Gli esperti di Starkey Hearing Technologies, azienda leader a livello globale nel settore delle protesi acustiche di alta qualità, spiegano quali sono i rumori più odiati dal nostro cervello Milano, Dicembre 2019 – L’udito umano è spesso messo a dura prova, anche quando si è ancora nell’utero materno. Tra inquinamento acustico delle città, concerti, strumenti meccanici e tanto altro ancora, restare sotto la soglia degli 85 decibel suggeriti per non stressare troppo il nostro apparato uditivo risulta davvero difficile. Lo sanno bene anche gli esperti di Starkey Hearing Technologies, leader mondiale nella produzione e nella distribuzione di protesi acustiche di alta qualità e azienda impegnata da sempre anche in attività di informazione e sensibilizzazione sul tema della salute uditiva: l’obiettivo dell’azienda è quello di aiutare le persone a prendersi cura del proprio udito al meglio, evitando di esporsi a rumori e situazioni che potrebbero danneggiarlo, anche in modo permanente. Nonostante l’orecchio umano possa sopportare rumori anche violenti, a detta degli esperti di Starkey ve ne sono alcuni che il nostro cervello odia particolarmente. Lo conferma anche uno studio condotto presso la Newcastle University e pubblicato sul Journal of Neuroscience, che dimostra come alcuni suoni siano particolarmente molesti per il nostro sistema neurologico. In cima alla classifica: il rumore di una lama di coltello passata su una bottiglia, seguita dai rebbi della forchetta fatti scorrere su una superficie di vetro. Non mancano poi i classici, come il gesso o le unghie che stridono sulla lavagna, il trapano elettrico e i freni di una moto che stridono. Mal sopportati sono anche suoni provenienti dallo stesso corpo umano, tra cui in primis le urla femminili e il pianto dei neonati. Principale responsabile dell’avversione a questi rumori sarebbe l’amigdala, l’area del cervello che controlla le emozioni e che ha anche il compito di elaborare i suoni provenienti dalla corteccia uditiva. Nel momento in cui uno stimolo sonoro viene percepito, quindi, l’amigdala suscita le reazioni comportamentali adeguate. Lo studio dell’Università di Newcastle, come confermano anche da Starkey, a dispetto dell’apparente leggerezza dell’argomento, potrà costituire un importante punto di partenza non solo per nuove indagini sul ruolo dell’amigdala ma anche per cercare le cause (e le relative cure) di disturbi come iperacusia, misofonia e autismo.
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www.starkey.it