Riusciranno Tony Costa e Filippmarlowe a sbrogliare l’intricato “gomitolo” di indizi?
Filippmarlowe e Tony Costa, la più improbabile tra le coppie di investigatori, torna con una nuova entusiasmante avventura. Un pomeriggio di una giornata di Primavera meteorologicamente incerta, una donna (Più truccata del mazzo di carte di un baro. Capelli lunghi e ossigenatissimi, ciglia finte, ombretto pesante, labbra e unghie rosso fuoco) si rivolge alla Costa Investigazioni per ritrovare il marito scomparso. Tony comincia svogliatamente a indagare su quella che sembra essere una banale storia di corna ma, in men che non si dica, si ritrova coinvolto in una vicenda più grande di lui. Toccherà a Filippmarlowe tirarlo fuori dai pasticci.
Luana Ravecca spezzina di nascita e milanese di adozione è una scrittrice, fumettista ed enigmista. Svolge inoltre l’attività di educatore culturale e di collaboratore editoriale lavorando per varie agenzie. Alle mansioni strettamente editoriali affianca quella di curatrice di mostre multisensoriali. Vive a Milano nello storico quartiere di Porta Romana con il marito Achille. Si dichiara “gattodipendente”. Filippmarlowe e il caso del marito scomparso segue Omicidio nel Golfo, il suo romanzo di esordio e, come il precedente, è un omaggio semiserio a Raymond Chandler e Natsume Sōseki.
TIPOLOGIA DI ROMANZO
Il romanzo è un giallo parodistico che si ispira tanto a Raymond Chandler e al suo investigatore Philip Marlowe, quanto a Ntsume Sosēki e a quello che probabilmente è il suo romanzo più famoso: “Io sono un gatto”. Nonostante le premesse non si tratta di un semplice remake o di una critica all’operato di questi insigni scrittori (dio me ne guardi…) bensì di una pura e semplice parodia che procede sempre sul filo del rasoio cercando di non cedere al grottesco e al caricaturale più scontato. I personaggi sono volutamente estremizzati, agiscono e parlano come gli eroi, o meglio, gli anti-eroi dell’hard-boiled. Gesti, parole ed espressioni sono spesso macchiettistici, ma funzionali alla storia e, se in alcune parti il grottesco trionfa è voluto e non subìto. In altre parole scrivendo questo romanzo ho solo cercato di strappare un sorriso ai lettori con una storia scanzonata e divertente magari da leggere durante le lunghe serate d’inverno sorseggiando una tazza di tè o una cioccolata bollente.
LUOGHI E TEMATICHE
La vicenda è ambientata nella città di La Spezia, ma non in una città reale, per luoghi, indirizzi e personaggi, bensì in una città immaginaria. Mi spiego meglio: non potevo certo collocare le indagini in via del Prione, piazzetta del Bastione e via Genova senza rischiare di scontentare e offendere i negozianti o gli abitanti delle medesime. Ho pertanto inventato luoghi che richiamino quelli reali. Allo stesso modo il palazzo in cui vive Tony è la somma di alcuni degli edifici che sorgono nella storica via XX Settembre, ma non esiste nella realtà. Questo vale anche per il negozio di parrucchiere delle sorelle Locascio, per il palazzo dei vip spezzini dove vivono Giulio Delnevo e Ginevra Allonicco di Pietrascheggiata, per la bottega di Maria Luisa Colletti, eccetera... Vere sono alcune descrizioni come quella di piazza Verdi o il parco delle Clarisse. Vero il clima generale che si respira in una provincia marinara unica al mondo…
TRE BRANI TRATTI DAL ROMANZO
Me ne sto beatamente affacciato alla finestra quando la vedo arrivare.
