Io Resia non la corro, la vinco
Alla seconda partecipazione consecutiva, la squadra “Team Senza Paura Roma”, organizzata dal presidente dell’Atletica La Sbarra, Andrea Di somma, puntando a fare prima di tutto una bellissima esperienza di sport di gruppo e poi cercare di essere competitivi, vince la staffetta Resia – Rosolina, 433km lungo il fiume Adige con partenza il 10 settembre 2021 ore 04.00, con il crono di 32h08’30”, precedendo Vicenza Marathon 32h17’40” e Lauf Club Pfeffersberg 33h12’40”.
Di seguito l’esperienza degli atleti, attraverso risposte ad alcune mie domande.
Ti aspettavi di vincere la staffetta Resia Rosolina?
Dorotea Lo Cascio (G.S. San Giacomo): Sinceramente no. Dopo la seconda metà ho pensato di sì.
Carlo Del Prete (Podistica Solidarietà/Tor Tre Teste Team): Sicuramente era un obbiettivo molto ambizioso che è stato preparato in maniera minuziosa. Da giugno 6 allenamenti a settimana con due bigiornalieri....quindi ci credevo fermamente nella vittoria.Peppa Randazzo (Purosangue Athletics Club): Siamo andati con l'intenzione di vincere, ma essendo scaramantica fino all'ultimo km ho continuato a dire "non succede, ma se succede…".
Fabio Giancarli (ASD Atletica La Sbarra): Siamo partiti quasi certi di voler toccare il podio. Ma come in ogni viaggio condiviso bisogna fare i conti con tutte le variabili che caratterizzano ogni percorso umano.
Andrea Di Somma (ASD Atletica La Sbarra): Ci abbiamo lavorato veramente tanto. Gli episodi negativi che avevano contraddistinto la nostra prima partecipazione lo scorso anno (l’errore di percorso di Roberto Del Negro alla seconda tappa e l’infortunio di Gianni Mulazzi alla diciannovesima) sono stati la base per una rivalsa che era necessaria. Sapevamo tutti di valere di più ed eravamo consapevoli dei nostri valori. Ognuno di noi si è sacrificato e ha dato più di ciò che serviva. Vincere non era l’unica cosa che contava per noi ma tutti hanno lavorato affinché fosse l’unico obiettivo.
Ho avuto sempre la percezione che la squadra fosse più forte dello scorso anno. Aver perso Serena Natolini a 24 ore dalla partenza della gara è stato un colpo durissimo, l’ho sempre considerata determinante in questo nostro progetto. Ludovica Baciucchi, che di fatto l’ha sostituita, è stata straordinaria non solo per le sue prestazioni atletiche, si è messa a disposizione e non c’è stato un attimo in cui non fosse sorridente. Questa sua capacità empatica di trasferire positività al resto del gruppo è stato uno dei nostri segreti per la vittoria finale. L’infortunio di Vincenzo Mariano Russo alla quinta tappa poteva essere una mazzata definitiva che però non è stata mai realmente percepita come un elemento negativo e condizionante. Poi c’erano i nostri avversari di Vicenza Marathon che erano forti, una squadra tra le migliori in Italia. Avevano vinto lo scorso anno e questo ci ha facilitato per lo studio della tattica di gara. Abbiamo studiato i loro punti deboli e ho cercato di costruire la squadra anche in funzione dell’avversario. Ne è uscita una sfida epica vinta per appena 8 minuti su oltre 32 ore di gara. Gli organizzatori erano quasi più elettrizzati di noi durante le ultime tappe, consapevoli che un equilibrio del genere difficilmente si ripeterà in futuro.
Fabrizio Spadaro (ASD Atletica La Sbarra): Personalmente quando partecipo a una competizione lo faccio sempre per provare a vincere. Poi se qualcuno è più bravo di me gli stringo la mano.
Raffaele Mastrolorenzo (ASD Atletica La Sbarra): Sinceramente? Sì, ero sicuro che avremmo vinto. Avevo questa sensazione di vittoria già da molto tempo prima che partissimo per Resia. Perché? Perché nonostante numerosi problemi e accese discussioni, piuttosto normali tuttavia durante le delicate fasi organizzative, avevamo nel complesso lavorato veramente bene, calcolando tutti gli imprevisti possibili, tenendo conto anche del dettaglio più insignificante ma soprattutto allestendo un Team misto veramente forte e competitivo, sicuramente molto più attrezzato ed esperto soprattutto vista la partecipazione di 7 atleti su 10 all’edizione precedente.
Federica Gallo (ASD Atletica La Sbarra): Le foto e i racconti dei miei compagni testimoniano che la Resia-Rosolina Relay io non l’ho corsa, ma l’ho percorsa per buona parte in sella alla mia bici, al ritmo dettato dai miei compagni. Per questo motivo non mi permetto di dire che ho vinto la staffetta, visto che il vero impegno fisico e il sudore l’hanno versato gli altri, tuttavia so che il mio contributo è stato apprezzato e si è rivelato utile per la conquista della vittoria.
Già l’anno scorso c’erano le ambizioni e i presupposti per fare bene e cercare di lottare per la vittoria ma non è stato possibile per diversi inconvenienti e imprevisti. Al Team Senza Paura, di cui facevo parte anch’io, è successo un po’ di tutto: atleta che si perdeva nel bosco, chip che volava nel lago, atleta che si è infortunato, ma i componenti erano ugualmente compatti e soddisfatti dell’esperienza e hanno deciso comunque di portare a termine l’impresa nel migliore dei modi riproponendosi di rifarsi tutti insieme l’anno successivo e cioè il 2021, ritornando più organizzati, attenti, preparati, comodi.
Quest'anno l’esperienza precedente è stata fondamentale per gli atleti che c’erano e per i nuovi attraverso i racconti e i consigli degli esperti, l’esperienza ha insegnato a prepararsi meglio, a essere più accorti, a prevedere supporto e sostegno per gli atleti come il camper, le atlete in bici, l’atleta sorridente che teneva alto il morale, l’atleta moderatore.
Un bel gruppo di atleti di diverse squadre, la maggior parte dell’Atletica La Sbarra, che hanno deciso di fare insieme questa avventura sportiva e competitiva confrontandosi e condividendo viaggi, fatiche, disavventure, gioia e vittoria. Una bella storia fatta di partecipazione, organizzazione, avventura, momenti critici, sfide, imprevisti.
