Per me la gara è come dare l'esame dopo aver studiato
Matteo Simone
Lo sport è un ottimo strumento di benessere, conoscenza di se sessi e di altri, mettersi alla prova, studiare e progettare obiettivi sfidanti, difficili ma non impossibili e seguire piani e programmi per prepararsi.
Di seguito approfondiamo la conoscenza di Gessica attraverso risposte ad alcune mie domande.
Come ti definisci sportivamente? Una a cui piace fare sport e che si è ammalata di Ironman. Scherzi a parte, non mi riconosco nella parola atleta perché la vedo più adatta a descrivere chi lo fa per professione. Sono una sportiva che fa triathlon.
La tua gara più estrema o più difficile? Ho fatto una trentina di sprint, 52 olimpici, 32 medi e con domenica scorsa 9 Ironman. Ecco, c'è chi definisce l'Ironman una gara estrema ma non lo è assolutamente se uno è adeguatamente preparato. Sì, mi sono capitate gare più difficili a causa di meteo avverso. Per me meteo avverso significa pioggia e freddo. Un anno il 70.3 di Pola in Croazia è stato davvero tosto: tutta la bici sotto un temporale notevole e temperatura che si era abbassata di molto; poi corsa con tratti di strada in cui l'acqua arrivava sopra la caviglia. L'ironman di Vichy anche è stato tosto: mi ero preparata per i 2400m di dislivello ma farli sotto la pioggia e con 12 gradi non era stato contemplato.
La partecipazione a una gara di Ironman è davvero una grande sfida, trattasi di 3,8km di nuoto, 180km bici e maratona 42,195km corsa, tanta roba davvero ma si può fare.
La gara dove hai sperimentato le emozioni più belle? Nessuna in particolare. Faccio gare di triathlon da 19 anni. Per me la gara è come dare l'esame dopo aver studiato. Se ti sei preparato adeguatamente, la gara va. Per emozioni cosa intendi? Fisiche? A volte ho gareggiato con un qualche male o fastidio ma se sto bene, fisicamente in gara non sento più di tanto: le sensazioni fisiche le sento quando mi alleno! Emozionalmente? Forse solo dopo aver tagliato il traguardo se sono andata bene; allora sì, sono soddisfatta. Poi ci sono ricordi piacevoli durante le gare: paesaggi che si intravedono pedalando e correndo, il pubblico a bordo strada, l'abbraccio dei miei genitori finché mi hanno seguita alle gare.
Le gare diventano dei test, esami per capire la propria condizione fisica e mentale a seguito di un congruo periodo di allenamento mirato e specifico, un vero banco di prova. Gare di endurance come l’Ironman sono davvero dei lunghi viaggi dove si approfondisce la conoscenza di se stesi durante la fatica, paesaggi esterni e interni dentro di sé, ambienti particolari da approfondire la conoscenza.
Il tuo vissuto prima, durante, dopo una gara? Nei pochi giorni precedenti sto solo attenta a ciò che mangio, muovermi un po' senza però stancarmi. La sera prima ricontrollo tutto il materiale. La mattina della gara come un automa preparo e faccio la mia solita colazione, mi preparo e vado. In testa ho solo una sorta di elenco delle cose da sistemare in zona cambio. Senza quasi accorgermene mi ritrovo alla partenza. Lì di solito scambio due chiacchiere con amici o con chiunque abbia attorno.
Durante il nuoto cerco di mantenere il mio ritmo di bracciata regolare; verso la fine ripasso mentalmente le fasi del cambio.
Durante la bici, per me la frazione che richiede maggior concentrazione, cerco di non sforzare troppo, tengo d'occhio il tempo che scorre e i km per alimentarmi e bere. Mi diverto a leggere i nomi sui pettorali di quelli che mi superano o che supero.
Dopo il secondo cambio, durante la corsa, cerco di staccare la testa: se penso a quanti km devo correre potrei sentirmi già stanca; quindi, non ci penso e di nuovo controllo il mio ritmo e penso a quando prendere il gel successivo. Durante la corsa è anche divertente vedere il pubblico e se mi capita do spesso il 5 ai bimbi: son troppo carini! Taglio il traguardo e mi sento soddisfatta. Lì per lì non me ne frega nulla del tempo e della classifica; l'importante per me è aver finito stando bene. Poi dopo ovviamente sbircio la classifica e mi do il voto da sola (deformazione professionale... sono una prof).