Che mi venga un colpo se ho mai visto una pupa simile! mi dico sporgendomi dal davanzale per guardare meglio. Sarà il look total black, saranno le movenze morbide o forse le curve tutte al posto giusto, ma mi sento fremere come un novellino. Lei, sul marciapiede davanti casa, cammina senza fretta guardandosi intorno con aria di studiata indifferenza. Dio che femmina!! mugolo senza ritegno. Decido all’istante il da farsi e, per non sbagliare, mi racconto il programma: adesso esco sulla terrazza, butto lì una frase tipo bella giornata o qualcosa di simile, tanto per rompere il ghiaccio. Poi, prima che la sventolona abbia il tempo di allontanarsi, sparo tre o quattro battute (quando voglio so essere un vero simpaticone). Se non mi manda al diavolo (e modestamente le femmine che mi hanno mandato al diavolo sono state pochine) passo ai complimenti. A quel punto lei solitamente gongola per il piacere e io parto all’attacco: che ne diresti di venire su a vedere la mia collezione di…
Salto giù dal davanzale e sto per filarmela quando la porta si spalanca facendo tintinnare il campanellino attaccato al vetro.
Entra senza bussare. Non dice niente, fa solo un paio di passi verso il centro della stanza e si va a parare davanti a Tony.
Tanto la postura quanto l’espressione sono innaturali.
Il sorriso è di plastica, come quello di un guitto da quattro soldi.
Uno di quelli che, quando entrano in scena, anziché fare la loro battuta, si voltano verso il pubblico e ammiccano grossolanamente per strappare un applauso.
Sento puzza di guai…
Quella che è appena entrata nell’ufficio di Tony è una donna di statura e corporatura fuori dal comune, decisamente in sovrappeso, ma con quelle che i maschi umani chiamano curve al posto giusto o, come diceva un mio conoscente che faceva il meccanico, con una carrozzeria di tutto rispetto. A occhio e croce direi che ha passato i sessanta, ma non pare decisa ad abbandonare le armi della seduzione. Più truccata del mazzo di carte di un baro. Capelli lunghi e ossigenatissimi, ciglia finte, ombretto pesante, labbra e unghie rosso fuoco. Strizzata dentro un tubino nero la cui scollatura riesce a stento a contenere le procaci protuberanze anteriori e con un paio di tacchi da far venire le vertigini.
No, decisamente non mi piace! dico rivolto a Tony. Ma quello non mi sente nemmeno. Immobilizzato sulla sedia la guarda con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta.
Brutto segno, penso.
La maliarda capisce al volo che l’ha perso all’amo e, sempre senza parlare, allunga la le unghie rosse e i bracciali tintinnanti verso di lui, con la mano il braccio e tutto il resto, s’intende.
L’ossuto è in grave difficoltà.
Il sorriso incorniciato dal rossetto infuocato, la mercanzia in bella vista, il profumo…
Quella strana e a tratti caricaturale femmina, gli suscita un insieme contraddittorio di sentimenti ed emozioni. Un’attrazione mista a disagio.
Se ne sta lì in piedi davanti alla scrivania di Tony come se fosse sul punto di aggredirlo e divorarlo o, al contrario, di sedurlo.
E lui non sa se ha voglia di scappare o stare al gioco.
Ehi, ma cosa ti passa per la mente! Potrebbe essere tua madre!! sparo senza girarci troppo intorno.
Kurtz (al secolo Giampiero Fedele) all’epoca era ancora una celebrità anche se il meglio lo aveva ormai alle spalle. Era un uomo molto ambizioso e con qualche innegabile talento ma, soprattutto, con una volontà ferrea e uno smisurato cinismo. Nella sua vita aveva cambiato pelle almeno una decina di volte riuscendo (duole dirlo) sempre a portare a termine i suoi proposti e giungendo dritto là dove aveva deciso di arrivare. Aveva cominciato come cantante dance, poi aveva fatto l’attore di fotoromanzi, il PR in un paio di locali versiliesi e per finire il critico musicale. Tenace e brillante aveva dalla sua una viva intelligenza e una grande capacità di persuasione (specialmente sulle donne). Le sue innate capacità artistiche non erano andate di pari passo con il buon senso: droga e alcol avevano avuto la meglio su di lui e sulla sua salute. Tony lo ricordava bene. Quella sera era arrivato con oltre un’ora di ritardo, già ubriaco. Attraversando la sala era inciampato un paio di volte rischiando di cadere a faccia in giù su un tavolino occupato da due signore vestite di beige che gli avevano lanciato uno sguardo torvo senza proferir parola. Giunto alla sua postazione aveva strappato il microfono dalle mani di una hostess talmente azzimata da dare l’impressione di essere lì per caso.