Criticità, difficoltà, rischi?
Dorotea: Molto critico tutto... Poteva a succedere di tutto. Di non vedere bene di notte e cadere facendosi male, oppure di giorno il troppo caldo. La stanchezza delle ultime frazioni. Le imprevedibilità.... Tutto era al vertice del rischio.
Carlo: È una gara molto lunga e complessa che si corre anche di notte quindi le variabili sono tantissime perché basta sbagliare un cambio una svolta durante il percorso che si compromette tutta la gara. Per me la difficoltà maggiore è stata il dover correre di notte perché non lo avevo mai fatto e soprattutto all’interno di un bosco dove la visibilità è pressoché nulla. In questi frangenti sono state fondamentali le nostre cicliste che ci hanno accompagnato per tutto il percorso.
Peppa: La corsa la notte è affascinate, io ho corso una frazione con dei paesaggi meravigliosi, ma è davvero complessa, poche indicazioni, rischio di perdersi alto e anche un po' di paura, per fortuna questa volta avevamo degli angeli ad accompagnarci in bici!
Fabio: Le criticità sono soprattutto legate alle forti personalità dei partecipanti che, pur essendo una squadra coesa, ci ricordano ogni giorno vissuto fino alla disputa della gara, quanto sia fondamentale sentirsi e ascoltare. La difficoltà più grande è meditare e mediare, raggiungendo strade condivise che mettono tutti d’accordo. Ovviamente il rischio più grande è trovarsi con i pezzi di un vaso rotto, difficile da compattare. È allora che bisogna lavorare per trovarsi dinanzi alla più grande opera astratta di tutti i tempi, dove ognuno col suo contributo tirerà fuori qualcosa di unico.
Andrea: Sono dell’idea che se prepari bene una gara, in modo serio e professionale come abbiamo fatto noi, anche le peggiori criticità vengono affrontate con maggiore consapevolezza. Le incognite su una gara di 433 km che attraversa percorsi diurni e notturni totalmente differenti ed eterogenei sono infinite. Prima della gara posso dire che la preparazione tecnica è stata maniacale, abbiamo cercato di non sottovalutare nulla, comprese le cose apparentemente insignificanti. Invece da un punto di vista umano, sempre considerando la fase precedente la gara, ci sono state molte problematiche.
Gli atleti e le atlete, provenienti da cinque squadre diverse, alcune delle quali molto rivali tra loro, soprattutto a livello comunicativo hanno fatto fatica a capirsi. La gestione dei conflitti è stata molto problematica. Come spesso accade in contesti sportivi è stato il campo ad appianare tutte le divergenze: l’obiettivo comune di arrivare a Rosolina davanti a tutte le altre squadre ha preso il sopravvento e tra tutti c’è stata massima collaborazione e riconoscimento dei ruoli. Non ho visto nessuno prendere il sopravvento sui compiti di nessun’altro. Questo rispetto reciproco alla lunga è stato determinante.
Faccio un esempio: Vincenzo Mariano Russo è stato il leader umano della squadra. Collaborare con lui è stato veramente un piacere. Proveniamo da due società quasi in antitesi, abbiamo due approcci e due metodi probabilmente opposti a livello di gestione di un gruppo. Mai come in questo caso però la diversità di vedute è stata il motore che ci ha fatto accelerare nei momenti di difficoltà. Il fatto che abbia accettato le mie valutazioni tecniche mantenendo il suo ruolo di leadership nel gruppo è la migliore rappresentazione di rispetto dei ruoli all’interno di un team. Senza togliere nulla agli altri credo che lui sia stato il più felice di tutti di questa vittoria.
Fabrizio: Sicuramente in questo tipo di gare le difficoltà maggiori sono le tappe in notturna, i tempi di recupero e gli spostamenti.
Raffaele: Il rischio maggiore di cui molti si preoccupavano consisteva nel timore che le discussioni e le problematiche sorte in fase organizzativa si ripresentassero anche una volta giunti a Resia e iniziata la gara. A chi mi manifestava questa paura io però ho sempre detto che invece sarebbe andato tutto per il verso giusto e che anzi sarebbe successo l’esatto opposto. Non sono un veggente e non ho nemmeno la sfera di cristallo ma è andata proprio così: da quando lo sparo ha sancito l’inizio della gara, tutti gli atleti e gli accompagnatori si sono messi a completa disposizione del gruppo con il solo obiettivo di fare quello per cui eravamo partiti: Vincere!
Federica: Criticità sbocciavano quotidianamente prima della partenza da Roma tanto da farci tentennare fino all’ultimo: la squadra, composta da elementi appartenenti a diverse ASD, con abitudini, esigenze e aspettative ben diverse gli uni dagli altri, non era coesa, eppure dopo la partenza dalla capitale, con il trascorrere delle ore il gruppo ha iniziato a compattarsi, ognuno ha ritagliato il proprio ruolo e ha dispiegato le proprie energie a servizio della squadra.
Lo spirito di gruppo nato dall’obiettivo comune, e prim’ancora dalla condivisione di momenti allegri, di tensione, di stanchezza, dalla condivisione degli spazi, del cibo e altri oggetti, ha permesso di affrontare anche le nuove difficoltà incontrate durante la gara, come ad esempio qualche bivio non ben segnalato, una torcia che non si accendeva, un piede infortunato, un cambio turno improvvisato, i colpi di calore quando ormai tutti avevano superato il loro 30° km di corsa, per non parlare della stanchezza che ha iniziato a prevalere passate le prime 20 ore di gara.
Trattasi di una gara di gruppo differente dal solito, fuori dalla zona di confort, adattandosi l’un l’altro e cercando di andare avanti nel portare a termine l’impresa, una grande sfida con un ottimo risultato vincente. Discussioni, confronti e attriti si mettono in conto in fase organizzativa con persone-atleti molto competitivi nello sport e nella vita che vogliono mostrare il proprio, valore, coraggio ed essere considerati, tutelati, coccolati.
A volte l’ansia pre-gara da prestazione rende gli atleti nervosi e suscettibili, ma una volta messo il pettorale ci si focalizza per la gara, per il gesto atletico, per l’obiettivo di cercare di vincere considerato che c’erano le carte in regola, c’erano i valori di ogni singolo atleta, c’era un gruppo consapevole che si poteva fare.
