di Lidia Caputo
Eleonora Duse, la sublime interprete delle opere dei maggiori drammaturghi del teatro occidentale, da Shakespeare a Ibsen, da Dumas figlio a Sardou, da Giacosa a Verga, da Augier a D’Annunzio, ha sempre esercitato su di me, fin dall’adolescenza, un grande fascino per le sue interpretazioni vibranti di malinconia, sensualità, passione, ma al contempo di intima aderenza alle emozioni dei personaggi con naturalezza e spontaneità, aldilà di ogni enfasi del teatro tradizionale e di ogni sperimentalismo delle avanguardie contemporanee. Difatti per la Duse il teatro è la vita stessa, magistralmente dimostrato in questo volume da molteplici prospettive, da quella storico-letteraria, a quella teatrale, ma in primis quella esistenziale come donna, moglie, madre, amica, amante.
Pertanto ho aderito con vivo interesse al Progetto Scientifico Nazionale “Duse Centenario”, che rende onore alla Divina Eleonora, a un secolo dalla sua scomparsa, mediante Convegni internazionali, mostre, spettacoli teatrali e prestigiose pubblicazioni. Tra queste si distingue, per originalità e completezza espositiva, la raccolta di saggi, Eleonora Duse ilmito di una dea, nella Collana Nuovo Rinascimento, Passerino Editore, 2024. Il volume collettaneo è stato ideato e curato dalla mia cara amica, giornalista e scrittrice Stefania Romito, autrice altresì di un incantevole romanzo sull’amore della giovane Duse per Arrigo Boito, Eleonora Duse, il primo amore, Passerino Editore, 2023, di cui viene presentato un avvincente capitolo, “Violabili convenzioni”, nell’ambito di questa edizione critica.
Sono lieta, altresì, di avere offerto il mio contributo per analizzare l’intenso legame di carattere artistico ed esistenziale tra Eleonora Duse e la straordinaria giornalista e scrittrice Matilde Serao, la prima donna ad aver fondato un giornale in Europa: Il Mattino di Napoli. Nel titolo del mio saggio le due artiste vengono definite «le amiche geniali» per l’influenza culturale e il rinnovamento spirituale che esercitarono in uno snodo cruciale della civiltà europea tra gli ultimi decenni del XIX secolo e i primi del XX secolo. Tra gli amici più cari di Eleonora Duse annoveriamo il filosofo e critico d’arte Angelo Conti (1860-1930), a cui Luca Siniscalco dedica il suo magistrale contributo Arte, tragedia ed estasi sul rapporto fra Angelo Conti ed Eleonora Duse. Per Conti l’Arte è l’autentica preghiera del mondo, è trait d’union fra filosofia e religione, fra concetto e vita. Il suo grande amico, Gabriele D’Annunzio, nell’introduzione al capolavoro di Angelo, La beata riva definisce l’opera artistica “come religione fatta sensibile sotto una forma vivente». In quest’opera di Conti riserva una profonda attenzione all’ambito teatrale e alla sua rinascita, probabilmente sotto l’influenza di Eleonora Duse.
Angelo Conti conobbe la Divina a Venezia, probabilmente nel 1894, e con lei intrattenne un ricco scambio epistolare tra il 1896 e il 1904. Nell’epistolario, che consta di circa sessanta missive, si coglie un sodalizio intellettuale ed emotivo profondo. La sofferenza della Duse, ipotizza Siniscalco, potrebbe essere intesa dal Conti e dalla stessa attrice come una ferita tremenda, ma affascinante. Lo scavo interiore nell’opera del filosofo diviene fulgido confronto esistenziale e culturale tra due “spiriti magni”, unità profonda ed immortale di due anime, come nell’opera d’arte.
