Brusciano-USA 11 Settembre 2001 Luigi Terracciano fra i “First Responder”. (Scritto da Antonio Castaldo)
Dopo venti anni dagli attentati terroristici internazionali al World Trade Center di New York con 2977 vittime, si continuano a contare ancora le vite prematuramente spezzate per le sopraggiunte malattie dei “firts responder”, i soccorritori accorsi al Ground Zero dopo il crollo delle Torri Gemelle dell’11 Settembre 2001.
Quel giorno 19 terroristi di Al Qaeda dirottarono quattro aerei di linea: il volo American Airlines 11 sulla Torre Nord ed il volo United Airlines 175 sulla Torre Sud del World Trade di New York; il volo American Airlines 77 sul Pentagono sede del Dipartimento della Difesa in Virginia; il volo United Airlines 93 fatto dirigere verso Washington e che con il sacrificio dei rivoltosi eroici passeggeri cadde nella zona di Shankville in Pensilvania.
Ad oggi sono 3496 le persone decedute, secondo il “World Trade Center Health Program”, dopo essersi ammalate negli anni successivi alla loro esposizione agli effetti tossici delle distrutte Torri Gemelle i cui materiali da costruzione, apparecchiature elettroniche, impianti ed arredi, nei pochi secondi del crollo del World Trade Center, vennero polverizzati e sparsi per tutta l’area del distretto finanziario di Lower Manhattan addensandosi nell’epicentro di Ground Zero.
Per evitare l’uso dell’espressione “Ground Zero” che tecnicamente designa l’epicentro dell’esplosione di una bomba, i soccorritori coniarono il termine “The Pile”, “Il Mucchio” per indicare l’accumulo della collinetta di detriti di 1,8 milioni di tonnellate di rottami conseguentemente formtasi al crollo del World Trade Center.
I volontari erano organizzati in “Bucket Brigades” le “Brigate dei Secchi”, i quali si passavano l’un l’altro secchi da 5 galloni pieni di detriti destinati alla successiva linea degli investigatori setaccianti tali detriti alla ricerca di prove e resti umani. Per farsi un’idea basta dare uno sguardo all’inedito documento visivo postato l’11 Settembre 2021 da VidiArcheology ricordando il proprio amico, Ed Smiths, intitolato “911 Ground Zero Bucket Brigade Private Photo Collection all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=vqhSGUvmxBQ.
In quei giorni fra tali speciali soccorritori giunti a Ground Zero era presente anche l’italiano, bruscianese, Luigi Terracciano, nato a Brusciano il 6 febbraio 1960, la cui testimonianza è stata raccolta dal sociologo e giornalista Antonio Castaldo per IESUS Istituto Europeo di Scienze Umane e Sociali. Entrambi si sono ritrovati a Brusciano, nel pomeriggio dell’11 Settembre 2021, a commemorare a modo loro, il “Ventennale dell’11 Settembre”, con ramoscelli di ulivo e le bandierine dell’Italia e degli Stati Uniti d’America, seduti presso la statua di Ermes il “Messaggero degli Dei” in Piazza XI Settembre con un pensiero rivolto alle vittime e agli eroi di quei tragici avvenimenti.
Luigi Terracciano: «Negli anni ’90 lasciai Brusciano per recarmi in Messico dove trascorsi 6,7 anni. Ero da circa 2 anni a San Francisco, in California, dove continuavo a lavorare presso vari locali con la mia attività di piano bar, con permessi provvisori da rinnovare periodicamente. Costernati apprendemmo della notizia degli attentati terroristici dell’11 settembre. Dolore e lutto attraversarono da costa a costa gli Stati Uniti con questo inedito sentimento: “America under attack”. Dopo alcuni giorni avrei dovuto rinnovare il mio permesso di soggiorno, Su indicazioni di miei conoscenti mi recai ad un ufficio di patronato dove formalizzai la mia domanda per prestare opera di volontario presso il Ground Zero delle Torri Gemelle a New York.