È davvero una bella sfida questa staffetta vinta in poco più di 32 ore continuate dove gli atleti si alternavano nelle diverse ore della giornata, mattina, pranzo, pomeriggio, sera e anche di notte e non tutti sono abituati a correre di notte e nemmeno è opportuno allenarsi di notte per simulare le condizioni di gara. Inoltre è una gara particolare perché l’atleta deve sapersi gestire, non può dare tutto nella singola frazione perché da lì a qualche ora deve ricorrere e il rischio di infortunarsi o avere un calo di forma è dietro l’angolo e potrebbe compromettere la prestazione dell’intera squadra. Inoltre fondamentale è l’organizzazione attenta e minuziosa per portare ogni atleta in tempo al punto del cambio che a volte è difficile individuare non conoscendo bene il territorio.
Cosa c’è dietro una vittoria, un gruppo di persone con personalità forti e nuche comunque a disposizione del gruppo per cercare di tirare avanti la baracca cercando di portare a casa un risultato prestigioso a seguito di un periodo di allenamenti e tempo dedicato dovuto agli allenamenti mirati per tale tipo di gara che prevedeva frazioni di gara ravvicinate e quindi doppi allenamenti giornalieri per simulare la fatica e l’esperienza in gara.
Una gara che richiede una organizzazione minuziosa e persone disposte a mettersi in gioco ed essere disposti ad arrangiarsi in condizioni non di confort.Momenti e situazioni bizzarre ma che accrescono la voglia di apprendere dall’esperienza e l’esperienza precedente è servita per apprendere e imparare a organizzarsi meglio con le donne in bici a sostenere e supportare gli atleti e che donne, Serena Natolini un’atleta nazionale di ultramaratona e Federica Gallo un atleta molto avventurosa e resiliente.
Un episodio curioso, divertente, triste, bizzarro in questa staffetta?
Dorotea: L’episodio più bello? Ahaha quando ho sbagliato ristorante a Malles ed era una casa privata e quando Vincenzo si è tolto le braghe per iniziare a correre una frazione in cui per errore non siamo arrivati per tempo e doveva correre un altro.
Carlo: In una tappa notturna un atleta della mia squadra dopo aver percorso già tre frazioni, quindi giustamente distrutto dalla fatica, non si è svegliato per percorrere la sua quarta tappa. Un altro atleta della squadra si è accorto della mancanza di cambio al checkpoint e senza perdersi d'animo si è fatto prestare un paio di pantaloncini da un atleta di un'altra squadra ha preso il chip dal suo compagno ed è partito come se non ci fosse un domani.
Peppa: Hai mezza giornata? Così ti racconto 32 ore di aneddoti…. 😂 sicuramente l'arrivo di Vincenzo Russo alle 5.30 del mattino in pieno centro dormiente di Bussolengo urlando "Andiamo a vincere, andiamo a vincereeee" credo abbia svegliato l'intero paese.
Fabio: Forse l’episodio che ha coinvolto un po’ tutti ma ha interessato due di noi in particolare, è stato un passaggio difficile di comunicazione tra questi atleti, spinto fino al quasi annullamento della gara stessa. È incredibile quante vite, scelte ed esiti, dipendano da un’incomprensione.
Andrea: Roberto Del Negro regala sempre le perle migliori. Alla partenza della sua quinta frazione era così carico ed è partito così forte che al terzo passo era già col culo per terra. In quel momento ci stavano infliggendo una penalità di 8 minuti ma guardandolo in faccia come si è rialzato ho capito lì che la gara non l’avremmo persa. La sua determinazione ha trascinato gli altri. La foto della gara invece è al check point 39, l’ultimo cambio tra Carlo Del Prete e Fabrizio Spadaro. Nella tappa 39 Carlo ha definitivamente superato l’atleta di Vicenza Marathon e in quel momento tutti abbiamo compreso che quest’anno non ci sarebbe sfuggita. Ha fatto un ultimo 300 spaventoso che ha caricato noi e demoralizzato definitivamente i nostri avversari.
Per quanto mi riguarda il momento cui sono più legato è il mio arrivo al check 13. Per motivi personali non sono potuto partire con la squadra e ho raggiunto la compagnia solamente in serata al check 13. In quel momento la squadra era quarta in classifica generale, con le prime tre squadre tutte maschili e noi primi nella classifica mista. I ragazzi erano molto contenti del piazzamento però, dati alla mano, non sembrava un’impresa impossibile superare le tre squadre maschili davanti a noi. Difficile si, poco probabile forse, ma impossibile proprio no. Ho tentato di convincere tutti che era doveroso provare ad arrivare a Rosolina prima di tutti gli altri team, che avevamo lavorato sodo tutti per questo e che non sarebbe stato corretto accontentarsi di un piazzamento pensando solo alla classifica mista. Inizialmente lo scetticismo ha prevalso, soprattutto in un paio di elementi, poi però con il passare del tempo l’obiettivo che avevo posto loro è diventato sempre più realizzabile.
Quando alla tappa 30 Fabrizio è partito con 9 minuti di ritardo dall’atleta di Vicenza Marathon e ha chiuso la sua frazione ad Angiari (di quasi 9 km corsi al ritmo di 3.20/km) con meno di un minuto di svantaggio si è scatenato un entusiasmo contagioso che abbiamo mantenuto fino alla fine. Trasmettere questa mentalità è stato per me l’unico obiettivo, di questo Fabrizio è il migliore interprete che ho mai avuto in squadra e probabilmente il migliore che avrò mai. Sono certo che se avessimo vinto la classifica mista senza vincere anche la generale nessuno sarebbe stato felice e soddisfatto come in realtà è adesso.
Fabrizio: Io mi porterò sicuramente dentro il caricarci a "molla" tra me e Carlo al cambio 39 e il mio arrivo alla frazione 30 quando tutti hanno creduto veramente che potevamo vincere.
