«L’arte ci ha fatto incontrare» così ha esordito la talentuosa pittrice Maria Brunaccini lo scorso sabato 21 settembre al vernissage della sua personale Effetti di luce sulla realtà, appuntamento di Spoleto Arte di Sgarbi. La mostra, presentata dal curatore di mostre e grandi eventi Salvo Nugnes e dal fotografo di fama internazionale Roberto Villa, amico di Pier Paolo Pasolini e di Dario Fo, è stata inaugurata con grande successo presso il caffè letterario presente nel chiostro di San Domenico, a Lamezia Terme (CT).
Al taglio del nastro era presente inoltre Caterina Grifoni, vicepresidente di FIDAPA. Nella suggestiva location, sulle cui pareti esterne sono stati proiettati i dipinti dell’artista, Maria Brunaccini ha potuto spiegare al numeroso pubblico di visitatori le motivazioni che soggiacciono all’esposizione: «Mi piace portare in vita chi non c’è più attraverso i quadri, chi da piccolo è diventato grande… Attraverso i dipinti rappresento la forza della Natura». Addentrandosi poi maggiormente nell’argomento ha dichiarato: «Dipingo i temi che ci riguardano da vicino perché la Terra ormai è al limite. Adesso ci rimane ben poco tempo. Adesso bisogna solo fare, non parlare. Tutti noi dobbiamo fare qualcosa, anche nel nostro piccolo».
Con esposta la produzione dell’ultimo decennio, Maria Brunaccini accende i riflettori tanto su grandi modelli del passato quanto su tematiche attuali come l’immigrazione, l’arteterapia, la natura, invitando il fruitore ad accogliere con consapevolezza dei valori condivisibili. Effetti di luce sulla realtà evidenzia perciò come luci e ombre, scaturite dal personale sentire, dall’osservazione e dal pensiero dell’autrice per quanto concerne il mondo reale, prendano vita attraverso i colori, i veri protagonisti delle sue opere, e parlino direttamente allo spettatore.
Spiega Villa: «Quello che la nostra Brunaccini fa è una cosa ben diversa dal solito ed è propria della pittura e della storia della pittura. È un lavoro importante, primo perché abbiamo la godibilità del lavoro da poter presentare in casa: “io espongo un’opera che piace”. L’altro aspetto, e qui è anche esplicito, è quello che rileva, trasferisce in quadro, pittura e denuncia. Quindi non c’è l’artista che sta nella sua torre d’avorio, guarda gli altri con indifferenza e totale assenza. Li guarda, capisce e mette sulla tela il suo pensiero in modo tale che questo rimanga come un perenne punto di domanda: cosa facciamo di male, cosa facciamo per eliminarlo, il perché».