«Non c’è bisogno che dica chi sono, tanto lo sapete tutti. Né che aggiunga quanto sono lieto di essere qui, perché non è vero!» aveva ringhiato con disgusto.
Aveva la pelle di un colorito giallo-marrone, gli abiti gli ballavano addosso e portava una berretta lurida calcata in testa per nascondere la perdita dei capelli dovuta alla chemio. Senza aggiungere altro si era seduto al tavolo dei giurati. Con un gesto di sdegno aveva rovesciato la pila di cd che era stata preparata per la presentazione. La hostess era corsa a raccoglierli e lui le aveva ordinato di fargli portare un drink. Lo aveva bevuto tutto di un fiato, Parte del liquido era fuoriuscito dagli angoli della bocca contratti in una perenne smorfia di disgusto e gli era colato sul mento. L’aveva asciugato col dorso della mano, ma non abbastanza in fretta da impedire che finisse sulla t-shirt inzuppandola.
«Cominciamo» aveva detto con voce impastata «prima si comincia e prima si finisce».
Così farfugliando aveva afferrato un cd, aveva letto qualche titolo e il nome dell’interprete. Lo aveva invitato ad alzarsi e gli aveva fatto alcune domande improvvisando una sorta di svogliata intervista. Non aveva la minima idea di chi fosse la persona che gli stava davanti né di che cosa avesse fatto e non gliene importava un bel niente. Non aveva voglia di promuovere nuovi talenti. Non amava la gente e meno che meno quelli che aspiravano a farsi largo nel mondo della musica leggera. Era andato avanti per un paio d’ore, bevendo, fumando, sbadigliando e rivolgendo le stesse inutili domande a tutti i partecipanti alla serata. Non si era neppure dato pena di celare il suo fastidio e il suo disprezzo. Sul finire della serata si era improvvisamente rianimato. Aveva parlato di sé, dei suoi successi e di quanto fosse “potente”. Con un sorriso cinico e strafottente aveva raccontato di quando durante un talk show aveva fatto piangere Tizio, di come avesse distrutto la carriera di Caio. Della gioia che aveva provato nel calpestare quanti avevano invocato il suo aiuto e la sua protezione senza ottenere né l’una né l’altra. Le mani gli tremavano vistosamente, le parole gli inciampavano tra i denti e le labbra aride e screpolate si spezzavano sanguinando. In questo scenario di morte solo lo sguardo era vivo. Uno sguardo cattivo, luciferino, pieno di odio e di malvagità. Chi lo aveva conosciuto prima della malattia giurava che era sempre stato così. Non era stato il cancro a incattivirlo. Il suo successo e il suo potere erano il frutto della sua totale mancanza di scrupoli e del suo cinismo. Per lui il mondo e le misere formiche che lo popolavano era stati creati semplicemente per aiutarlo nella sua scalata verso la vetta. Non conosceva né aveva mai conosciuto amore se non per se stesso. E anche adesso che stava morendo, una sorta di discutibile coerenza, lo faceva restare fedele a se stesso. Forse per questo era stato impossibile, perfino per una mammoletta come Tony, provare pena per lui.
Ritratti fotografici dell’autrice ed immagine della copertina realizzati dall’artista milanese Emiliano Salvini