Raffaele: L’episodio che ho trovato più divertente è stato quello che si è verificato più o meno nei pressi di Verona alle prime luci dell’alba. Io avevo appena corso in notturna la mia terza frazione e avevo circa un paio d’ore per recuperare lo sforzo e rimettermi le scarpette ai piedi. Purtroppo la tanta stanchezza accumulata mi ha giocato un brutto scherzo perché mi sono addormentato e avrei continuato a dormire per ore se non fosse intervenuta Ludovica con i suoi modi gentili. Ma c’era comunque da raggiungere e in fretta la successiva zona di cambio dove intanto stava per arrivare la mia compagna di squadra. Quindi tra sogni e realtà mi metto alla guida del camper e inizio una corsa contro il tempo degna del miglior Vin Diesel. Tutto questo per far cosa? Per raggiungere la zona di cambio sbagliata! Come è andata a finire? Beh bene abbiamo vinto, ma qualcuno alle 5 del mattino ha dovuto fare qualcosa di piuttosto insolito per rimediare al mio pisolino. To be continued…
Federica: Ogni elemento della compagnia è stato protagonista di un momento che ci ha fatto ridere anche nei giorni a seguire. L’episodio che però penso sia stato il più bizzarro e divertente di tutti, è uno che purtroppo ho appreso solo dai racconti dei miei compagni, perché in quel momento stavo vivendo un momento altrettanto tragicomico sul camper: la frazione fuori programma di Vincenzo, sin dalla partenza da Sega di Cavaion dove si trovava in abiti civili alle 5:30 del mattino, fino al suo urlo di incitazione all’arrivo in piazza a Bussolengo, poco dopo le 6 del mattino, con i pantaloni già usati di un runner di una squadra avversaria.
A differenza di tutti gli altri, io ho trascorso gran parte del tempo con un solo compagno al mio fianco, quindi devo aver perso molti attimi emozionanti del gruppo, una cosa che però ricordo bene, è che ogni checkpoint, dove i frazionisti si davano il cambio, era come una festa: grida di incitamento per chi arrivava e per chi partiva, tanti sorrisi e mani alzate.
32 ore di fatica, di festa, di sorrisi, di eventi bizzarri e inaspettati, di distrazione, di resilienza che alla fine hanno portato alla vittoria e quindi restano bei ricordi con sensazioni ed emozioni intense. Vince non solo chi non sbaglia mai, chi è impeccabile, chi non si distrare, ma anche chi è resiliente, chi riesce subito a individuare un piano B, perché si può sbagliare una volta, ci può essere un imprevisto, ma bisogna avere qualcuno altro che compensi alla grande, che è più sveglio, scaltro. E comunque vincere avendo aneddoti bizzarri da raccontare è sempre più vantaggioso per far sì che lo sport non sia solo fatica, importante è poi riuscire a compensare con strategie comunque vincenti.
Una bella storia di fatica ma di gruppo che incita, motiva, sostiene, carica, stravede. Ricordi di momenti chiave dove ci si crede di poter fare qualcosa di veramente importante, voluto, sperato, dopo diversi mesi di lavoro, dopo un anno di attesa. Purtroppo le distrazioni e gli errori possono capitare a tutti ma bisogna essere pronti e scaltri a recuperare, bisogna avere pronto sempre un paino B, se una persona si distrae gli altri devono sopperire mettendoci più attenzione e monitorando anche gli altri, anche l’anno scorso c’è stata qualche distrazione ed errori, già dalla seconda frazione dove un atleta si è perso nel bosco, ma la squadra poi è rimasta compatta e decisa a continuare nonostante venivano meno le ambizioni di podio.
Quali tue capacità, risorse, caratteristiche sono state determinanti?
Dorotea: Penso che il mio pregio sia il voler far gruppo, l'ironia e la competitività... Risorse necessarie in un team.
Carlo: Sono di natura molto caparbio e se mi metto in testa una cosa la faccio non mi scoraggio quasi mai e cerco sempre di motivare i miei compagni per raggiungere l’obiettivo prefissato. Nei momenti di massima depressione riesco quasi sempre a recuperare anche un briciolo di forze per andare avanti.
Peppa: La testa, solo una testa dura può riuscire a fare tutto quello che vuole, nessun sogno è troppo lontano.
Fabio: Mi sono scoperto resistente, più di quanto immaginassi. Erano più i segnali contrastanti che quelli a favore, eppure ho osservato, ho ascoltato, ho aspettato, dando al tempo un valore nuovo: quello del "non ancora è finita".
Andrea: A questa domanda credo sia più corretto che rispondano gli altri componenti del team.
Fabrizio: Ognuno penso che abbia messo qualcosa nella spedizione. Quando fai queste gare si vince e si perde in 10. Sicuramente io posso dire di averci messo cuore, grinta e gambe.
Raffaele: Io non sono un atleta propriamente fatto per le lunghe distanze (al contrario di chi mi sta intervistando) e pertanto ho dovuto cimentarmi in allenamenti più lunghi del solito per presentarmi ai nastri di partenza al top della forma. La verità? Pensavo nonostante tutti i sacrifici estivi fatti che non sarei comunque riuscito a finire le mie 4 frazioni e invece ne ho corse addirittura 5 e tutte a ritmi più veloci di quelli preventivati. Sì, a questo punto posso dirlo: ancora non riesco a credere di essere stato così concentrato, lucido e determinato durante la mia corsa, oltre che bravo a gestire i momenti di maggior fatica e sforzo. Non per vantarmi ma stavolta sono veramente fiero di me e anche se sono quasi sempre pessimista quando valuto le mie gare adesso non posso che darmi un bell’8 pieno!
Federica: Quando Andrea prima della partenza mi aveva indicato di accompagnare in bici la squadra per almeno 7 frazioni notturne, ho subito pensato che non ce l’avrei fatta: mai pedalato così tanto a lungo senza mai scendere dalla sella, né tantomeno al buio. Comunque non mi sono persa d’animo, e prima di partire mi sono munita di tutto l’occorrente per affrontare la notte: torce abbastanza potenti, power bank per ricaricare le torce in corsa, mappe, guanti e coperture varie per non patire il freddo della notte, oltre che qualche snack e tanta acqua.
