Pizzolante, ha letto le rivelazioni di Luca Palamara nel libro intervista di Alessandro Sallusti?
Sì, e devo dire che molte cose già si sapevano, ma nessuno le aveva mai raccontate con tanta dovizia di particolari e con la conoscenza diretta di un protagonista assoluto del Sistema quale è stato Luca Palamara. L’ex Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati non racconta una giustizia in crisi, ma una democrazia tramortita dalla rottura di ogni equilibrio di potere e dal dominio, non della magistratura nel suo complesso ma delle procure sulla vita democratica.
Quindi non è più la politica a farla da padrona?
La politica è completamente dominata. La politica è stata atterrita, la politica non esiste. Il potere è in testa alle procure. Un tempo le correnti della magistratura erano collaterali alla politica. Una corrente, in particolare, Magistratura Democratica, è stata una forza collaterale al Partito Comunista e, a seguire, a Pds, Ds e Pd. Una cinghia di trasmissione molto potente. Dopo Tangentopoli, i ruoli si sono invertiti e il Pd è diventato la cinghia di trasmissione di Magistratura Democratica dentro il Parlamento. A quel punto, tutte le correnti, non solo Magistratura Democratica, hanno partecipato alla costruzione di un nuovo equilibrio che mette al centro il primato del potere giudiziario, rispetto a ogni altro potere. Tutte le correnti interne alla magistratura, di sinistra, di centro e di destra, si sono accomodate dentro questo nuovo equilibrio e sulla fortificazione del potere acquisito.
Uno strapotere che ha messo ai margini i poteri dello Stato.
Con il Sistema descritto da Palamara è del tutto evidente che i partiti sono diventati collaterali allo strapotere delle procure. Questo significa che è saltato ogni equilibrio democratico, con la subordinazione del potere legislativo della politica al potere giudiziario. E, dentro il potere giudiziario, con il dominio delle procure e dell’accusa sui tribunali. E’ un potere, che prescinde dai tribunali, dalle sentenze, dal secondo e terzo grado di giudizio. Uno strapotere galvanizzato da quella che Palamara chiama la regola del tre. Un pubblico ministero, un giornalista amico e un partito di riferimento, messi insieme, creano un potere che supera quello del Parlamento e del Governo. La stampa tace, perché del Sistema è stata complice. I partiti non hanno capito che non è in discussione il funzionamento democratico della giustizia, ma la democrazia stessa, perché è saltato l’equilibrio fra i poteri previsto dalla Costituzione. E che i due poteri succubi, il legislativo e l’esecutivo, sono diventati ostaggi di un potere infinitamente superiore. Quello delle procure.
La politica è rimasta a guardare?
La politica è diventata secondaria. I patti sono stretti autonomamente dentro la magistratura. Nella nomina dei capi delle procure e anche dei tribunali il potere politico è solo una sponda, non ordina, ma è solo complice. Le correnti della magistratura diventano le protagoniste di una democrazia distorta e asservita.
Nel libro si parla sempre di procuratori e di pubblici ministeri. Mai di tribunali e organi giudicanti.
I ruoli fondamentali, intorno ai quali è nato, cresciuto e proliferato il correntismo, sono quelli dei capi e degli aggiunti delle procure. I centri di potere sono solo ed esclusivamente le procure. Un potere preventivo e assoluto, che opera, a suo piacimento, prima ancora che inizi il processo. Un potere che chiede al giornalista amico di enfatizzare l’accusa e a un partito politico di fare da palo. Scegliendo, nel corso del tempo, fra i partiti, a vario titolo, giustizialisti, a partire da Pci, Pds, Ds, Pd, passando da una parte di Alleanza Nazionale per arrivare ai Cinquestelle, che hanno raccolto tutto quello che si poteva raccogliere di questo andazzo. La regola del tre non aspetta i tribunali e i processi. Le sentenze sono emesse direttamente dalle procure. Come diceva il procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli, le sentenze, da Tangentopoli in poi, sono anticipate sui giornali. E’ lì, sui giornali, il cuore del potere, che è stato costruito.
Palamara dice che è stato attratto dalla magistratura perché, oltre al potere, regala una popolarità paragonabile a quella di un fuoriclasse del calcio…
Inseguono il potere e la popolarità. Palamara spiega di essere cresciuto nel mito di Antonio Di Pietro. Come Lei sa quanto me come il mito di Di Pietro altro non sia che il potere assoluto di fronte a tutti, presidenti del Consiglio, ministri e dirigenti di partito, la popolarità e l’ossequio dovuto. Con la complicità dei giornali, che sono stati per intero dentro queste dinamiche eversive. Perché questa è la verità, questa la definizione esatta: dinamiche eversive. “Un’eversione”, favorita da quello che Palamara chiama il regalo di Natale, l’autorinuncia alla immunità parlamentare, stabilita solennemente dall’assemblea costituente, nell’ottica del bilanciamento dei poteri. Con quella legge il Parlamento si è inchinato al potere assoluto delle procure.
Da più parti si invoca una Commissione d’inchiesta.
Una Commissione d’inchiesta temo servirà a poco. Ci vorranno anni, forse decenni, per ripristinare la cultura democratica della divisione dei poteri. Ci vorranno anni per abbattere la democratura, come l’ha chiamata Angelo Panebianco, e tornare alla democrazia costituzionale.