Di notevole spessore estetico è anche il contributo Eleonora Duse:la “Divina” di Anna D’Andrea, che, dopo aver ripercorso le tappe fondamentali della difficile infanzia e adolescenza di Eleonora Duse, ne sottolinea la novità dell’interpretazione, che più che sulle parole, aveva il suo “ubi consistam” nei gesti, negli sguardi, nel corpo che si muoveva con naturalezza e armonia. L’interpretazione dusiana di Giulietta suscitò, come ricorda Anna D’Andrea, la viva ammirazione di Anton ?echov. Un altro passo fondamentale del testo della D’Andrea evidenzia l’importanza del connubio artistico ed esistenziale tra la Duse e D’Annunzio. Nel 1892 il Vate le spedì le Elegie Romane, di cui Eleonora era stata l’ispiratrice, in seguito la Divina incoraggiò il poeta D’Annunzio a scrivere per lei delle opere teatrali, tra cui Sogno di un Mattino di Primavera, Francesca da Rimini, La Gioconda, che inaugurarono una nuova stagione del teatro italiano.
Un raffinato affresco del panorama letterario di fine Ottocento, illuminato dalla figura carismatica di Eleonora Duse, ci viene offerto dal magistrale saggio di Emilio Filieri La Divina e lo Scapigliato fra poesia, eros e scena (1884-1895). In un locale storico nel cuore di Milano, frequentato da patrioti come Mazzini e Garibaldi, scrittori, come Verga, Giacosa, Praga, musicisti come Verdi, Puccini, Toscanini e Mascagni, avvenne il primo incontro, il 14 maggio 1884, tra la ventiseienne Duse, ancora sposata con Tebaldo Checchi, e il poliedrico artista scapigliato, musicista, poeta, letterato, Arrigo Boito. A fine gennaio del 1887 Eleonora e Arrigo s’incontrano di nuovo nel ristorante Cova, dopo la sublime interpretazione da parte della Duse del dramma Hedda Gabler di Ibsen. L’esistenza, che dapprima era apparsa all’intellettuale scapigliato angosciosa e fosca, s’illumina dello splendore spirituale dell’attrice, che ricambia con ardente passione il sentimento di colui che al contempo poté chiamare “Amore” e “Maestro”. Il rapporto tra i due fu fecondo per le elettive affinità, tanto che la Duse, come sottolinea Filieri, ampliò la conoscenza della letteratura e della sua cultura a tal livello, da sviluppare le doti di grande scrittrice per icasticità, freschezza e originalità espressiva. Per lei, la dolce Bumba, Arrigo tradusse in italiano i drammi shakespeariani Antonio e Cleopatra, Giulietta e Romeo, Macbeth, che Eleonora rappresentò in Italia e all’estero, riscuotendo accoglienze entusiastiche.
Emilio Filieri evoca in punta di penna l’atmosfera di mistero e il malinconico declino che avvolge questo legame, con fugaci ed appassionati incontri a causa degli impegni artistici di entrambi, incrinato dalla misteriosa presenza dell’affascinante Fanny nella vita di Boito Pertanto il 7 gennaio del 1895, Eleonora interrompe la relazione con Arrigo: “All’infuori dei baci nulla è possibile, nulla è dicibile tra noi! Né il silenzio, né il ritorno, né l’oblio, né l’assenza, né il dolore[…].
Alle vibranti notazioni psicologiche dell’articolo di Emilio Filieri, possiamo ricollegare il profondo scandaglio interiore che connota le pagine del romanzo di Stefania Romito, Eleonora Duse, il primo amore, dal quale vengono estrapolati alcuni passaggi significativi, raccolti nel volume collettaneo, con il titolo “Violabili convenzioni” dal romanzo “Eleonora Duse, il primo amore”.
Nell’atmosfera incantata di Venezia, nel novembre 1888, i due amanti s’incontrano dopo alcuni mesi di lontananza. Eleonora dichiara ad Arrigo che soavemente all’alba l’accarezza, cercando di proteggere i suoi sogni: “Non voglio dormire. Desidero godermi ogni istante con te. Sei l’uomo che ho sempre atteso. Immenso. Unico. Sei cibo per il mio cuore. Per la mia mente. Mi stai insegnando che la poesia è vita, che il teatro è vita[…]. Mi aggiravo come un’anima persa. Come una maschera in cerca del suo volto. Mi hai fatto comprendere che era proprio il mio volto che avrei dovuto indossare e non la maschera”. Come nei Bildungsroman di Goethe, l’amore di Eleonora e Arrigo fa fiorire la loro personalità in modo armonioso e vibrante, ma non distrugge i preziosi frutti dell’affetto e del rispetto reciproci, come avviene, al contrario nella passione incontenibile e violenta per il D’Annunzio, che imprimerà ferite profonde e insanabili nell’animo della Duse.
