Dai ricordi del fotografo Augusto De Luca.
“La pubblicazione del libro fotografico Il Palazzo di Giustizia di Roma, nel 1997, ebbe un successo così grande che TAV Treno Alta Velocità, l’anno successivo, mi commissionò una nuova opera, Firenze frammenti d’anima, che pubblicai nel 1998 sempre con Gangemi Editore, patrocinata dal Presidente della Camera dei deputati e dal Comune di Firenze, che presentammo con una splendida mostra fotografica nell’incantevole Villa Strozzi.
Per gestire con facilità il lavoro, presi in fitto un bellissimo appartamento nel cuore di quello che, indiscutibilmente, è uno dei crocevia culturali più vivi del Vecchio Continente, passaggio obbligato di ogni vero Artista.
Avevo così l’opportunità di visitare, nelle diverse ore del giorno, i vari luoghi da immortalare, valutando e scegliendo la luce che preferivo. Avevo anche la possibilità di girare la città quando era deserta, soffermandomi ed esaltando maggiormente le strutture architettoniche senza la presenza umana.
La perla toscana è sempre talmente piena di turisti – almeno prima della pandemia che ha ribaltato tutti i nostri punti fermi – da rendere quasi impossibili inquadrature prive di individui. Questo mi dava modo di restituire delle immagini prive di elementi che potessero datarle, per sottolineare la totale autonomia e sospensione temporale del luogo, come se non appartenesse a nessun tempo, simile ad un palcoscenico di un teatro dove si recita, ogni giorno, la vita di cui si intravede solo il riverbero e dove regna sovrano il silenzio.
Nell’immaginario collettivo è un’isola con un’enorme quantità di tesori: Città e Arte si fondono in una sola “idea”, dando vita al più grande museo del mondo. Camminare per i suoi vicoli suggestivi, prendere un caffè, mangiare un panino in strada, rappresenta sempre una parentesi speciale, una sosta inconsapevole di uno straordinario viaggio nella storia.
Quando mi fu chiesto di fotografarla e interpretarla, non nego che ebbi paura; paura di non riuscire a cogliere lo spirito di questa città capolavoro.
Mentre si passeggia per le sue vie piene di gente di ogni nazionalità, infatti, diventa difficile cogliere certe atmosfere e vibrazioni che rimangono sommerse e che sono rintracciabili solo all’alba, quando è avvolta dal silenzio del suo monumentale fascino.
Ho cercato, per quanto possibile, di restituirne l’aspetto più nascosto e forse più vero, attraverso i suoi eterni ed incontaminati frammenti d’anima che, nel continuo gioco tra luci ed ombre, restituiscono una veduta d’insieme frammentaria eppure completa, con richiami alla metafisica.
E, nel farlo, tenevo continuamente a mente una delle frasi che mi hanno sempre colpito del geniale intellettuale esistenzialista francese Jean-Paul Sartre:
Certe volte basta un selciato sconnesso, respirare un odore ed ecco che la città è lì, attorno a te.
Ho lavorato seguendo un processo di sottrazione, ricercando gli elementi minimali, prediligendo inquadrature dal basso verso l’alto, alternando diversi piani spaziali, giocando molto su ossimorici disequilibri tra figure e sfondo, così da esaltare armoniosamente il “tutto”, seguendo un personalissimo alfabeto linguistico, decodificabile a partire dall’osservazione del più piccolo particolare che ne celebra la magia.
Le foto sono accompagnate da intensi testi di celebri personaggi, tra cui Gino Bartali, Alessandro Benvenuti, Chiara Boni, Antonella Boralevi, Athina Cenci, Jury Chechi, Sandro Chia, Margherita Hack, Fiona May, Franco Pacini, Pierluigi Spadolini, Sergio Staino.
La prefazione è a cura di Mario Luzi e l’introduzione è di Giorgio Albertazzi”.