di Claudio
Nassisi, Dottore Commercialista e Phd in economia e socio Aidr
Per cittadinanza digitale si deve
intendere quel complesso di diritti e di doveri che, mediante gli strumenti
digitali, mettono in relazione il cittadino con la Pubblica Amministrazione. Per comprendere meglio l’argomento si
deve fare riferimento alle modifiche introdotte nel 2017 all’ormai non più attuale
versione originaria del Codice dell’Amministrazione Digitale (d.lgs. n.82 del 7
marzo 2005).
Se nella prima versione del testo le
Pubbliche Amministrazioni dovevano abbandonare le obsolete tecnologie analogiche
in luogo di quelle di nuova generazione per consentire ai singoli individui di
esercitare i propri diritti con immediatezza ed economicità, nell’ultima
versione vengono previste una serie di ulteriori strumenti che consentono di
rafforzare quanto già stabilito.
Introducendo nei principi generali del
CAD alcuni articoli, il D.lgs. n. 217 del 13 dicembre 2017, ha normativamente
definito la c.d. Carta della Cittadinanza Digitale che è articolata nei
seguenti punti:
1. diritto all’uso
delle tecnologie;
2. identità digitale
e domicilio digitale;
3. effettuazione di
pagamenti con modalità informatiche;
4. comunicazioni tra
imprese e amministrazioni pubbliche;
5. utilizzo del
domicilio digitale;
6. indice nazionale
dei domicili digitali;
7. diritto a servizi
on line semplici e integrati;
8. alfabetizzazione
informatiche dei cittadini;
9. Connettività alla
rete Internet negli uffici e luoghi pubblici;
10. partecipazione democratica
elettronica.
Tali elementi vanno ad intersecarsi
con gli obiettivi del piano triennale per l’informatica nella pubblica
amministrazione (la cui ultima versione per il 2020-2022 è stata pubblicata nel
luglio 2020) e con le linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica (in
applicazione della legge 20 agosto 2019, n. 92 recante “Introduzione dell’insegnamento
scolastico dell’educazione civica”).
Per “Cittadinanza digitale” deve
quindi intendersi anche la capacità di un individuo di avvalersi
consapevolmente e responsabilmente dei mezzi di comunicazione virtuali.
Nell’art. 5 della sopracitata Legge
sono previsti alcuni tipi di insegnamenti basilari che l’offerta formativa deve
prevedere per gli studenti:
1. analizzare l’affidabilità
delle fonti di dati, informazioni e contenuti digitali;
2. conoscere le
norme comportamentali da osservare nell'ambito dell'utilizzo delle tecnologie
digitali e dell’interazione in ambienti digitali, adattare le strategie di
comunicazione al pubblico specifico ed essere consapevoli della diversità culturale
e generazionale negli ambienti digitali;
3. creare e gestire
l’identità digitale, essere in grado di proteggere la propria reputazione,
gestire e tutelare i dati che si producono attraverso diversi strumenti
digitali, ambienti e servizi, rispettare i dati e le identità altrui;
utilizzare e condividere informazioni personali identificabili proteggendo sé stessi
e gli altri;
4. conoscere le
politiche sulla tutela della riservatezza applicate dai servizi digitali
relativamente all’uso dei dati personali;
5. essere in grado di evitare, usando tecnologie
digitali, rischi per la salute e minacce al proprio benessere fisico e
psicologico; essere in grado di proteggere se' e gli altri da eventuali
pericoli in ambienti digitali; essere consapevoli di come le tecnologie
digitali possono influire sul benessere psicofisico e sull'inclusione sociale,
con particolare attenzione ai comportamenti riconducibili al bullismo e al
cyberbullismo.
Riguardo però le effettive conoscenze dei cittadini sul digitale la
situazione proposta dalla Corte dei Conti Europea nei propri rapporti del 2021 è,
purtroppo, poco confortante.
Nel 2019, un terzo degli adulti occupati o in cerca di lavoro nell’UE,
ovvero più di 75 milioni di persone, non possedeva competenze digitali almeno
di base o non aveva mai utilizzato Internet nei tre mesi precedenti.
Secondo gli indicatori usati dalla
Commissione, nell’insieme degli Stati membri dell’UE i progressi in merito alle
competenze digitali di base sono stati scarsi negli ultimi anni. Benché gli
Stati membri dell’UE con i migliori risultati rientrino nel gruppo leader di
paesi al mondo per i quali esistono dati comparabili, gli Stati membri con i
peggiori risultati non superano i paesi in fondo alla classifica esterna all’UE.
Per quest’ultimo gruppo di Stati membri, la situazione è peggiorata
gradualmente durante il periodo compreso tra il 2015 e il 2018, il che indica
che il divario digitale non è un problema solo tra gruppi all’interno di uno
Stato membro, ma anche tra paesi con ottimi e scarsi risultati in tale settore.Per il nuovo periodo 2021‐2027, la
Commissione ha stabilito per la prima volta un obiettivo specifico di aumento
della percentuale di cittadini con competenze digitali di base, dal 56 % nel
2019 al 70 % nel 2025.
La Corte ha individuato alcune sfide
al raggiungimento di tale obiettivo, in particolare la ripartizione di importi
specifici di programmi futuri dell’UE, la definizione di sotto‐obiettivi e
traguardi intermedi per conseguire l’obiettivo, l’individuazione di progetti
mirati alle competenze digitali di base degli adulti e la valutazione coerente
delle competenze digitali per un lungo periodo di tempo in un ambiente digitale
in rapida evoluzione.
In particolare per l’Italia, l’obiettivo
principale è combattere il divario digitale di carattere socioculturale
presente nella popolazione italiana, sostenere l’inclusione digitale e favorire
lo sviluppo di competenze per le professioni del futuro. In particolare
mettendo in atto azioni per rafforzare le competenze digitali di tutti i
cittadini, fornendo strumenti di apprendimento e sviluppo personale (kit di
autovalutazione, e‐book, corsi
online) e aiutando le persone ad avvalersi dei nuovi servizi e strumenti di
cittadinanza digitale in modo attivo e responsabile.
La strada per concretizzare la
cittadinanza digitale è però ancora lunga se si guardano i risultati del
Digital Economy and Society Index (DESI) elaborato dalla Commissione Europea
per il 2020. Sfortunatamente infatti, per quanto riguarda il capitale umano, l’Italia
manifesta un grave ritardo cognitivo ed occupa l’ultima posizione. In sostanza, la
possibilità di usufruire dei diritti stabiliti dalla cd. cittadinanza digitale
deve essere messa a sistema con l’effettiva possibilità per i singoli utenti di
potersi muoversi nel mondo digitale prevedendo un sistema di insegnamento
tarato su queste nuove esigenze. Questa è proprio l’impostazione che la
Commissione Europea ha proposto nel proprio documento “Il quadro di riferimento
per le competenze digitali dei cittadini” (DigComp ultima versione 2.1 a cura
della Commissione Europea).
Fonte notizia
www.aidr.it la-cittadinanza-digitale-e-le-competenze-digitali