Sembra uscita da una pellicola seppiata degli anni ’30 e, invece, Giuditta Sin - prossima guest-star del Mamì Bistrot di Rivabella - è un’artista figlia del suo tempo, talmente in linea con la contemporaneità che - quando balla - riafferma concetti di emancipazione che sono ormai incastonati nella nostra cultura.
Surreale e poetica, balla sul palco - dice - “per affermare la mia libertà e per mostrare tutta la seduzione di un’arte che è anche un po’ sogno”.
Il prossimo 7 aprile - nell’ambito della rassegna “Les Folies Circus” - sul palco di via Paolo Toscanelli Giuditta Sin - fortemente voluta da Severine Isabey - regalerà un saggio della sua raffinatissima arte.
Appassionata del movimento culturale “Fin de siècle” e dell’estetica Art Nouveau, Giuditta Sin - romana d’azione ma nel sangue una babele di etnie - trae ispirazione dalle opere simboliste, decadenti e surrealiste, dalle controverse opere di Colette e da danzatrici rivoluzionarie come loie Fuller, Isadora Duncan e Ruth St. Denis.
“Il corpo della donna - dice - è un tempio sacro, uno strumento per celebrare ed onorare la bellezza eterna della natura. Nello spogliarsi si compie un atto di liberazione del sé, un’azione simbolica che riguarda anche e soprattutto secoli di concezioni, di ideologie e di pregiudizi sul corpo della donna”.
Giuditta inizia la sua ricerca artistica da giovanissima e, alla fine, inizia a creare delle performance che rifiutano ogni possibile etichetta. Body Art? Erotic Art? Burlesque? Giuditta definisce le sue creazioni “puri atti di bellezza” e il suo lavoro - distante da ogni omologazione - si spinge sempre più verso un orizzonte performativo “puro”.
“Studio danza da quando ho cinque anni. Il corpo è sempre stato il mio naturale mezzo espressivo. Mi ispiro a queste incredibili donne, vere anticipatrici di culture che si sono affacciate molto dopo nel mondo. Soprattutto Isadora Duncan è il mio punto di riferimento. Ma quel che mi interessa e affascina di tutte loro è il costante tentativo di riportare la danza in un contesto più spirituale. Dunque una danza non solo ‘estetica’, legata all’artificio, alla forma, ma che guarda al suo significato primordiale di mezzo espressivo dello spirito”.
Musa ispiratrice di diversi fotografi e artisti di tutto il mondo (per citarne solo alcuni Angelo Cricchi, Roberto Ferri, Neil Kendall), Giuditta ha preso parte come attrice e performer a film per il cinema, videoclip musicali e produzioni teatrali. Nel coeso della sua sfolgorante carriera si è esibita su tutti i palcoscenici del mondo e, in tivù, ha partecipato anche al “Chiambretti super market”.
Da diversi anni è impegnata anche nell’insegnamento del burlesque e della danza della dea per “risvegliare il femminino sacro nelle donne e accrescerne la consapevolezza”.
“Il Burlesque ha una funzione che non esito a definire ‘rivoluzionaria’ per le donne: quella di liberarsi e provare a re-impossessarsi della propria femminilità, di viverla in modo giocoso, divertente, sereno. Credo che questo sia il segreto del successo delle scuole: la possibilità di riscoprire quella femminilità che molte donne – per il percorso di vita che hanno fatto – hanno trascurato”.