«Ho sentito parlare di Leopoldo María Panero, figlio e fratello di poeti, per la prima volta nel 1979. All’epoca avevo diciassette anni ed ero un lettore alle prime armi, disorientato: mi piaceva passeggiare per le librerie di Valencia […] Fu un innamoramento immediato; voglio dire che in quella scrittura qualcosa di immenso, audace, indecifrabile e bello mi prendeva e mi elevava».
Così Wences Ventura, curatore di Poesia e Pazzia, descrive il primo incontro con Panero. Considerato tra i più significativi poeti contemporanei spagnoli, letterato di formazione, entra per la prima volta in manicomio all’età di soli 19 anni, esperienza che lo segna per sempre, e che rappresenta il primo incontro con la follia, che diverrà una costante presenza nella sua vita. Dopo numerosi ricoveri, infatti, decide volontariamente di vivere all’interno di un ospedale psichiatrico con libertà di uscita.
Leopoldo María Panero, si distingue per il suo amore verso i libri e la letteratura. Dedito alla poesia fin dall’infanzia, non smetterà mai di leggere, scrivere, studiare, cercare una relazione, attraverso le opere, con quel mondo dal quale si è rifugiato: “Siete voi quelli in carcere, non io”. Laddove il manicomio crea esclusione, angoscia, Leopoldo reagisce scrivendo:
«Nella selva siamo caduti, nella selva oscura senza altra via d’uscita che non un buco nero per cadere soltanto e mai più rialzarsi».
È all’interno del Manicomio di Mondragón infatti, che raccoglie poesie, disegni, riflessioni degli ospiti, offrendoci una vivida testimonianza del suo tempo.La militanza antifranchista costò a Panero la prigione, dove iniziò a sviluppare una prima forma di schizofrenia. Vennero poi l’alcol e la droga a cui dedicò numerose poesie. Anticonformista, hippie, considerato tra i poeti maledetti ma, soprattutto, instancabile narratore.
L’opera originale, scritta all’interno del Manicomio di Mondragón con un’Olivetti, era un manoscritto pieno di macchie di caffè e vino. Fogli segnati dalle correzioni e bruciati dai mozziconi di sigaretta. Questo suo lavoro è raccolto in Poesia e Pazzia, tradotto in italiano da Noemi Neri, corredato dall’ultima intervista al fratello Michi Panero e dal Collage panerista desencantado che ci svela questa stravagante famiglia di poeti.
Siamo di fronte a un’antologia della follia, ma anche a un racconto intimo e biografico nascosto tra le righe. Panero socchiude la porta e ci lascia osservare uno scorcio di quella vita che scorre altrove. Così, come lui entrando e uscendo liberamente dall’ospedale psichiatrico può portare testimonianza del mondo, allo stesso modo lascia che il mondo dei pazienti esca e vada a incontrare i lettori.Stamattina mi sono svegliato alle 8.30. Mi sono vestito e poi mi sono lavato la faccia e mi sono rasato. Poi mi asciugo le mani e asciugo la faccia. Mi lavo le mani con il sapone. Esco dalla mia stanza ed entro nella sala da pranzo. Faccio colazione con caffè e una tazza di latte. Dopo vado al negozio e compro il tabacco con una scatola di fiammiferi. Poi vado nel corridoio del padiglione del Sacro Cuore di Gesù e cammino con i malati. Alle 10.30 di mattina aprono il bar e compro da mangiare e compro da bere. Alle 12.30 si mangia in sala da pranzo e poi si prende il caffè al bar. All’1 del pomeriggio si esce dal manicomio e si va nei bar o per i paesi. Si torna alle 7 di sera e si guarda la televisione. Alle 8 di sera si cena. Dopo cena si guarda la televisione o si va a letto. In camera si ascolta la radio o si legge. È così la vita in un manicomio.
Poesia e Pazzia è il prodotto della propensione creativa di Panero che va oltre la scrittura in sé. È la testimonianza di un ambiente sociale raccontato per mano di uno degli esponenti di una generazione di intellettuali attratti dall’abisso e contraddistinti dalla volontà di trasgressione.«Io, Juan Ángel Ciriano, affermo che il Sanatorio Santa Águeda, ovvero, i malati, stanno raggiungendo l’immortalità. Molti sono già immortali, e spero che come noi l’umanità raggiunga l’immortalità. Gli immortali non devono avere paura di una mitragliatrice né di un plotone di esecuzione, né della bomba atomica… perché non muoiono».
Leopoldo María Panero (Madrid 1948 - Las Palmas de Gran Canaria 2014), traduttore, narratore, saggista, è considerato tra i più significativi poeti contemporanei spagnoli. Figlio del poeta Leopoldo Panero e Felicidad Blanc, fratello dei poeti Juan Luis e Michi, studia Lettere e Filosofia a Madrid e Filologia francese a Barcellona. Negli anni '70 entra per la prima volta in un ospedale psichiatrico, e dopo ripetuti ricoveri, decide volontariamente di vivere il resto della propria vita all’interno di una struttura come ospite, con libertà di uscita. Tra le opere tradotte in italiano: Senz'arma che dia carne all'imperium (S.E.F., 2010), Peter Pan non è che un nome (Il ponte di sale, 2011), Poesia dell’intimità (Medusa, 2013).Fonte notizia
eldoctorsax.blogspot.com