Nelle gare di triathlon, a maggior ragione Ironman, bisogna prepararsi bene sia mentalmente, fisicamente ma soprattutto riguardo l’attrezzatura da utilizzare e da predisporre in zona cambio, per aver l’occorrente nelle frazioni di sport da fare, bici, casco, scarpette dopo il nuoto per la bici e poi scarpe da corsa per l’ultima frazione.
Quando tutto è finito ci si rende conto di ciò che si è riusciti a fare nella pratica dei tre sport e sicuramente con grande soddisfazione perché solo finire la gara è un grande risultato.
Hai sperimentato il limite nelle tue gare? No mai. I miei compagni di squadra e mio padre in primis (che è stato ciclista professionista e ha massaggiato ciclisti professionisti per oltre 40 anni) mi hanno sempre sgridata perché finisco sempre le gare senza essere stanca. Non supero mai il limite perché ho sempre il timore di poter star male o di non averne poi per finire. Io faccio sport e gare per star bene e divertirmi; non per star male!
Primo obiettivo è star bene, poi si può essere competitivi osando ma senza strafare, per restare integri a lungo con motivazione sempre elevata.
Ritieni utile lo psicologo nello sport? Sinceramente no. Adesso ci sono i mental coach; forse gli atleti ad alto livello ne hanno bisogno poiché sono spesso sotto stress ma, di nuovo, non ne capisco la vera necessità. Sarà che mio padre ha corso negli anni '60 e allora si pedalava e basta; poi dal '73 per più di 40 anni ha massaggiato ciclisti e anche grandi campioni (Mercx, Moser, Baronchelli, Argentin, Rijs, Richard, Bugno, Bartoli, Cipollini, Scarponi, Bettini, giusto per dirne qualcuno) e questi andavano avanti con la propria grinta e voglia di vincere. Non avevano certo lo psicologo; il supporto psicologico era lo stare coi compagni di squadra, le parole e confidenze scambiate coi massaggiatori, meccanici, direttori sportivi. So che ci sono pure sportivi del mio livello che hanno il mental coach; per me sono persone insicure, che forse puntano a voler far qualcosa che ritengono sia superiore ai loro mezzi e che, una volta fatto, non tanto li farà sentire meglio, ma potranno mostrarsi agli altri sotto una luce diversa. Ora voglio chiarire che io non mi sento certo wonderwoman! Mi son sempre arrangiata a far da sola e per qualunque cosa mi son sempre detta: se c'è e c'è chi lo fa, allora lo posso fare anch'io.
Luigi Sarti (classe 1934, professionista dal 1960 al '64. Iniziò nel 1949, correndo fra gli esordienti, fra i dilettanti nel '53 e fra i professionisti nel settembre del '60. Due vittorie nel '62, una in volata su Bruni e Nencini nel Circuito di Cotignola e l'altra al Giro di Reggio Calabria, in solitudine. Nel '64 la scelta di smettere, a trent'anni ma poco dopo un amico gli consigliò di frequentare un corso per massaggiatore e nel 1971 l'inizio di una nuova avventura (https://www.museociclismo.it/content/articoli/10560-Luigi-Sarti/index.html).
Sogni realizzati e da realizzare? Quando cominciai a fare triathlon mi chiesi ‘chissà se mai potrò vincere una gara!’. Poi mi capitò di vincere un olimpico e uno sprint. Seguirono poi anche altri podi assoluti e molti di categoria. Poi mi son data ai mezzi Ironman e mi feci la stessa domanda. E pure un mezzo sono riuscita a vincerlo. Ho fatto altri podi assoluti in mezzi in Italia, poi 5 podi di categoria nei 70.3 Ironman e 2 nei Challenge. A quel punto ho alzato l'asticella: potrò mai salire su un podio di categoria Ironman? Sì, ce l'ho fatta! Per due volte: prima in Polonia e terza domenica scorsa a Francoforte. Ho anche un PB di 10 ore e 50 minuti che mi inorgoglisce un pochino. Quando ho iniziato a fare Ironman (nel 2017) speravo di prendere la ‘slot' per i mondiali anche se poi sapevo bene che per motivi di lavoro non avrei potuto partecipare. Con domenica scorsa ho rinunciato alla sesta ‘slot’. Pazienza: ci andrò quando sono in pensione (se ancora terrò botta).