Ho iniziato ad accompagnare Peppa alle 20:30 di venerdì un po’ scettica su quanto avrei resistito, considerando che la notte prima della gara avevo dormito solo 3 ore ed ero in piedi dall’alba, ma poi mi sono tranquillizzata e man mano che passavano le tappe ho capito che riuscivo a vincere il sonno e potevo impegnarmi a lungo nell’illuminare il percorso, monitorandolo sulla mappa virtuale e cercando di evitare che i miei compagni dovessero interrompere il loro ritmo nei vari attraversamenti degli incroci. Così sono riuscita a stare in sella oltre i 100 km per 8 ore, fino le 4:30 del mattino, quando ho chiesto una breve pausa, per poter sciogliere il corpo, prima di ripartire con le tappe dell’alba.
Cosa c’è dietro una vittoria? Prima di tutto la forte motivazione che in questo caso era riscattarsi da una gara dell’anno precedente dove il livello degli atleti era altissimo e ci sono stati svariati imprevisti che hanno ostacolato la vittoria ma non la conclusione dell’impresa fino al traguardo comunque soddisfatti dell’esperienza. L’anno precedente ci sono stati imprevisti di varia natura fin dalla seconda frazione dove un atleta ha seguito un sentiero alternativo a quello di gara, andava fortissimo e il sentiero non era ben illuminato nel bosco con poca visibilità della segnaletica, altro atleta arrivato al cambio ha lanciato il cronometro nel fiume Adige e si è perso tempo prezioso per recuperarlo, altro atleta si è infortunato proprio all’inizio della sua frazione di corsa e Fabrizio ha dovuto andargli incontro e sostituirlo.
Quest’anno ci è stata più attenzione, più focalizzazione, più motivazione, più preparazione e le gambe di tutti, ognuno ha fatto la propria parte, ma non solo le gambe dei corridori ma anche le gambe di due atlete in bici che hanno pedalato per svariati chilometri in ogni ora del giorno per essere accanto agli atleti, supportarli e sostenerli nelle loro fatiche, dubbi, incertezze. Un vero lavoro di gruppo per un obiettivo di squadra. In 32 ore di gara divise per 10 atleti può succeder di tutto in base allo stato di forma e all’umore dell'atleta nelle diverse ore della giornata, e così la squadra si può ritrovare davanti o dietro per diversi motivi dovuti ai propri atleti o agli atleti delle altre squadre più o meno forti, attenti, focalizzati. Si è in gara, si è in ballo, e ballando ballando si cerca di spingere sempre di più, si cerca di cercare la prestazione migliore.
Per questo tipo di gare a squadra c’è bisogno di persone che motivano, che non si abbattono, insomma che sono resilienti e si attivano nel cercare risorse residue anche nelle difficoltà, riorganizzandosi e portando a termine la sfida. È difficile mettere insieme un gruppo di persone che non tutti si conoscono fra loro e anche se l’obiettivo è comune e condiviso si può far fatica a remare nello stesso verso, ma sta a gli altri essere bravi osservatori, pazienti, meditatori e mediatori e soprattutto resilienti facendo in modo che si trovino sempre compromessi ed equilibri per far sì che lo sport accomuni nella fatica e nel risultato di obiettivi sfidanti e ambiziosi.
Cosa e chi ha contribuito alla vittoria?
Dorotea: Alla vittoria penso abbia contribuito tutto il team gli accompagnatori e le accompagnatrici con la bici che ci hanno supportato molto soprattutto la notte che era tutto poco illuminato.
Carlo: In uno sport di squadra tutti i componenti sono fondamentali allo stesso modo perché l’ingranaggio per funzionare deve essere oliato perfettamente. Ci siamo allenati tutti duramente e ci siamo meritati questa vittoria.
Peppa: Ha contribuito l'unione, la forza, la voglia di vincere enorme e diciamolo alcuni atleti fortissimi e di alto livello che hanno fatto la differenza, ma rimane una vittoria di gruppo e di squadra, raggiunta con il contributo fondamentale di tutti anche di chi andava in bici o guidava la macchina. Fondamentale la gestione dell'organizzazione di Andrea Di Somma, la sua testa è stata fondamentale davvero.
Fabio: Mi sento di dire che il risultato è stato senza dubbio di tutti, di chi ci ha creduto, di chi voleva arrendersi, ma soprattutto di chi è riuscito a mettere da parte attriti personali per il raggiungimento dell’importante risultato, di Antonio, costretto a rinunciare e che ci ha sostenuto incoraggiato a distanza, di Serena che non ha potuto correre ma insieme a Federica, guide preziose, che con il loro costante contributo ci hanno accompagnato lungo tutto il percorso in bici. E in ultimo ma non meno importante il presidente Andrea che ci ha raggiunti in seguito, viaggiando da solo, pur di supportarci e migliorare la strategia.
Andrea: Raffaele Mastrolorenzo, Roberto Del Negro, Peppa Randazzo, Ludovica Baciucchi, Vincenzo Mariano Russo, Fabio Giancarli, Carlo Del Prete, Dorotea Lo Cascio, Massimiliano Ventre e Fabrizio Spadaro. Loro sono stati i dieci atleti in gara e loro più di tutti hanno contribuito alla vittoria. Sono stati straordinari, tutti e dieci hanno tenuto un ritmo medio inferiore al passo medio dichiarato. Sono partiti all’attacco e non hanno sbagliato una tappa. L’80% della vittoria è merito loro.
Il restante 20% mi sento di assegnarlo alle due accompagnatrici in bici che hanno seguito la squadra per 32 frazioni su 40: Federica Gallo in particolare si è fatta tutta la notte pedalando, guidando gli atleti, illuminando loro la via e garantendo un livello di sicurezza generale superiore di cui tutti abbiamo beneficiato. Federica ha percorso in bici oltre 300 km. Le ultime 14 tappe, da Verona a Rosolina, hanno rivisto con noi in bici anche Serena Natolini (atleta della nazionale di ultra maratona) che, impossibilitata a correre, non solo non ha abbandonato la squadra ma si è messa a disposizione con la massima umiltà fornendo anche consigli preziosi ai ragazzi e alle ragazze che ormai si apprestavano a correre le ultime frazioni con le poche energie e risorse rimaste. Infine Martina Di Marco che si è occupata durante la gara della gestione dei bisogni essenziali degli atleti che transitavano nel camper.
