Licenziamento
L'art. 2118 c.c. disciplina uniformemente sia il recesso del datore di
lavoro (licenziamento), sia le dimissioni del lavoratore da un contratto
a tempo indeterminato. L'unico obbligo è quello di fornire un
preavviso. I contratti collettivi indicano la durata di tale preavviso,
la quale si differenzia in base all'anzianità di servizio o in base alla
qualifica del lavoratore. Non può essere licenziato il lavoratore
malato prima della scadenza del comporto del periodo di malattia
(eccetto i casi in cui il licenziamento avvenga per giusta causa).
Qualora il datore di lavoro licenzi il lavoratore in malattia, il
licenziamento non sarà nulla ma sospeso. In caso di mancato preavviso,
scatterà l'obbligo in capo al recedente di versare una somma pari alla
retribuzione che sarebbe spettata durante il periodo di preavviso. Il
licenziamento è intimato dal datore di lavoro ed avviene in forma
scritta. il lavoratore ha un termine di 60 giorni per impugnare il
licenziamento, decorrenti dall'avvanuta ricezione della comunicazione.
Tale termine è stato introdotto soprattutto al fine di tutelare il
datore di lavoro a lungo termine. Egli, infatti, ha interesse a sapere
in breve tempo se il licenziamento dal lui intimato viene o no
contestato.
Tipologie di licenziamento
Il licenziamento è lecito solo in tre casi.
- Per giusta causa (2119 c.c.), la quale non consente la prosecuzione
del rapporto di lavoro. Oggetto di questo tipo di licenziamento possono
essere sia contratti a tempo indeterminato, sia i contratti a tempo
determinato. Nota bene, in tal caso è legittima l'estinzione immediata
del rapporto. Dunque, nel contratto a tempo indeterminato non occorre
fornire preavviso e nel contratto a tempo determinato non c'è bisogno
che scada il termine. Le circostanze giustificatrici sono onere del
datore di lavoro.
- Per giustificato motivo soggettivo, il quale consiste nel notevole
inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro. In
tal caso il licenziamento è legittimato con un preavviso.
- Per giustificato motivo oggettivo. Esso è determinato da ragioni che
sono inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e
al regolare funzionamento di essa.
Ci sono casi, invece, in cui il licenziamento è assolutamente vietato.
- Licenziamento per motivo illecito o in frode alla legge. Per motivo
illecito si intende quello contrario all'ordine pubblico ed al buon
costume (ad esempio il licenziamento per il godimento dei congedi
familiari). Il licenziamento in frode alla legge si configura quando il
datore di lavoro cerca di aggirare le disposizioni normative. Ovvio è
che, in tali casi, il licenziamento è considerato nullo.
- Licenziamento discriminatorio. La legge vieta il licenziamento
determinato da ragioni; sindacali, di sesso, di razza, di lingua, di
infezione, nazionali, etniche, HIV, convinzioni personali, handicap,
età, tendenze, politiche e di religione.
- Licenziamento delle lavoratrici madri e a causa di matrimonio. Il fine è
proprio quello di tutelare l'importanza della figura della donna nel
contesto familiare. Dunque, sono nulli tutti i licenziamenti intimati in
prossimità di tali eventi.
A chi rivolgersi
Come appena evidenziato, il licenziamento è legittimo solo se avviene
nelle suddette circostanze. Nessuno può essere privato del posto di
lavoro senza motivo. Il posto di lavoro è la cosa più preziosa che si
possa avere, unica fonte di retribuzione che permette una vita serena
per se e per la propria famiglia. Il mondo del lavoro è un contesto
variegato e complesso. Di conseguenza non è opportuno muoversi
autonomamente, rischiando di peggiorare la situazione in cui ci si
trova. In una situazione di incertezza è consigliabile rivolgersi ad un
esperto.
L'avvocato giuslavorista è colui che conosce ampiamente le
norme del diritto del lavoro (molto ampie). Egli è costantemente
aggiornato con l'evolversi della normativa di riferimento. Si occupa
prevalentemente di controversie tra il datore di lavoro e il lavoratore.
Non dobbiamo mai trascurare nulla e soprattutto cercare di ricorrere
tempestivamente al giuslavorista. Nello specifico, infatti, ci sono
tempi da rispettare molto rigidi (60 giorni per impugnare il
licenziamento), scaduti i quali non si può più tornare indietro.
Risulta
davvero molto semplice trovare un
avvocato del lavoro a Roma.
Consultando il web, nello specifico i siti dei vari studi legali, si può
individuare l'avvocato adatto alle proprie esigenze. Attenzione! Niente
è assolutamente vincolante, ma sicuramente verrà fornita una consulenza
preziosa. Non bisogna mai trascurare nulla è bene affidarci a chi,
sapendone di più, può senz'altro aiutarci.
Fonte notizia
www.avvocatolavororoma.it