Domenica 18 agosto 2024, Gessica si è classificata terza di categoria F50-54, ai campionati Europei di Ironman a Francoforte con il crono di 11h33’51” (nuoto 1h17’34”, bici 5h50’33”, corsa 4h08’24”), preceduta dalle tedesche Dr. Stefanie Von Mechow 11h10’27” (1h47’13”, 5h40’23”, 3h26’51”) e Anke Werner 10h26’26” (1h21’40”, 5h11’24”, 3h43’37”).
Tra le donne ha vinto la svizzera Livia Eggler 9h19’41” (1h07’19”, 4h59’03”, 3h06’15”), precedendo due atlete tedesche Svenja Deichmann 9h38’43” (55’56”, 5h10’39”, 3h24’38”) e Marie Tertsch 9h44’03” (1h00’46”, 4h57’21”, 3h38’39”).
Il vincitore assoluto è stato il norvegese Kristian Blummenfelt 7h27’21” (46’06”, 4h03’14”, 2h32’29”), precedendo il britannico Kieran Lindars 7h32’14” (46’29”, 4h03’26”, 2h37’05”) e l’italiano Gregory Barnaby 7h33’44” (46’15”, 4h03’33”, 2h38’53”).
Prossimi obiettivi a breve, medio, lungo termine? Farò il mezzo a Cervia. Poi vedrò. Sto già pensando alla prossima stagione. Finché tengo botta e mi diverto continuo.
Ti ispiri a qualcuno? No. Seguo gare di triathlon e ciclismo, ovviamente, ma i professionisti per me sono solo da ammirare. Sarà che ho conosciuto molti ciclisti professionisti e mio padre mi ha sempre raccontato di quando correva: so che vita fanno; è il loro lavoro e hanno una dote per farlo.
Cosa dicono di te familiari, amici, colleghi di lavoro, fan? Mio padre è contento di ciò che faccio anche se è dispiaciuto del fatto che la bici è la mia frazione peggiore (purtroppo ho poco tempo per allenarmi dato che insegno matematica e fisica in una scuola superiore e da settembre a giugno ho davvero poco tempo per allenarmi in bici). Mia madre pure mi ha sempre sostenuta; si è sposata un ciclista, suo fratello ha corso nei dilettanti, due fratelli di suo padre hanno giocato a calcio in serie A. Ho una famiglia di sportivi alle spalle.
I miei amici all'inizio si stupivano di ciò che avevo cominciato a fare, sebbene fin da piccola avessi sempre nuotato, pedalato, corso, sciato e giocato anche un po' a tennis (ma non avevo mai fatto gare). Ora non ci fanno neanche più caso. Loro non sono sportivi però ancora non si capacitano del fatto che sono diventata astemia!
I miei colleghi, che mi hanno conosciuta negli ultimi 15 anni, all'inizio rimasero stupiti sapendo della mia passione; alcuni non sapevano neanche bene che tipo di gare facessi ma poi si sono poi sempre più informati sul mio sport e ora sono miei tifosi. Alcuni vengono a vedermi quando faccio l'Ironman a Cervia.
I miei alunni sanno della mia passione e ogni tanto mi chiedono come sono andata alle gare. Sono buffi i primini: ogni anno nei primi giorni di scuola noto che alcuni guardano il tatuaggio della M rossa pallinata che ho sulla spalla. Insegnando a Ravenna (a 30 km da Cervia) alcuni sanno che simbolo sia (a conferma poi ho pure tatuato Swim Bike Run all'interno dell'altro braccio); all'inizio sono trattenuti dal chiedere, anche perché la prof di matematica e fisica è sempre tra le più temute, poi nei mesi successivi anche loro a volte mi chiedono sulle gare che faccio. Il tutto contribuisce a confermare che ‘La Sarti è tosta’ (Ormai ho la fama che mi precede: entro in aula e stanno subito tutti buoni!)
Si fa quel che si può con motivazione, passione, determinazione, fiducia in sé, resilienza, programmando gare e sfide e seguendo piani di allenamenti specifici e mirati.
Ottimo esempio per tutti, adulti e allievi che se si vuole si può fare ricavandosi tempo e spazi per se stessi, per allenamenti e gare per mettersi in gioco.
Cosa dà e cosa toglie lo sport? Mi dà modo di mantenermi in forma; gli anni passano (a breve 52) e credo sia importante curare il fisico con moto e alimentazione sana. Poi dà modo di staccare dal lavoro e scaricare la testa (e io ne ho proprio bisogno a volte!). Cosa toglie? Al momento mi vien da fare solo una battuta: soldi! Ma sono soldi che spendo volentieri.