Ci sono poi persone che sono rimaste fuori da questa spedizione per diversi motivi: da Antonio Simonetti a Laura Milanese, persone importanti per il nostro gruppo. Anche loro hanno contribuito indirettamente con la loro vicinanza e impegno profuso durante le fasi precedenti.
Fabrizio: La voglia di rivalsa dello scorso anno in primis e poi le gambe di tutti noi 10. Serena e Federica fondamentali in bici. Il supporto della mia ragazza Martina di Marco nel supportarmi pre e dopo tappa.
Raffaele: Per me la vittoria non è mai qualcosa di casuale e fortuito ma è piuttosto un evento frutto della collaborazione di più persone riunite allo scopo di centrare un determinato obiettivo sportivo. Qui a Resia c’erano infatti 14 persone pronte ad aiutarsi a vicenda e a dare tutto pur di portare a casa il risultato. La vittoria è merito dei 10 atleti che hanno corso da protagonisti indiscussi, e con ritmi molto più forti di quelli ipotizzati alla vigilia, i 433 km che separano Resia da Rosolina. La vittoria è merito delle nostre due bikers che hanno accompagnato gli atleti, sia di giorno che di notte, tenendoli lontani da tutti gli imprevisti e le insidie del percorso. La vittoria è merito dei nostri due impeccabili drivers nonché geniali menti della spedizione trentina, i quali hanno coordinato e gestito in modo efficace l’intera ciurma portandola alla vittoria. Pertanto tutti sono stati indispensabili per il compimento di quest’impresa sportiva in quanto parte di un gruppo affiatato, coeso e assolutamente indistruttibile.
Federica: Tutti. Tutti i frazionisti del team “Senza Paura EMSCV” hanno speso tutte le energie necessarie per far avanzare la squadra fino al traguardo vittoriosa, e ognuno di loro ha contribuito in modo unico. C’è chi ha messo più concentrazione, chi più forza, chi più resistenza, chi allegria, chi determinazione, chi tattica, chi pazienza, chi esperienza, chi coraggio e chi grinta: è stato bello vedere questo mix dar vita all’impresa! Al loro servizio ci sono stati altri elementi chiave, fra cui il primo è Andrea Di Somma, coordinatore della squadra. Lui ha costantemente monitorato le tappe, i tempi, le medie e ha sapientemente ricalibrato i turni per ottimizzare le risorse di ognuno. Dopo il primo quarto di gara il suo arrivo sul posto ha donato un nuovo respiro alla squadra.
Poi ci siamo state noi, io e Serena Natolini, definite “le cicliste”, che abbiamo vegliato sui frazionisti per garantire loro luce, acqua, certezza del tracciato da percorrere e un po’ più di sicurezza, oltre che qualche chiacchiera di compagnia e incoraggiamento.
Ognuno si è speso per il gruppo in base alle proprie caratteristiche, risorse, capacità per ottenere la massima prestazione e cioè una vittoria che valeva anche il riscatto dalla spedizione dell’anno precedente. Una vittoria di ogni componente del gruppo che si è organizzato e preparato per presentarsi in ottima forma fisica e mentale per portare a termine il suo compito fino alla fine del fiume Adige, fino al mare di Rosolina, atleti, biker, accompagnatori, autisti, organizzatori. Ognuno ha voluto questa vittoria per sé e per la squadra, tanti momenti insieme e situazioni da ricordare che hanno insegnato a stare con glia altri, a relazionarsi con gli altri, a portare a termine una missione sfidante.
Un grande impegno per tutti i componenti del gruppo, soprattutto degli atleti che hanno corso nelle ore più varie con l’obiettivo di non dare il massimo nella singola frazione mettendo in conto che dopo alcune ore di recupero si tornava a correre a ritmi sostenuti per cercare di battersi con gli atleti di altre squadre. Essenziale è stato la vicinanza delle due atlete in bici presenti accanto all'atleta che faticava e sudava per contribuire alla meritata vittoria.
In gare di squadra è fondamentale ogni elemento, non solo atleta ma anche la mente, l’organizzatore, il sostenitore, l’accompagnatore, un vero gruppo unito dove le persone si possono anche scontrare e non essere d’accordo in qualche momento, in qualche situazione ma in testa avere sempre l’obiettivo prima di tutto di arrivare a conclusione e poi di fare il proprio massimo ognuno, sia in preparazione dell’evento, sia in gara mentre si corre la propria frazione, sia quando si riposa e si resta a disposizione del gruppo, per guidare, per andare in bici, per sostenere, per urlare e incitare.
Un grande “Team senza paura”, dove ognuno ha voluto dare il massimo delle possibilità del momento, cercando di essere utile in qualche modo per l’altro e l’intero gruppo, dai corridori staffettisti agli accompagnatori, soprattutto le due donne in bici: Serena Natolini, atleta della nazionale italiana di ultramaratona che la precedente edizione è stata determinante per la prestazione della squadra soprattutto correndo l’ultima tappa, la più lunga a un ritmo elevato fino al traguardo dove l’aspettavano gli altri componenti della squadra; e Federica Gallo, fortissima mezzofondista dell’Atletica La Sbarra.
Una vittoria di squadra, ognuno con le proprie specificità, pregi e difetti, proprio talento, risorse caratteristiche, da chi ha corso a chi ha guardato da casa, da chi sosteneva e supportava in bici, da chi guidava e organizzava. Grande risultato del team, l’esperienza precedente è servita per apprendere e imparare a organizzarsi meglio con le donne in bici a sostenere e supportare gli atleti e che donne, Serena Natolini un’atleta nazionale di ultramaratona e Federica Gallo un atleta molto avventurosa e resiliente.
Cosa pensano familiari, amici, colleghi di questa vittoria?
Carlo: Il merito della vittoria è anche della mia famiglia, mia moglie e mio figlio che hanno sacrificato le loro ferie per supportarmi e sopportarmi durante gli allenamenti.
Peppa: Sono contenti e un po' increduli e soprattutto pensano che siamo completamente pazzi, e come dargli torto.
Fabio: Un sottile orgoglio ha attraversato un po’ tutti nel sentire chi condivide con noi atleti un percorso di vita. Un orgoglio per averli resi fieri di quanto ottenuto anche come ricompensa per sacrifici in ordine di tempo e fatica.
