“Giudice per nessuno” è un libro sul dramma della giustizia negata, per colpa dell’omertà”
“Sono sempre rimasto lontano dai giochi delle correnti. Sono diventato Presidente di Tribunale solo a forza di ricorsi vinti contro il Csm”
“Tutti sapevano che il Sistema era malato. Delegittimare Palamara è, quindi, insensato”
“Per tanti magistrati Palamara ha solo scoperto l’acqua calda”Presidente Leoni, è appena uscito il suo libro “Giudice per nessuno”. Una pubblicazione fortemente voluta dall’avvocato penalista i Antonella Sotira, un’innamorata del diritto come si autodefinisce, assistente giuridica del Csm, che ha voluto aggiungere all’annuale Premio Letterario Giuridico IusArteLibri, il Ponte della Legalità, la nuova Collana editoriale IusArteLibri per l’Erudita, presentata nel primo Salotto giuridico del 2021, che è stato moderato dalla giornalista Rai Anna La Rosa. Il suo “Giudice per nessuno” inaugura la collana.Il libro, scritto nel 1989, fu pubblicato tre anni dopo da un editore che subito dopo fallì. Ora, dopo più trent’anni e grazie, ad Antonella Sotiro, che l’ha riscoperto, riprende corpo e vita. Parla della mia prima esperienza professionale a Locri, in Calabria.Non deve essere stato semplice per lei iniziare da un avamposto della ndrangheta.
Fu un battesimo di fuoco. Io, giudice inesperto, catapultato nel cuore della ndrangheta, dove imperversava la “testa del serpente”. All’inizio mi sentivo un disadattato. Quando, dopo due anni e mezzo, sono stato destinato altrove, ho capito che avevo vissuto un’esperienza impagabile.Nel libro si parla, ovviamente, dell’omertà, la piaga che rende, presumo, un giudice di e per nessuno.L’omertà è una conseguenza obbligata in tutti quei contesti, in cui ci sono persone legate fra di loro da comuni interessi e reciproci ricatti. L’omertà non è una prerogativa solo delle consorterie mafiose, anche se lì il risvolto è più drammatico, perché mette in gioco e in conto ogni volta la morte. C’è omertà nel terrorismo, nella microcriminalità, in quella dei colletti bianchi. L’omertà è fisiologica. Se uno ha subito un torto di poco conto da un boss, è evidente che si guarda bene dal denunciarlo.Chi è il giudice per nessuno?
E’ il giudice che non riesce a fare giustizia, perché nessuno parla. Perché nessuno ha il coraggio di testimoniare.Lei è sempre rimasto volutamente ai margini delle correnti che hanno preso in ostaggio la magistratura. Come è riuscito a diventare Presidente del Tribunale di Ravenna?Ho presentato la domanda nel 2017. La proposta non ebbe neppure un voto nella Commissione del Csm. Ho fatto ricorso al Tar. L’ho vinto con una sentenza che era, a dir poco, tranciante. Il Csm ha fatto appello. Ho fatto ricorso al Consiglio di Stato. Ho vinto anche quello, con una sentenza ancora più tranciante che perentoriamente affermava che io non ero stato minimamente valutato. Ho dovuto attendere altri sette mesi, prima che il Csm decidesse l’ottemperanza all’ennesima e definitiva sentenza a mio favore. Forse le ha giovato, il clima che stava cominciando a cambiare?
Guardi, proprio non lo escludo. Presidente, ha letto “Il Sistema” di Alessandro Sallusti con l’intervista all’ex Consigliere del Csm Luca Palamara?L’ho letto. Quanto alle motivazioni che hanno spinto Palamara a rilasciare l’intervista, credo che sia anche giusto che uno non debba e voglia passare per capro espiatorio e pagare per una cultura che era ormai dilagata. Sul merito, è chiaro che, appartenendo l’intervistatore a un preciso campo politico, il libro non poteva non calcolare la mano su determinati aspetti, ma resta importante e non può assolutamente essere trascurato. Il Csm dovrebbe procedere a istruttorie minuziose e dettagliate. Dovrebbe anche andare a chiedere conto alle persone citate, ai protagonisti degli episodi più scabrosi, sulla veridicità delle accuse. Delegittimare Palamara, come uno che attenta all’onore dei magistrati, non ha senso. Stiamo parlando di un Sistema malato, dove venivano commessi dei reati, come l’abuso di ufficio, dove venivano commessi dei crimini e dove c’è un pentito. Tecnicamente Palamara è un pentito. Nei processi di mafia i pentiti vengono ascoltati e poi si cercano i riscontri. Non vedo perché non si debba fare la stessa cosa per Palamara.
di Antonello Sette, per gentile concessione di SprayNews