì conosciuta, ma ci trovavamo di fronte alla mancanza di farmaci. La situazione ad oggi è cambiata: i farmaci ci sono, ci sono aziende farmaceutiche che sono interessate alla nostra patologia e questo è una sorta di sogno perché non mi sarei mai aspettato che in una decina di anni ci fossero dei riscontri del genere. È il momento quindi di fare del tam-tam e di coinvolgere i pazienti con amiloidosi di transtiretina ereditaria - stimati in circa 500 pazienti, la malattia è estremamente rara - e altri pazienti con amiloidosi wild type. Bisogna lavorare con i medici, le istituzioni, le aziende farmaceutiche per cercare di creare attenzione su questa malattia che, potenzialmente, interessa 25-30mila pazienti in Italia e per la quale è fondamentale intervenire nel suo stadio iniziale. Purtroppo moltissimi pazienti si trovano in uno stadio avanzato, dove la loro qualità di vita è molto compromessa. Bisogna accelerare quando si va a fare una scintigrafia, occorre avere una diagnosi della malattia in tempi stretti e anche avere un accesso ai farmaci in tempi rapidi. Noi come Associazione cerchiamo di favorire tutto questo, intervenendo anche con le aziende farmaceutiche. Siamo di grosso supporto ai pazienti e cerchiamo di fare il possibile”.