Sapientemente orchestrato su una precisa strategia artistica e sentimentale è il saggio dedicato al tentativo di Luigi Pirandello di conquistare la stima e la collaborazione di Eleonora Duse come interprete dei suoi drammi, nel coinvolgente contributo di Paolo Jachia Eleonora Duse e Luigi Pirandello un grande amore mancato. Pirandello scrisse per la grande attrice La vita che ti diedi, a lei proposto nel 1923, ma ella rifiutò di interpretare questo dramma. A parere di Paolo Jachia, che correda il suo contributo di una preziosa nota bibliografica sulla vicenda di Pirandello e della Duse, il testo pirandelliano appariva di scarso valore, offuscato dal vano tentativo di competere con “il fantasma di D’Annunzio”.
Di notevole impatto artistico ed emotivo è il contributo di Rosella Maspero Eleonora Duse fuori di sé e dentro di sé, che mette a fuoco la modalità recitativa della Duse, che coinvolge integralmente corpo e anima. La superlativa attrice riusciva veramente ad essere furi di sé, ad essere altro rispetto a se stessa, incarnando pienamente l’anima di altre donne. L’esser fuori di se stessa, l’indossare pienamente e in maniera per lei naturalmente consapevole i panni animici di qualcun altro, non è il frutto di una particolare scuola[…], bensì pare di una connaturata predisposizione. Grazie a un processo di trasformazione, la Duse conduce il pubblico all’immedesimazione e alla ricezione di emozioni forti e trasformazionali, in una forma empatica, tanto che ella, come nel dramma antico, genera dal palco misticamente una catarsi.
La grazia sublime della recitazione della Duse viene evocata anche nel contributo di Pino Sassano Nell’anno in cui versa la morte cent’anni fa di Eleonora Duse, mediante il ricordo di un grande regista, Luchino Visconti. Il regista racconta di quando, ancora ragazzo, accompagnò sua madre nel 1921 al Teatro Manzoni di Milano, per assistere alla rappresentazione de La donna del mare di Ibsen. Notevole fu lo sbigottimento del giovane Luchino nel vedere in fondo al palcoscenico una donna anziana, capelli grigi, senza sorriso. “Non parla. Non ammicca agli applausi del pubblico?[…] Chiede alla madre: “Ma che fa quella donna? ’E l’attrice, ma perché non recita?” «Zitto e ascolta», gli impone la madre. E lui obbedisce, ascolta i silenzi e le parole ed, in modo sconcertante, comprende con profonda emozione che la Duse non recita Ibsen, non interpreta Ellida, ma semplicemente, naturalmente è Ellida.
Uno straordinario afflato spirituale vibra anche nel saggio di Antonella Monaco A te divina Duse, che icasticamente descrive il mondo di Eleonora Duse come un grande palcoscenico sul quale conquista il suo spazio per appropriarsi della sua voce interiore fino a sentire l’atto del parlare in tutta la sua pienezza corporea. La Duse, in effetti, aveva il dono di saper disegnare nello spazio dialoghi meravigliosi con l’espressività del corpo[…],descrivendo, come su una tela immaginaria, colore, calore, tempo, ora, luogo, spazio, sensazioni, emozioni, atmosfere, capaci di rendere una frase “plastica e concreta”. Proprio per questo motivo si potrà permettere di recitare in italiano anche fuori del suo Paese natale, poiché la sua arte espressiva diviene lingua universale.