Insieme ad altri volontari ci portarono in pullman a Las Vegas e poi in aereo a New York dove ci sistemarono in alloggi collettivi presso i palazzi illesi dell’area di Lower Manhattan. Era, se ben ricordo, il 20 settembre 2001. Ci assicuravano vitto, alloggio, una diaria di 24,70 dollari, per 5 ore e 40 minuti di effettivo servizio quotidiano. Sveglia alla mattina alle 5.00, vestizione con abiti speciali, maschera con filtro respiratorio, guanti e casco. Sul sito vi erano gli ingressi controllati ad accesso autorizzato ed ognuno di noi teneva una tessera di riconoscimento. Vi erano i poliziotti del NYPD ed i pompieri del FDNY, altri appartenenti a forze dell’ordine, esercito, marina, protezione civile. Ricordo la montagna di macerie, la persistenza del fumo, la luce offuscata e le figure degli operatori ancora alla ricerca di qualche eventuale fortunato sopravvissuto. Tutti gli altri, compresi noi ultimi arrivati avremmo fatto parte della catena umana di trasmissione dei secchi contenenti quanto veniva rinvenuto tra le macerie. Si facevano file di una sessantina di persone. Gli esperti erano già all’opera, per controllare il rischio chimico, altri scendevano nei profondi anfratti per trovare qualche sopravvissuto. L’elicottero dall’alto cospargeva il luogo di potente disinfettante e liquido antincendio. Ricordo di aver visto i resti umani di una donna bianca, poi quelli di un uomo di colore e persino quelli di un bambino. Si sentiva il caldo che emanava il luogo, l’aria era densa e pesante e quell’odore, che mai dimenticherò, te lo portavi addosso costantemente. Ricordo che vi erano tantissimi volontari, bianchi, neri, asiatici, anche italiani, ma i più capaci, su quelle rischiose macerie, erano i nativi Indiani d’America. A fine turno si attraversava prima una macchina scanner e poi si entrava negli spogliatoi dove tutti gli indumenti e le scarpe venivano trattenuti, dopo aver fatto la doccia ci consegnavano nuovi indumenti intimi e tute per tornare a casa. Nel tempo libero avevamo dei ticket per andare al cinema, a qualche centro di ristorazione, o altro luogo ricreativo».
Antonio Castaldo ha chiesto dei “due aerei schiantatisi sulle Totti Nord e Sud del WTC” e Luigi Terracciano ha risposto: «Riconobbi un berretto di quelli che usano gli equipaggi nei voli civili, i resti di un motore, ruote, oblò, poltrone e valigie».
A. C.: “Come era la vita fuori ed intorno a Ground Zero?” L. T.: «All’uscita, superata l’ultima barriera di transenne si incontrava il dolente muro umano dei parenti delle vittime, qualcuno chiedeva di eventuali ritrovamenti, tanti esponevano le foto dei propri cari nella speranza di poter avere informazioni e riscontrare riconoscimenti».
A. C.: “E’ mai venuto qualche rappresentante delle istituzioni?” L. T.: «Una sera ho visto da lontano il Sindaco di New York, Rudolf Giuliani, che salutava la gente e rivolgeva loro parole di incoraggiamento confidando sulla resistenza dell’America a quei gravi attentati e sulla sua sicura risposta».
Entro il 24 settembre 2001, nella stima del New York Times, era avvenuta la rimozione di più di 100.000 tonnellate di detriti da Ground Zero. La sera di quello stesso giorno Luigi Terracciano gettava la spugna. «A fine turno andai a presentare le sue dimissioni. Non riuscivo a resistere a quelle stressanti condizioni di vita lavorativa. Intanto mi giungevano dall’Italia, da Brusciano, notizie su mio padre che peggiorava nella sua salute e per questo sarebbe poi morto dopo qualche nmese. Tornai a San Francisco e dopo pochi giorni ritornai a casa in Italia. Si chiudeva un ciclo importante della mia vita».
Nel luglio del 2003 il sociologo Antonio Castaldo dal suo viaggio a New York riportava le immagini del luogo che poi dal 2006 sarebbe diventato il cantiere per il Monumentale “National September 11 Memorial & Museum” e la Torre della Libertà del “One World Trade Center” qui postate: https://www.youtube.com/watch?v=tLtghDf7bVU .
IESUS Istituto Europeo di Scienze Umane e Sociali-Brusciano NA