Andrea: La sorpresa più grande deriva dal fatto che eravamo i più lontani come provenienza geografica. Come lo scorso anno siamo stati l’unico team del centro-sud e affrontare soprattutto le prime tappe in alta montagna ci avrebbe dovuto vedere, almeno sulla carta, svantaggiati rispetto a chi correva in un ambiente più riconoscibile. I commenti dei nostri compagni sono stati si di ammirazione ma credo che quasi tutti abbiano pensato che siamo stati fuori di testa. C’è stato stupore ma non credo che possa essere compresa fino in fondo la partecipazione a una manifestazione del genere semplicemente leggendo i commenti o guardando le foto e i video sui social. Potenzialmente è una gara aperta a tutti ma la verità è che non sono molti coloro che hanno le qualità e le caratteristiche per cimentarsi in una gara come questa.
Fabrizio: Beh il motivetto è lo stesso da anni: Tu "non stai bene" e "ma chi te lo far fare"? Però allo stesso tempo stima e ammirazione.
Raffaele: Partendo dal fatto che tuttora la maggior parte di loro continui a domandarsi come io riesca ogni giorno ad allenarmi per circa 1h ad alta intensità, e per giunta di primo mattino, devo ammettere che sono rimasti tutti increduli e positivamente colpiti dall’impresa sportiva affascinante ed estenuante che abbiamo compiuto per giunta a centinaia di km da casa. Tanti infatti sono stati i complimenti e le manifestazioni di stima verso di me e verso tutti gli altri componenti di questo gruppo eccezionale.
Federica: Sono stati contenti nel vederci soddisfatti, ma credo che per molti di loro rimaniamo dei pazzi.
Dietro un atleta ci può essere sempre una famiglia che supporta e sostiene oppure ostacola, che si mette da parte, che fa il tifo in presenza, o da casa tramite social e telefono. Tanta fatica, tempo, pensieri, dubbi, criticità, avventure in allenamento e in gara per un risultato prestigioso individuale e di gruppo da condividere con chi è rimasto a casa, con chi si è messo da parte, con chi si era infortunato, con chi non ha potuto ma avrebbe voluto esserci in campo a lottare per il risultato finale, arrivando tutti insieme al traguardo per esultare, urlare, festeggiare, ballare, brindare.
La rifaresti l’anno prossimo?
Dorotea: Prossimo anno già ci sono!
Carlo: Si perché è stata un’esperienza unica, un viaggio sia attraverso due regioni che all’interno di se stessi.
Peppa: Andiamo a mantenere il titolo, ovvio.
Fabio: È impegnativa come gara, ma non nascondo che mi solletica l’idea di rifarla, perché questa non è una competizione come le altre, ma è una lezione di vita fatta di tempi diversi non sempre facili, ma ricca di obiettivi raggiungibili.
Andrea: Al momento non mi sento di dire che tornerò alla Resia-Rosolina. A poco più di 48 ore dall’arrivo trionfale di Rosolina sono ancora molto provato. Star fuori e tenere uniti i pezzi di un puzzle che ora dopo ora diventa sempre più intricato non è facile. C’è da dire che la responsabilità del mio ruolo ha un peso psicologico non indifferente. Vedere i ragazzi e le ragazze correre e andare sempre più forte, scalando posizioni in classifica è stato emozionante ma al tempo stesso il mio compito diventava sempre più complesso. Trovare la strategia giusta e modificarla in corsa in base alle esigenze psicofisiche degli atleti mi ha portato via tante energie. Nelle ultime dieci frazioni abbiamo rivoluzionato l’ordine di partenza cambiando strategia, è stata come una partita a scacchi dove se non metti i pezzi al posto giusto il Re cade in poche mosse.
Fabrizio: Guarda da una parte si ma da un'altra parte no. Io sono uno maniacale quindi se decido di rifarla qualcosa dovrà per forza cambiare. Un grazie al presidente che mi ha dato l'opportunità di partecipare.
Raffaele: Guarda, per come sono fatto io, al momento ti direi di no ma semplicemente perché preferirei tentare di vincere con lo stesso gruppo una gara completamente nuova. Detto questo però, va da sé che se c è da difendere un titolo, io la gamba ce la metto sempre perché non mi tiro mai indietro!
Federica: Sì, vorrei viverla correndo.
Prima si prova a vincere, poi si vince, poi bisogna confermare la vittoria. Oramai la staffetta Resia Rosolina sta diventando una tappa fissa e già quest’anno si pensava di organizzare due squadre ma non è facile, si vedrà l’anno prossimo. Io l’ho fatta l’anno scorso, quest’anno non ho potuto, e vediamo se riesco il prossimo anno.
Cosa hai scoperto di te stesso nello sport di squadra?
Dorotea: Ho scoperto che le Staffette mi migliorano lo stato di salute fisico e mentale.
Carlo: Da ragazzo giocavo a basket quindi ho già avuto esperienze di sport di squadra e già mi conoscevo sotto questo aspetto. Metto a disposizione tutto me stesso alla squadra ma pretendo anche lo stesso dagli altri.
Peppa: Sono una sportiva solitaria, maratoneta e che ama correre in solitudine, ma per la squadra dò tutto, provengo dal basket e dalla staffetta agonistica pertanto lo spirito di condivisione me lo porto dietro sin da bambina.
Fabio: Che sono un mediatore capace di restare fuori dalle polemiche pur partecipando alla risoluzione delle stesse, perché spingo le persone a dialogare…e che cos’è una squadra se non trovare e condividere un linguaggio comune con cui dialogare?!
Fabrizio: Per me l'atletica è uno sport individuale che puoi condividere con altre persone ma fondamentalmente resterà uno sport individuale però quando ci sono competizioni cosi ognuno deve mettere qualcosa ed è proprio qui che accresci il tuo bagaglio.
Raffaele: Per quanto mi riguarda ho avuto più che altro delle conferme in tal senso. Provenendo dal calcio, credo di aver acquisito già da tempo la mentalità giusta per competere negli sport collettivi o nelle competizioni podistiche di questo tipo. Io adoro far parte di un qualcosa, di un gruppo che fa dei sacrifici per raggiungere un determinato obiettivo. So di trovarmi particolarmente a mio agio nelle vesti di uomo squadra e supporter dei miei compagni di avventura. Io amo dare tutto me stesso, tutte le mie energie, pur di portare il mio Team alla vittoria. Io non mi risparmio mai, io non mollo mai!