Proprio intorno al significato del tempo e nella capacità di continuare a vivere tra le persone, pur essendo morti prende l’abbrivio la profonda riflessione di Arjan Kallço e Jorida Tollkuçi Quando il tempo è un vero amico, in cui vengono evocati i destini intrecciati di due artisti immortali: Eleonora Duse e Gabriele D’Annunzio. Come nelle Vite parallele di Plutarco, vengono messi a confronto gli aspetti salienti della loro personalità e delle loro vicende. Lei, la “Divina”, ritenuta la più grande attrice teatrale dell’epoca in cui visse, mito del teatro italiano dall’Europa all’America. Lui, Poeta Vate, dotato di talento in un periodo difficile della storia dell’Umanità. Tra di loro sboccia l’amore, un’attrazione fatale, eppure come in meccanismo di autodifesa prevalgono egoismo, gelosie, liti, tradimenti. C’è il tempo dell’amore, dell’odio, del distacco, ma c’è anche il tempo del pentimento per D’Annunzio per aver abbandonato e tradito una donna insostituibile nella sua vita, per cui dichiara con profonda nostalgia: «Nessuna donna mi ha amato come Eleonora né prima, né dopo».
Tra gli altri contributi del volume che delineano il ruolo della Duse, alla luce delle progressive innovazioni apportate nell’immaginario collettivo, legato al mondo dell’arte pittorica e scenografica, Davide Foschi nel suo magistrale saggio, Eleonora Duse e la scintilla della rivoluzione visiva del teatro moderno, sottolinea come “la Divina Eleonora incarna l’icona assoluta dell’arte teatrale italiana […]talmente potente a livello formale e sostanziale da cambiare per sempre la storia del teatro e della recitazione”. La rappresentazione di Rosmersholm di Ibsen del 4 dicembre 1906, presso il Teatro della Pergola Di Firenze, vide l’esplosione della genialità scenografica di E.G. Craig unita alla magia interpretativa di Eleonora Duse, che cambiò per sempre il mondo della recitazione. Davide Foschi evidenzia altresì il carisma della Duse in rapporto all’arte pittorica del tempo, contribuendo al concetto della cosiddetta “trasmigrazione delle arti”. Non solo i grandi artisti, come Giovanni Boldini e Antonio Mancini sono riusciti a catturare la sua aura magnetica e la sua profonda emotività, ma molti pittori impressionisti e post-impressionisti hanno tratto ispirazione dalle sue interpretazioni per creare opere che riflettessero la stessa intensità espressiva della Divina Eleonora.
Nel prezioso e dettagliato contributo di Simone Saccomanni Il mito di Eleonora Duse attraverso le Mostre di Gerardo Guerrieri, lo studioso ricostruisce l’instancabile trentennale opera di ricerca del critico teatrale Gerardo Guerrieri che raccolse fotografie, ritratti, oggetti e documenti sulla Divina, al fine di rendere immortale la memoria della sublime artista teatrale a livello globale. Prima del 1958 non erano state mai allestite mostre su Eleonora Duse. Gerardo Guerrieri fu il primo ad organizzarle e continuò ad allestirle fino al 1986, data della sua scomparsa. Notevole risonanza dal punto di vista storico-biografico e dell’arte teatrale ebbero due mostre. La prima l’allestì nel 1958: Eleonora Duse. Mostra celebrativa nel centenario della nascita 1858-1958, presso il Museo della Scala a Milano dall’8 novembre al 31 dicembre 1958. La seconda mostra, che Gerardo Guerrieri allestì insieme a Costantino Dardi, fu ospitata nella sede espositiva di Palazzo Venezia a Roma, con il titolo Eleonora Duse e il suo mito, in sinergia con l’Ente Festival di Asolo, assume il valore di un case study per aver illustrato in modo esemplare, mediante percorsi tematici, le innovazioni apportate nell’arte recitativa del Novecento grazie alla tecnica interpretativa della grande attrice.
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oraquadra.info 2024 05 22 eleonora-duse-il-mito-di-una-dea-un-appassionante-volume-collettaneo-in-omaggio-alla-divina