Conoscere queste informazioni, infatti, è utile al fine di non incorrere a sanzioni penali, in special modo l’indennità di mancato preavviso.
Cos’è un preavviso e chi è tenuto a comunicarlo? Come si presenta?
In questa guida cercheremo di dare risposta a tutti questi interrogativi, scoprendo che in realtà la disciplina del preavviso per dimissioni e il relativo calcolo dei giorni non sono poi tanto complessi. Per prima cosa, a questo punto, cerchiamo di capire cos’è il preavviso.
Cos’è il Preavviso per Dimissioni
Di fatto, il periodo di preavviso altro non è che quel periodo intercorrente tra la presentazione della domanda e il momento in cui si conclude il rapporto di lavoro.
Occorre, però, fare una precisazione. Per ‘presentazione della domandà non si intende il momento in cui il lavoratore invia la comunicazione al proprio datore, ma quello in cui quest’ultimo la riceve.
Per chiarire questo punto facciamo un esempio: io lavoratore invio la lettera di preavviso il giorno 4 marzo. La comunicazione viene ricevuta dal mio datore il giorno 6. Da quest’ultima data iniziano a decorrere i giorni di preavviso.
Anche in questo caso, però, è necessario fare una precisazione. Per quanto attiene ai giorni di decorrenza del periodo di preavviso è importante distinguere tra giorni lavorativi e i giorni di calendario. I primi sono quelli in cui si presta effettivo lavoro e in cui, di conseguenza, sono esclusi i giorni festivi e le festività. Gli altri, invece, comprendono tutti i giorni dell’anno. In ogni caso, non vanno calcolati i giorni di ferie, malattia, infortunio o maternità.
Conoscere questa differenza è fondamentale per non sbagliare. Ma come si faccio a sapere se devo prendere in riferimento gli uni o gli altri? La risposta sta nel contratto di lavoro stipulato, strumento fondamentale per conoscere termini e modalità per comunicare e calcolare i giorni di preavviso per le dimissioni.
Come si calcolano i giorni di preavviso per le dimissioni
Termini e modalità del preavviso, dunque, si possono dedurre dal CCNL applicato, ma a questo si affiancano altri parametri utili per il calcolo dei giorni. Il preavviso, infatti, è soggetto a fattori, quali, la tipologia di contratto, l’anzianità di servizio, il livello di qualifica e di inquadramento.
Si tratta di fattori in grado di incidere in maniera più o meno indicativa, nel senso che essi stabiliscono dei termini di riferimento entro i limiti dei quali datore e lavoratore possono pattuire in sede di contrattazione. Si pensi ad esempio al cosiddetto Patto di stabilità, ossia la clausola con cui viene stabilita una durata minima garantita per il preavviso a favore del datore di lavoro.
Il contratto, quindi, rappresenta sempre la base da cui partire per calcolare i giorni di preavviso necessari ai fini delle dimissioni. Qualora, invece, in questo non risulti alcun accordo a riguardo, allora sarà necessario attenersi a quanto stabilito dal CCNL del settore di riferimento.
Per una maggiore chiarezza, procediamo con un altro esempio. Prendiamo l’ipotesi di un contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato con uno studio professionale. In questo caso i fattori cui bisogna prestare maggiore attenzione sono l’anzianità e l’inquadramento, i quali, nei contratti a tempo indeterminato, sono quelli di maggiore importanza.
Supponiamo di essere inquadrati in una fascia di I livello e abbiamo un contratto di lavoro a tempo indeterminato full-time con oltre 10 anni di anzianità. In questo caso il datore potrebbe pretendere preavviso dimissioni anche di 135 giorni. Se avessimo un’anzianità di 3 anni, sarebbe di 75 giorni. Ad un livello di inquadramento inferiore, mettiamo il 5°, sarebbe di 25 giorni nel primo caso e 10 giorni nel secondo.
Come si può notare, il calcolo dei giorni di preavviso richiesti aumentano all’aumentare tanto degli anni di anzianità quanto a quelli del livello di inquadramento e questo si può spiegare in virtù di una sorta di fattore etico che sottende al preavviso e che spiegheremo a breve.
In generale si può dire che il preavviso minimo richiesto varia a seconda che si tratti di un contratto a tempo indeterminato full-time (minimo di 8 giorni fino a 5 anni di anzianità oppure 15 giorni con più di 5 anni di anzianità) o part-time (minimo 8 giorni di preavviso e più di 2 anni di anzianità oppure 4 giorni di preavviso fino a 2 anni).
Quando non è richiesto il preavviso?
Il preavviso non è obbligatorio per tutte le categorie lavorative. Se lo è, come abbiamo visto, per i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato e per quelli in apprendistato, non è invece obbligatorio per:
- per lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, per i quali è sufficiente raggiungere un accordo col datore di lavoro;
- per lavoratori che si dimettono durante il periodo in cui è in vigore il divieto di licenziamento (quello comunemente definito ‘’blocco dei licenziamenti);
- in caso di licenziamento per giusta causa ex art. 2119 del Codice Civile;
- in caso di malattia o infortunio;
- in caso di maternità.
Preavviso dimissioni: perché è dovuto?
Ragionando in termini pratici, si può immaginare cosa accadrebbe se un lavoratore si licenzia senza alcun preavviso. Oltre ai risvolti sanzionatori della vicenda, disciplinati dall’art. 2118 del Codice Civile, entrano in gioco anche fattori che potremmo definire ‘’etici’’.
Per esempio il rapporto di lavoro si concluderebbe con una rottura dei rapporti con il/i datore/i di lavoro e ciò non è una soluzione del tutto producente per il futuro.
Soprattutto il preavviso è pensato nell’ottica di consentire al datore di lavoro di trovare una persona che sostituisca il lavoratore dimissionario.
Come mandare un Preavviso di Dimissioni
Dal 2016 è possibile inviare il preavviso di dimissioni solo per via telematica sul sito dell’Inps, scaricando i moduli da compilare, potendo farsi assistere da un Caf o un Patronato.
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Fonte notizia
posizioniaperte.com come-si-calcolano-i-giorni-di-preavviso-per-dimissioni