Gli allenamenti più importanti? Fino alla distanza del mezzo Ironman a mio parere è fondamentale non solo l'alternanza delle tre specialità ma gli allenamenti combinati. Per gli Ironman invece diventano importanti le settimane di carico sul volume in determinati periodi del programma con frequenti allenamenti doppi (mattina e sera) su percorsi che simulano il tracciato di gara.
La pratica di uno sport da tanto benessere fisico e mentale, una vera terapia per il corpo e la mente. Praticare tre sport insieme combinandoli significa essere davvero concentrati e focalizzati per far bene tutti e tre, incastrando allenamenti combinati.
Che significato ha per te un podio o una sconfitta? Un podio è ovviamente una grande soddisfazione non solo per il piazzamento ma perché significa che, nonostante i salti mortali che spesso mi tocca fare per trovare il tempo per allenarmi, sono riuscita a prepararmi bene: è un regalo per me stessa, per la mia autostima. Una sconfitta? Io non gareggio per vincere ma per divertirmi quindi non ci sono sconfitte per me; possono capitare gare in cui il risultato non è stato granché ma sono occasioni che mi fanno capire cosa non ha funzionato e cosa mi è mancato.
Quali sono gli ingredienti del successo? Ecco, forse questa domanda potrei anche saltarla: non definisco i risultati delle mie gare come successi. Soddisfazioni! Questa è la parola per le mie gare. Comunque penso ci voglia sempre passione per ciò che si fa, determinazione, impegno e anche un po' di sacrifici. Come si suol dire: ‘no pain, no gain’.
Grandi e vere soddisfazioni portare a termine una gara e se poi si sale sul podio ancora meglio, sale l’autostima e l’entusiasmo di continuare a impegnarsi e faticare.
Segui un piano di allenamento, programmi gli allenamenti? Sì, e me li preparo da sempre da sola. Negli anni mi son documentata leggendo libri e articoli su allenamenti e alimentazione. Ho anche sempre preso appunti degli allenamenti e gare. Ormai credo di conoscermi e so come gestirmi.
C'è qualcuno che ti incoraggia o scoraggia nelle tue imprese sportive? Decido sempre da sola quali gare fare; poi i primi a cui comunico la mia decisione sono i miei genitori. Mia madre ascolta e al massimo mi chiede ‘e quando sarebbe?’ Poi conclude con un ‘fa' mo' quello che vuoi’. Mio padre invece, il più delle volte, comicia a dire cose del tipo: ‘Ah, ci sono stato nel ... c'è una strada che va su e poi... quando feci il giro del ... nella tappa che arrivava a ...’. Con una famiglia così che altro potrei fare?
Cosa hai scoperto del tuo carattere facendo sport? Facendo sport è emerso, sotto un altro aspetto, il carattere che mi ha sempre caratterizzato durante l'adolescenza nel mio percorso di studi: mi piaceva studiare e le materie che per tanti sembravano difficili mi hanno sempre affascinata e mi son sempre piaciute. Se una cosa ti piace, la fai. È così che dopo lo scientifico ho preso la laurea in astronomia. Gli esami erano le mie gare; lo studio, gli allenamenti. Poi due lauree di specializzazione per la didattica di matematica e fisica ed ecco che sono diventata prof. Ai miei alunni dico sempre che i neuroni sono come i muscoli: se non li tieni allenati, non puoi andar bene.
La vita è bella anche se è faticosa, si può fare tutto seguendo intuito, passione, motivazione e poi ci si può girare indietro per apprezzare tutto ciò che si è riusciti a fare.
Eventuali aneddoti divertenti, tristi, bizzarri? A un 70.3 di Pescara, molti anni fa come vicina di sacche in zona cambio mi son ritrovata la Brooke di Beautiful. Invece due anni fa, alla sera, in fila a Cervia per il ‘bike check in’ ho cominciato a chiacchierare con la gente attorno tra cui un tipo inglese. Durante la gara non ci siamo mai visti; non sapevo il suo nome ma ricordavo il suo numero di pettorale. Il giorno dopo, per curiosità, ho cercato in classifica come era andato e ho così trovato il suo nome. Gli ho mandato un messaggio su Facebook giusto per salutarlo e da lì abbiamo cominciato a sentirci. Adesso mi ritrovo il compagno inglese! Assieme abbiamo già fatto due mezze maratone, due mezzi Ironman e tre Ironman e stiamo programmando la prossima stagione.
Matteo SIMONE
380-4337230 - 21163@tiscali.it
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR