Chiacchieriamo un po’ con Marco Zarotti, produttore insieme a Luca Garavelli di The Coach, che esordirà con la sua terza edizione, in onda su 7Gold, dal prossimo 12 ottobre alle 19.00. Andrà in onda dal lunedì al venerdì.
Salve, signor Zarotti. Partiamo dal principio. Com’è nata l’idea di The Coach?
“L’idea è nata da un confronto che ho avuto con Luca Garavelli, l’altro produttore di The Coach. Venivamo entrambi da esperienze pregresse molto simili. Siamo così partiti dalla produzione di un format, che inizialmente si chiamava La Lampada di Aladino. Fin dal principio, il nostro intento era quello di creare qualcosa che spingesse le persone a realizzare i loro desideri. Per questo abbiamo preso come esempio Aladino e il Genio capace di esprimere i desideri. In seguito, abbiamo messo a fuoco che il settore da cui avremmo voluto iniziare questo viaggio fosse quello di un mondo con tanti pianeti e altrettanti sistemi. E così è nato The Coach nella versione che c’è ora. E’ un format che, essendo un reality, si è evoluto nel tempo ma che ha mantenuto le sue caratteristiche principali”.
Benissimo; quali sono quindi le caratteristiche principali del format?
“C’è la figura del maestro, dell’insegnante, che generalmente sta dietro le quinte. Il Coach, che coadiuva, supporta e alimenta le performance del talent. Ci aspettiamo che gli artisti che arrivano, non ancora del tutto formati, nell’evoluzione del percorso con i coach acquisiscano dei valori aggiunti, per poi uscire dal nostro programma come dei semi/professionisti”.
Quando siete partiti, vi aspettavate che il programma arrivasse a più edizioni?
“Quando si avviano dei progetti del genere, uno non pensa mai di fallire il giorno dopo. La prima edizione, per noi, è stata la più dura, perché abbiamo avuto tantissime difficoltà sotto tutti i punti di vista. Siamo dovuti andare in onda su un’altra rete perché i vertici della precedente hanno deciso improvvisamente un’altra guida per il canale. Siamo rimasti sospesi per un po’, ma con coraggio abbiamo dato continuità, anche grazie a 7Gold che poi ci ha ospitato, ad un progetto in cui crediamo. Di anno in anno, è un albero che vediamo crescere, con dei nuovi rami e delle nuove radici. Siamo molto contenti perché le persone che vengono a contatto con The Coach subiscono un’impronta positiva. Questo è il vanto maggiore al momento, che sia un reality che tende a tirare fuori il meglio delle persone”.
Per le nuove puntate, avete dovuto seguire tutte le restrizione dovute al Covid19. Per lei, che si occupa anche della regia del programma è stato difficile mettere in pratica tutti i protocolli?
“Produttivamente, logisticamente e tecnicamente, è stato molto complicato. Siamo tutte persone molto empatiche ed i distanziamenti sociali e le mascherine non aiutano a tirare fuori le emozioni, che poi sono quelle che cerchiamo all’interno della trasmissione. Nello stesso tempo, siamo molto contenti perché ci siamo dati dei regolamenti, forse anche più restringenti rispetto a quelli nazionali. Abbiamo seguito i nostri protocolli e siamo arrivati in fondo, al momento, senza nessun intoppo. Siamo molto vicini a superare i 14 giorni post riprese ed è andato tutto bene. Non nego che siamo stati preoccupati fino all’ultimo. Abbiamo registrato quando i ragazzi tornavano dalle vacanze e si sentivano le notizie dei vari locali chiusi. Insomma, ci sono stati parecchi grattacapi da questo punto di vista. Tutto si è però infilato, almeno mi sembra, in modo costruttivo e positivo. Nel nostro lavoro, i problemi non mancano mai e una buona fetta consiste anche nel risolverli. Posso dire però che il lockdown ci ha fatto fare una programmazione piuttosto dettagliata di The Coach. In ogni caso, è stato un periodo non semplice per tutto il settore dello spettacolo, che ancora oggi vive nell’incertezza”.
Parliamo delle conferme di The Coach 3. La conduzione di Agata Reale.
“Sì, più che la conduttrice, Agata la consideriamo una di famiglia. Lotta ogni giorno per la sua famiglia e per quello che costruisce. E’ un esempio per la sua costanza, determinazione, per tutto quello che fa. E’ un’emozione poterla vedere in un posto dove, in qualche modo, si vede che è a casa. Nella conduzione di The Coach è proprio la padrona di casa. Questa cosa ci piace un sacco. E’ proprio bella vederla condurre come se fosse nel salotto insieme ai suoi cari. Tutto è nato da un casting. Volevamo che si iscrivesse come coach, poi alla fine le è stata affidata, con successo, la conduzione. Oltre alla professionalità, cerchiamo l’umanità ed Agata è la punta dell’iceberg di questa cosa. Ha una lucidità lavorativa pazzesca”.
The Coach è un percorso lungo. Sono 140 puntate di 21 minuti in onda dal lunedì al venerdì. E’ già stato interamente registrato. Immagino ci sia anche la paura di eventuali spoiler.
“Bravissimo. Nel momento in cui c’è la messa in onda sarebbe un peccato se ci fossero delle anticipazioni che poi tolgono il gusto di vedere il talent. Se uno sa prima chi passa e chi no, chi viene eliminato o meno, non ci si lega alle storie, che sono il fulcro principale della trasmissione”.
Veniamo alle storie che raccontate. Cosa volete far trasparire al pubblico?
“Noi raccontiamo prima di tutto le storie dei coach e poi quelle dei concorrenti. Tutto quello che è il loro bagaglio personale. Molti hanno dei background pazzeschi con dei vissuti anche molto difficili. Questi, nella prima fase Accademy, vengono fuori perché facciamo dei corsi da quando ci siamo resi conto, nella prima edizione, che molti concorrenti - che ci sembravano bravissimi durante i casting - arrivavano sul palco e le loro esibizioni venivano fortemente influenzate dalla componente emozionale. Per questo, abbiamo dedicato una parte di The Coach a questo tipo di formazione. Ciascun partecipante viene agevolato nella propria costruzione emozionale in relazione all’esibizione e questo chiaramente porta fuori dei vissuti, dei blocchi emozionali, delle cose sepolte dentro di loro che trovano il modo di uscire, spesso con grandi pianti. Questa è diventata una caratteristica fondamentale del nostro talent. Abituiamo inoltre i coach a lavorare in un contesto lavorativo, pieno di telecamere, che non conoscono e dove spesso devono arrivare al pubblico molto velocemente a causa delle scalette televisive molto strette, pur mantenendo la genuinità e la verità di quello che sono. Insomma, prepariamo i coach e i concorrenti ad un percorso stressante che faranno insieme. Diamo loro gli strumenti per affrontare questo. Speriamo di creare delle relazioni professionali che si possano costruire nel tempo. E’ questo il sottotesto della trasmissione”.