Federica: In confronto ad altre persone mi definisco poco social, e riesco a godermi il tempo che trascorro sola, ma mi rendo anche conto che è un piacere poter condividere un interesse comune e dei momenti di confronto con una squadra: in quelle occasioni riescono a emergere energie nascoste.
Lo sport di gruppo mette in gioco altri aspetti e altre dimensioni, si fatica per se stessi, per l‘altro e per il gruppo, si fa vita comunitaria conoscendosi meglio e condividendo spazi stretti anche se in sicurezza. Si tratta di una gara podistica a staffetta molto difficile che attraversa diverse fasi e percorsi anche critici e a volete quando è finita ci si può chiedere ma come ho fatto a portarla a termine, come abbiamo fatto a continuare fino alla fine e ogni volta è una sfida sulla fatica e la condivisione dell’esperienza con altri in spazi stretti e con decisioni immediate da prendere.
Si condivide tutto, piacere e dispiaceri, vittorie e sconfitte, allenamenti e gare, ma soprattutto il camper stando stretti ma con l’unico obiettivo di arrivare fino alla fine e soprattutto vincere. Vince chi è più scaltro, chi è più resiliente, chi sa intravedere all’occorrenza un piano B. Gli episodi bizzarri, critici, difficili sono quelli che si ricordano con più piacere e divertimento, importante è che non compromettano la prestazione di una squadra intera che si è adoperata con sacrificio, impegno, determinazione per portare a compimento un obiettivo arduo, difficile, sfidante.
Una parola o una frase che ti rimane dopo questa impresa?
Dorotea: E mo’ so caxxi vostri, cioè mettersi in gioco e vincere!
Carlo: Perseveranza e determinazione portano al vertice.
Peppa: Io Resia non la corro, la vinco.
Fabio: "Si può sempre fare la differenza"…. Ecco in questa frase sento di metterci tutto: obiettivi, sforzo, fatica, passione, sacrificio, sudore e perché no, risultati ambiziosi……e poi permettimelo, lo slogan finale di tutti noi è stato “Perché io la Resia Rosolina non la corro, la vinco”.
Andrea: Sintetizzare 32 ore di gara con una frase lo trovo profondamente riduttivo. Da ieri mattina rivivo a mente le fasi calde della gara: le accelerate, i distacchi, lo studio degli avversari, i cambi che un anno fa furono un disastro (ci fu chi riuscì nell’impresa di lanciare il chip nel fiume) e che quest’anno sono stati perfetti, le risate e gli scherzi ma anche i lunghi momenti di concentrazione, le strategie e le tensioni. Ognuno dei partecipanti mi ha lasciato qualcosa e lo porterò stretto con me nei prossimi mesi facendone tesoro per le prossime gare: dalla saggezza di Massimiliano e Raffaele che in ogni momento sapevano darmi il consiglio giusto alle urla di Vincenzo nella Piazza di Bussolengo alle 5 del mattino che hanno svegliato tutto il paese, dalle lacrime di Peppa ai sorrisi di Ludovica, dall’umanità di Roberto alla spavalderia di Carlo, dalla voglia di riscatto che aveva Dorotea dopo la gara dello scorso anno alle ansie pregara di Fabio che si sono trasformate in quattro frazioni perfette, dalle due ragazze in bici che sono state angeli custodi della spedizione alla classe di Fabrizio perché poi puoi fare tutta la strategia che vuoi ma per vincere le gare ti servono i campioni.
Fabrizio: Daje tutta all'arrivo a Rosolina.
Raffaele: Tra le mille parole e frasi dette prima, durante e dopo questa impresa, ne cito due: “quattro occhi, due cervelli, c****” del mio amico Vincenzo e “Daje Roma” del mio amico Carlo. Secondo me racchiudono quasi tutte le emozioni e le sensazioni provate durante questo bellissimo viaggio fatto insieme a persone veramente speciali.
Federica: Il motto della squadra ormai è noto, di parole ne abbiamo scambiate tante, difficile sintetizzare un’impresa simile in una frase. Credo però di poter sostenere che per tutti noi della squadra questa “Resia-Rosolina” sia stato sinonimo di felicità.
Dai racconti e dalle foto restano i momenti di felicità, urla, sorrisi, aggregazioni piacevoli, buona compagnia. Possiamo dire che nonostante tutto lo sport rende felici. Il primo anno ci può stare che si gareggia per partecipare e cercare di fare una buona prestazione ma poi bisogna organizzarsi con la consapevolezza che si può vincere e una volta vinta si può confermare grazie all’esperienza fatta, così come Giorgio Calcaterra non correva la 100km del Passatore ogni anno, ma la vinceva ogni anno per 12 anni consecutivi.
Prossimi obiettivi?
Dorotea: Maratona di Venezia a 5’ al km.
Carlo: Avevo un sogno nel cassetto che era quello di fare velocità in pista, mezzofondo, e da ottobre proverò in questo campo sperando di ottenere gli stessi risultati ottenuti nel fondo.
Peppa: Tornare in maratona.
Fabio: Non perdere mai la voglia di averne sempre di nuovi (obiettivi).
Andrea: Io e Raffaele abbiamo un paio di idee per l’estate del 2022 ma per il momento è tutto top secret!
Fabrizio: Forse il benedetto esordio in maratona.
Raffaele: Questo tipo di gara mi ha fatto raggiungere uno stato di forma veramente buono e funzionale persino per la distanza regina. Pertanto il mio prossimo obiettivo sarà quello di chiudere entro l’anno una maratona sotto le 3h. Al momento ne sto valutando diverse ma in fin dei conti credo che opterò per una capatina in Spagna a dicembre. Vamos!
Federica: Ne avrei tanti che addirittura penso siano troppi. Prima di tutto vorrei lasciare gli infortuni alle spalle e riuscire a correre una gara senza il rischio di trovarmi di nuovo ferma causa dolori, poi perché no… una staffetta di qualsiasi genere (cross, pista, strada).
Chiuso un capitolo se ne aprono altri un altro con nuove consapevolezze e continuando ad allenarsi per raggiungere mete obiettivi e cercare d trasformare sogni in realtà.
Psicologo,
Psicoterapeuta
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