Torniamo a parlare di malattia, analizzando qui un aspetto legato non all’importo dell’indennità, ma al periodo massimo di assenza dal lavoro per malattia consentito, che non sempre corrisponde a quello indennizzabile.
Periodo di Comporto
L’ordinamento italiano tutela la salute di tutti i suoi cittadini e per i lavoratori ha approntato un’apposita disciplina (art. 2110 del codice civile ) che assicuri a chi è impossibilitato a lavorare a causa di una malattia certificata:
- di conservare il posto di lavoro;
- di percepire comunque una retribuzione.
Per quanto, però, lo Stato tuteli la salute dei lavoratori, è logico che il periodo di malattia non può protrarsi all’infinito. Per questo esso è stato circoscritto in un dato lasso di tempo, durante il quale vengono garantiti i due diritti di cui sopra e che tecnicamente viene denominato periodo di comporto.
Durante questo periodo, il datore non può, quindi, licenziare il dipendente se non per giusta causa o per giustificato motivo, quale una sopravvenuta impossibilità della prestazione o cessazione totale dell’attività d’impresa.
Terminato il periodo di comporto, però, il datore di lavoro, se lo ritiene opportuno, può procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Se la legge si limita a garantire al lavoratore il periodo di comporto, la sua regolamentazione è affidata ai CCNL, che nello specifico definiscono:
- la durata del periodo di comporto;
- l’arco temporale di riferimento (solare o di calendario);
- le modalità di calcolo del periodo, a secco o per sommatoria.
Periodo di Comporto: quanto dura?
Per quanto riguarda la durata del periodo di comporto, è necessario segnalare una importante distinzione, fatta tra:
- impiegati;
- operai.
Nel primo caso, il periodo di comporto è regolato dalla legge e più precisamente dall’art. 6 del regio decreto Legge n. 1825/24 e si basa sull’anzianità di servizio, per cui esso è:
- di 3 mesi se il periodo lavorato non supera i dieci anni;
- di 6 mesi se il periodo lavorato supera i dieci anni.
Trattandosi di tempi abbastanza ristretti, si è soliti fare riferimento, nella maggior parte dei casi ai singoli CCNL. Nel secondo caso, invece, è solo a questi ultimi che si fa riferimento, che fissa la durata del periodo di comporto in 180 giorni nell’anno solare.
Indennità di Malattia
Abbiamo avuto modo di ribadire nel corso dell’articolo che il periodo di comporto serve a tutelare il lavoratore sia sotto il profilo della conservazione del posto di lavoro sia per quanto riguarda l’aspetto retributivo, garantendo un’indennità commisurata alla retribuzione globale.
A farsi carico di questa è l’Inps, spesso integrando le percentuali versate con altre fatte direttamente dal datore di lavoro, specie in alcuni contratti.
Al pari di quanto disposto dalla legge o dai CCNL, anche per l’Inps il periodo di malattia non è indennizzabile all’infinito e per questo ha stabilito una durata massima di indennità, basata sulla tipologia contrattuale, per cui:
- lavoratori con contratto a tempo indeterminato hanno diritto ad un massimo di giorni 180 giorni complessivi in un anno solare.
- lavoratori con contratto a tempo determinato, l’indennità di malattia è corrisposta per un numero di giornate pari a quelle lavorate negli ultimi 12 mesi precedenti la malattia.
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Fonte notizia
posizioniaperte.com periodo-massimo-di-malattia-tempo-indeterminato